Vita e morte a pochi centimetri di distanza
“Appena giunta sui luoghi del disastro -ci racconta- sono rimasta senza parole di fronte immagini che mischiavano, in maniera macabra, pezzi di vita quotidiana con un evento straordinario. Ricordo ancora una casa sventrata con letti ancora con cuscini e lenzuola, una sorta di ordine apparente sui comodini, ma a cielo aperto e in mezzo al fango”.
Quali sono stati i compiti dei geologi messinesi intervenuti sul posto? “Prima da volontari e poi inquadrati nei “presidi territoriali”, siamo stati a Giampilieri e nelle zone alluvionate sin dai primi momenti del disastro. Insieme ad architetti ed ingegneri abbiamo compilato le schede di valutazione per esprimere un parere sullo stato dei luoghi e consentire alla Protezione Civile di definire aree abitabili e zone da sgomberare. Con i colleghi eravamo accompagnati dagli abitanti in giro per questi scenari apocalittici e oltre a svolgere il censimento delle abitazioni, abbiamo incontrato storie e volti degli sfollati”.
Dopo quattro anni cosa ricorda? “Vita e morte a pochi centimetri di distanza. Rammento una donna colta in bagno dalla furia del fango, che è sopravvissuta solo per le urla della sua bambina e per aver scelto di fuggire dalla parte giusta. Girando per le vie dei paesi alluvionati per effettuare le rilevazioni, ci siamo immediatamente resi conto della portata del disastro, perché avevamo l'ingrato compito di decretare lo stato di sicurezza delle abitazioni premessa per i provvedimenti di sgombero. Nelle settimane successive al disastro e fino al maggio 2010, squadre di tecnici hanno continuato a presidiare il territorio”.
Quali erano i vostri compiti? “Si è trattato di supervisionare porzioni di colline nei pressi dell'abitato delle zone alluvionate e in caso di pericolo dovevamo avvisare le protezione civile. Sia chiaro però che non si è tratto di interventi di prevenzione, ma di una presenza di tipo pre-emergenziale. Come Ordine dei Geologi stiamo conducendo una battaglia a tutti i livelli per la promozione della prevenzione del rischio idrogeologico, che dovrebbe prevedere analisi e interventi costanti nelle zone più pericolose o che sono diventate a rischio degli anni”.
Come valuta dal punto di vista scientifico la tragedia di quattro anni fa? “L'alluvione di Messina è stato un evento catastrofico ed i danni sarebbero stati gravi comunque, ma il contesto geomorfologico delle colline e delle montagne intorno agli abitati di Giampilieri e degli altri paesi è radicalmente mutato nel corso degli anni, senza che questi cambiamenti fossero monitorati o si fosse in intervenuto. Il fatto che nella primavera successiva all'alluvione, la collaborazione tra gli enti pubblici e i tecnici che avevano realizzato i presidi territoriali si sia concluso, testimonia che gli interventi collaterali al disastro sono rientrati in una logica emergenziale. Purtroppo le istituzioni non riescono a dare una svolta. Invece avremmo bisogno di mettere in campo politiche di prevenzione a lungo termine, nella consapevolezza che percentuali sempre più alte del nostro territorio mettono a rischio l'incolumità dei cittadini”.