Stupro, quel dolore impossibile da cancellare

L'8 marzo è stato il giorno della cronaca, oggi è quello della riflessione. Con buona pace di chi la pensa diversamente, parlare della violenza sulle donne è un'urgenza alla quale nessuno si può sottrarre. Non passa settimana in cui la stampa non dia notizia di donne uccise, picchiate, maltrattate. E allora è fondamentale incalzare ed informare su uno dei crimini peggiori, ancora oggi usato addirittura come arma di guerra.

Perché parlare di violenza sulle donne significa parlare di corpi e anime violate, ferite impossibili da rimarginare, vite spezzate per sempre. Ma per ottenere che la violenza sessuale fosse considerata un reato contro la persona e non contro la morale ci sono voluti 20 anni di lotte.

La legge è arrivata nel '96, ma cosa è cambiato negli ultimi 17 anni? A giudicare dalla cronache ben poco. Le violenze sulle donne sono in continuo aumento e un dato da sottolineare è che l'80 per cento degli stupri avviene in ambito familiare: mariti, fidanzati, compagni, qualcosa. Persino amici.

Messina non si discosta dalla media nazionale, che registra solo una piccolissima parte di denunce. “La maggior parte delle donne -spiega Carmen Currò, battagliero avvocato presidente del Cedav, il Centro Donne Antiviolenza di Messina- preferisce lasciare perdere. Magari si separano, ma difficilmente vanno fino in fondo. Hanno paura di perdere la casa ed i bambini. Le famiglie spingono perché si metta tutto a tacere e ci sono donne che scelgono di ritrattare e subire un processo per calunnia piuttosto che andare avanti. E' un crimine in continuo aumento, ma dove lo Stato investe sia in termini di prevenzione che di , come per esempio in Austria, le violenze diminuiscono al punto tale che si dimezzano”.

La cosa più dolorosa è sentirsi giudicate. Perché non hai reagito? Perché non hai gridato? Perché non ti sei difesa? Difficilmente si prende in considerazione la paura che paralizza, che non permette di muoversi, di respingere l'aggressore. E poi c'è l'istinto di sopravvivenza, perché la maggior parte delle donne che ha reagito è stata uccisa. Subire allora, diventa l'unico modo per non morire.

Il Cedav di Messina raccoglie mediamente tra le 120 e le 150 denunce all'anno, le forze dell'ordine molto meno, tra le 30 e le 40. Ma il dato agghiacciante è la consapevolezza che solo il 10 per cento delle donne che  è stata violentata trova la forza ed il coraggio di denunciare. E allora, quante sono le donne che ogni anno subiscono violenza a Messina?

“Il numero esatto è impossibile saperlo -conferma Currò. Certo, se si moltiplicano i numeri che conosciamo per 10 arriviamo ad una statistica molto alta. Purtroppo però siamo nel campo delle ipotesi. Ma il fenomeno è estesissimo in tutta l'Italia. Una relazione dell'Istat che risale al 2007, più recenti non ce ne sono ed anche questo un fatto vergognoso ed inaccettabile, sostiene che 6.743.000 donne italiane tra i 16 ed i 70 anni ha subito una violenza sessuale o fisica nel corso della vita. I dati Eurispes, anche questi scandalosamennte fermi al biennio 2009-2010, denunciano che in questo arco di tempo ci sono stati 235 omicidi domestici. Un numero spaventosamente alto, che dà una dimensione molto chiara della condizione delle donne nel nostro Paese. Tra l'altro, la maggior parte di questi omicidi è avvenuto al Nord, soprattutto nel Nord Est. Probabilmente, lo stile di vita concentrato soprattutto sul lavoro e molto poco sulle relazioni personali, fa sì che la coppia viva chiusa in se stessa e questo fa esplodere i conflitti”.

Carmen Currò, presidente Cedav Messina
Intanto però, dai dati del Cedav di Messina emerge un aspetto che una speranza per il futuro la dà. Le donne giovani sono disposte a subire molto meno delle loro madri.
Se una volta si aspettavano anche 10-15 anni prima di denunciare il comportamento violento del marito, oggi al massimo si fanno passare solo un paio di anni. Prima si tollerava per un malinteso senso di protezione dei figli, adesso si pretende il rispetto dei propri diritti, compreso quello di poter dire no o di non essere sottoposte a violenze ingiustificabili.
Tra l'altro, paradossalmente sono proprio le donne più semplici, di estrazione più modesta e che hanno studiato di meno quelle più determinate ad andare fino in fondo.
Chi appartiene alla classe medio-alta preferisce magari separarsi, ma evita di rendere pubblica la storia per non perdere prestigio e rischiare di perdere il benessere.

Un altro aspetto è quello delle false denunce, pochissime per la verità. “Saranno 10 su mille -puntualizza Carmen Currò. Il problema è avere personale competente che riesca a capire se chi ha davanti sta mentendo. Il Cedav prevede un percorso di formazione molto accurato e sono davvero poche quelle che hanno provato a prenderci in giro. Altrove non sempre c'è la preparazione necessaria per saper distinguere. In ogni caso -conclude- è bene ricordare che a fronte di pochissime denunce false che però fanno sempre notizia, ce ne sono centinaia di altre tragicamente vere”.

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