Stress e paura ai tempi del coronavirus, la psicologa Antonella Prudente: “Le falle dei nostri sistemi sono state portate a galla dal COVID-19”
Psicologa e psicoterapeuta dell'Istituto di Psicologia e Psicoterapia Funzionale, Antonella Prudente ha grandi occhi azzurri, una laurea con lode e pubblicazione e un dottorato di ricerca in Scienze neurobiologiche. Nel suo curriculum spiccano collaborazioni con il Dipartimento dei Servizi sociali del Comune e il progetto “Impresa ZeroStress”, grazie al quale ha lavorato anche in Confindustria. Dal 2015 è presidente della Società Italiana di Psicologia Funzionale di Messina e di recente ha aderito al progetto “COVID-19 FIAP in campo” della Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia.
Dottoressa Prudente, cos'è il progetto COVID-19 FIAP? “Si tratta di una piattaforma, a cui noi psicologi possiamo aderire come volontari per aiutare le persone in emergenza coronavirus”.
Qual è stata la sua prima reazione quando ha appreso del coronavirus? “Quando ho preso coscienza dell'entità della situazione, la prima cosa che spontaneamente m'è venuto di fare è stata rivolgere a me stessa una domanda: che cosa è successo, ma soprattutto perché? Due le risposte immediate, se vogliamo le teorie: la prima quella del complotto, di un possibile virus creato in laboratorio … ma questa chiave di lettura è svanita praticamente subito dalla mia mente. La seconda, la cosiddetta teoria dell'Universo, per la quale protendo decisamente. Cercherò di esprimerla in modo sintetico: la terra è la nostra casa, una casa che abbiamo maltrattato e che adesso, in appena un paio di mesi, sta già manifestando segni di guarigione. Mi riferisco al blocco di tante attività che sta favorendo per esempio la chiusura del buco dell'ozono. Noi esseri umani, per lo meno in Occidente, siamo stati per troppo tempo votati all'individualismo, non abbiamo avuto rispetto del luogo in cui abitiamo, non abbiamo avuto rispetto del nostro prossimo e degli altri animali che popolano il pianeta e soprattutto ci siamo sentiti sempre forti perché a meno che non avessimo avuto la disgrazia di attraversare qualche tunnel buio dovuto a malattie invalidanti o mortali ci sentivamo dentro una botte di ferro. E invece è emersa di colpo tutta la nostra enorme fragilità”.
Come difenderci fisicamente dal COVID-19 ce lo ripetono tutti i giorni, ma come possiamo gestire i nostri sentimenti di fronte a un evento di tale portata, a una crisi che sicuramente in Europa non vivevamo dalla Seconda Guerra mondiale? Siamo tutti preoccupati, spaventati e stressati e lei è una specialista in quest'ultimo argomento. “Sono convinta che a partire da ora sia necessario invertire la rotta. Ora per ciascuno di noi sarà meglio riferirci finalmente a un concetto di “gruppalità”, di inconscio collettivo, di impersonale collettivo che deve risorgere. Per capirci, dobbiamo tornare a un olos, a un tutto al quale apparteniamo. Sì alla scienza, non vorrei essere fraintesa, ma senza tralasciarne alcuni aspetti che oggi non sono più solo una moda. Del resto, la mia scuola di riferimento, appunto quella di Psicoterapia Funzionale, prospetta l'inscindibile unità tra mente-corpo e più a largo raggio l'inscindibile unità del tutto. La nostra umana condizione di fragilità, della quale all'improvviso siamo divenuti tutti più o meno consapevoli, si porta addosso il sentimento della paura, che è il primo e il più imponente con il quale stiamo facendo i conti. E la paura, non c'è dubbio, provoca stress. La paura va gestita, può essere gestita, ma a ciascuno di noi serve il suo tempo per trovare la strada. Da un punto di vista pratico bisognerà prendere confidenza con guanti e mascherine, questo è certo, bisognerà imparare a vivere rapportandosi allo spazio e alla vita stessa in un modo nuovo. Ma soprattutto bisognerà approfittare del tempo prezioso che in questo presente abbiamo anche per imparare a parlare con se stessi, a prendere dei bei respiri, e non in senso lato, a rassicurarsi e a rassicurare chi ci sta intorno. E sarà necessario pure apprendere “lo stare” in luogo del “fare”, la lentezza invece della fretta, il pensiero piuttosto che l'azione a tutti i costi. L'azione va bene, fa parte di noi, ma non certo con la frenesia a cui eravamo abituati, e forse anche costretti da determinati ingranaggi”.
Cambierà il nostro modo di vedere il prossimo? Cambieranno le nostre relazioni personali, sociali e soprattutto, rischiano di perdere autenticità? “Direi che il nostro modo di vedere il prossimo è già cambiato. Per quel poco che ho visto camminando per strada in questo ultimo mese e mezzo, io l'ho già notato. La gente si guarda con diffidenza. Se ti capita ti incrociare qualcuno su un marciapiede si tende a cambiare strada, a guardare distanze ben più ampie del metro e mezzo consigliato. Se qualcuno non ha guanti o mascherina lo guardano storto. Ma è un fatto del tutto spontaneo, naturale, perché chiunque incroci può essere veicolo del virus, come puoi esserlo tu stesso. Per quanto riguarda le relazioni, quando a breve riprenderemo i contatti con amici e parenti, sul piano pratico per un bel po' saranno diverse, ma l'autenticità non andrà perduta … anzi … probabilmente a partire da ora sceglieremo con cognizione con chi davvero vogliamo condividere il nostro tempo, che è la cosa più preziosa che abbiamo. E sceglieremo con più consapevolezza anche come trascorrere questo tempo. Tante cose oggi le consideriamo già superflue, mentre appena un paio di mesi fa pensavamo di non poterne fare a meno. L'emergenza non è passata, non passerà prestissimo come desidereremmo, ma noi dobbiamo comunque tornare a essere noi stessi con addosso, però, questa nuova consapevolezza di fragilità. E invece della diffidenza verso l'altro io indicherei come cammino da seguire quello della gentilezza e della tenerezza. Ne usciremo, ma ne usciremo cambiati, e io mi auguro in meglio”.
Insomma, l'essere umano è di fronte a un cambiamento profondo e non solo per quanto riguarda le abitudini quotidiane. Ritiene possibile o pensa invece sia un'ingenuità pensare che il momento, seppur tragico, è al contempo tanto propizio da consentirci finalmente di renderci conto dei tanti errori del passato? “Non so se l'uomo del XXI secolo di questo nostro Occidente, per intenderci quello del sistema capitalistico, del consumismo e del benessere, sia pronto a una rivoluzione vera e profonda, quella che servirebbe davvero in questo momento per fare un salto evolutivo. Quel che so è che le falle dei nostri sistemi sono state portate rapidamente a galla dal COVID-19. Il virus è pericoloso, è vero, ma letali si sono rivelate prima di tutto le deficienze del nostro sistema sanitario, del nostro sistema scolastico, del nostro sistema politico. Di contro ritengo che ora più che mai sia necessario avere fiducia nella direzione, nei nostri governi, come dice il Nobel in Economia Ester Duflo, altrimenti sarà ancora più difficile venirne fuori. Inoltre: sì alla politica assistenziale, ma anche e soprattutto sì all'impegno che ci attende, alla speranza e alla fiducia, soprattutto in vista della cosiddetta Fase 2 che scatterà i primi di maggio. Del resto non dimentichiamoci che i nostri nonni, con coraggio e tanto lavoro, hanno ricostruito l'Italia del dopoguerra. Lo hanno fatto sulla base delle circostanze storiche di quel momento che prevedevano, come dire, “l'adesione” al sistema capitalistico. Noi, ora, credo dovremo farli sulla base della nuova condizione storica ancora poco chiara, ma su una cosa scommetterei: possiamo farcela anche noi”.