Sequestro di beni per oltre 2 milioni a Barresi e Di Salvo

DIA conferenza stampa1
da sin. Il col. Nastasi, il col. Romeo, il proc. Lo Forte e i pm Di Giorgio e Cavalli (Foto Dino Sturiale)

La Direzione Investigativa Antimafia di Messina, nel contesto di due distinti provvedimenti emessi dal Tribunale di Messina, ha sottoposto a sequestro e confisca beni per 2,5 milioni di euro riconducibili a due esponenti di spicco del clan dei barcellonesi, attivo nella fascia tirrenica della provincia di Messina.

Le misure di prevenzione patrimoniale scaturiscono da accertamenti condotti dalla DIA di Messina, sotto la direzione e il coordinamento del Procuratore Capo Guido Lo Forte e dei Sostituti Procuratori della Repubblica presso la locale DDA di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo.

I particolari dell'operazione saranno resi noti alle 10.30 nel corso di una conferenza stampa.

Aggiornamento 12.22

La Direzione Investigativa Antimafia di Messina, nel contesto di due distinti provvedimenti emessi dal Tribunale di Messina, ha sottoposto a sequestro e confisca beni per 2,5 milioni di euro riconducibili a Salvatore Di Salvo e Filippo Barresi, entrambi attualmente detenuti per reati di mafia e ritenuti esponenti di spicco del clan dei “barcellonesi”, operante nella fascia tirrenica della provincia di Messina.

Le misure di prevenzione patrimoniale scaturiscono da accertamenti condotti dalla D.I.A. di Messina, sotto la direzione e il coordinamento del Procuratore Capo Guido Lo Forte e dei Sostituti Procuratori della Repubblica presso la D.D.A. di Messina Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo.

Per quanto riguarda Di Salvo, detto Sam l'americano, il provvedimento riguarda l'esecuzione del sequestro di beni e disponibilità finanziarie (quote societarie e compendio aziendale della “P.C.T. Costruzioni S.r.l. unipersonale”, società attiva nel settore dell'abbigliamento, con sede a Barcellona P.G.(ME), 4 autovetture e un rimorchio, una polizza assicurativa e conti correnti (saldi attivi), titoli e altre forme di investimento finanziario) per un valore complessivo stimato in mezzo milione di euro.

Di Salvo risulta gravato da molteplici procedimenti penali per associazione mafiosa, nell'ambito dei quali ha riportato numerose condanne e rinvii a giudizio. In particolare, è stato gravato da ordinanza di custodia cautelare nell'ambito del procedimento penale Marenostrum per associazione mafiosa e omicidio e successivamente condannato alla pena definitiva di anni 1 e mesi 6 di reclusione. Ma Di Salvo è anche indagato per avere, in concorso con altri, aiutato Nitto Santapaola durante la latitanza, dal 18 luglio 2003 è gravato da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Messina, in quanto organico al gruppo criminale barcellonese capeggiato dal noto capo mafia Giuseppe Gullotti, di cui era stretto collaboratore e incaricato di espletare gli incarichi più delicati, è stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Messina il 24 marzo 2003 nell'operazione denominata Icaro, nel cui ambito sono stati attribuiti episodi estorsivi svolti per conto del sodalizio dei barcellonesi nei confronti di diverse attività economiche nella zona tirrenica della provincia di Messina e per tali fatti è stato condannato in via definitiva a 7 anni di reclusione e alla multa di mille euro. Infine, sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, poiché ritenuto colpevole di inosservanza a tali obblighi Sam Di Salvo, come disposto dall'A.G. nel mese di ottobre 2010, è stato arrestato per scontare una pena residua di 10 mesi e 14 giorni di reclusione.

In ultimo, nell'ambito dell'indagine “GOTHA”, con ordinanza emessa il 16 giugno 2011 dal G.I.P. del Tribunale di Messina, Di Salvo è stato indagato per associazione mafiosa ed estorsione in quanto ritenuto elemento apicale del clan dei barcellonesi almeno “… dal 10 aprile 2003 (data della sentenza di condanna nel proc. penale c.d. “Icaro) “… e per avere, in concorso con Carmelo Bisognano (ora collaboratore di giustizia) e ricorrendo a minaccia costretto il  legale rappresentante della  “GAS Spa”  a  consegnare,  in almeno due occasioni circa 100 milioni di vecchie lire in ogni singola occasione (a Terme Vigliatore e località limitrofe nel 2000-2001)”.

Con sentenza emessa il 31 ottobre 2012 dal G.U.P. presso il Tribunale di Messina Di salvo è stato condannato in primo grado alla pena di 20 anni di reclusione e alla multa di 2 mila euro.

Le molteplici attività investigative poste in essere nei confronti di Salvatore Di Salvo e le recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia Bisognano hanno consentito di tracciare sia la diretta partecipazione dello stesso all'organizzazione criminale barcellonese, nonché il ruolo di leader ricoperto in seno alla stessa, con particolare interesse diretto al settore dell'imprenditoria edile, finalizzato ad esercitare, anche a mezzo di attività estorsive, il totale controllo e l'aggiudicazione dei più importanti pubblici e privati a imprese direttamente o indirettamente riconducibili alla medesima organizzazione criminale, garantendone l'illecito arricchimento.

Nello specifico, Di Salvo faceva parte di quel quadrumvirato che governava la consorteria mafiosa criminale barcellonese insieme a Salvatore Ofria (suo cognato in quanto fratello della moglie Santa), Filippo Barresi e Carmelo Bisognano.

Passando al provvedimento emesso nei confronti di Barresi, riguarda l'esecuzione di confisca di primo grado dei beni e delle disponibilità finanziarie disposta dal Tribunale di Messina a seguito del sequestro dei beni già eseguito dalla D.I.A. di Messina nel dicembre 2012.

La confisca ha riguardato l'intero capitale oltre all'impresa vivaistica “LO MONACO Nunziata” con sede a Barcellona P.G., alla quota di diritto di azioni di  2.500 euro pari al 25% del capitale sociale detenute da Maria Barresi della “SALOON S.a.s. di CUCE' Vera & C.”con sede a Barcellona P.G. avente per oggetto sociale tra l'altro la “… gestione di bar, paninoteche, ristoranti, pizzerie …, a 8 terreni agricoli e 2 fabbricati a Barcellona P.G. e Castroreale intestati interamente o parzialmente a Nunziata Lo Monaco, a 2 motocicli, un'auto e un autocarro intestati alla Lo Monaco e due vetture intestate alle figlie di Filippo Barresi Maria e Cristina e a conti correnti (saldi attivi), titoli e altre forme di investimento finanziario per un valore complessivo stimato in circa 2 milioni di euro.

Barresi, già noto dai primi anni '70 alle Forze di polizia per vicende giudiziarie per reati contro il patrimonio, strage, tentata estorsione, associazione per delinquere, detenzione illegale di armi, esplosivi e munizioni,  lesioni personali, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di reati in tema di stupefacenti, tanto da essere sottoposto per due volte alla misura della diffida e alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Barcellona per 3 anni, è stato coinvolto nei principali procedimenti penali nei confronti delle associazioni mafiose operanti nella zona tirrenico – nebroidea della provincia dello stretto, quali quelli Mare Nostrum (conclusosi con la definitiva condanna ad 3 anni e 4 mesi per associazione mafiosa), Icaro e Gotha (processo in corso di svolgimento).

In quest'ultima operazione, per Barresi è stata emessa un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Messina del 16 giugno 2011 perché gravemente indiziato di partecipare, in posizione verticistica, all'associazione di stampo mafioso dei barcellonesi per il periodo successivo al 1995. In occasione dell'esecuzione di tale misura cautelare, il 24 giugno 2011 lo stesso si è sottratto alla cattura rendendosi irreperibile. Il  28 gennaio 2013, a Milazzo, è stato arrestato all'interno dell'abitazione di un complice.

Barresi è stato descritto dai recenti Bisognano, Gullo, Truscello e Castro come elemento di vertice all'interno del sodalizio criminale, secondo solo a Giovanni Rao e accusato in prima persona di essere stato l'esecutore materiale di alcuni omicidi avvenuti nei primi anni '90 durante la guerra di mafia nel territorio di Barcellona Pozzo di Gotto. Lo stesso è indicato inoltre come direttamente interessato ad attività estorsive.

Gli accertamenti investigativi, che hanno consentito l'emissione del provvedimento di confisca dei suoi beni per un valore stimato di 2 milioni di euro, hanno evidenziato come Filippo Barresi fosse il reale gestore del vivaio formalmente intestato alla moglie e inoltre che i fondi rustici destinati all'esercizio dell'attività d'impresa, i beni immobili intestati alla moglie, i veicoli, così come la casa di famiglia a Barcellona P.G. in via Milite Ignoto e la quota azionaria della società Saloon s.a.s. di Cucè Vera e C. detenuta dalla figlia Maria “costituiscano il reimpiego dei proventi dell'attività criminosa da lui esercitata”.

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