#Ragusa. Omicidio Nicosia, fermati 4 messinesi

omicidio_nicosia2_ragusa_polizia_siciliansQuattro messinesi sono coinvolti nel delitto di Salvatore Nicosia, commesso il 12 settembre scorso a Vittoria, in provincia di Ragusa. La Squadra Mobile di Vittoria ha eseguito il fermo di indiziato di delitto emesso dal procuratore della Repubblica Carmelo Petralia e dal sostituto procuratore della Repubblica Andrea Sodani nei confronti a carico di Giacomo Iannello (Messina, 29.8.1966, residente a Vittoria), Carmelo Iannello (Pagliara, 15.7.1942, residente ad Altolia), Yvan CAcciola (Messina, 4.4.1997, residente ad Altolia) e Giuseppe Scionti (Messina, 19.6.1988, residente a Messina ad Altolia). Secondo gli inquirenti, i quattro, in concorso fra loro, dopo essersi appostati all'interno del cortile del magazzino autoricambi di Salvatore Nicosia, detto Turi Mazinga, e averne atteso l'arrivo, gli hanno esploso contro due colpi di fucile da caccia a pallini calibro 12. Il reato è aggravato dall'aver agito con premeditazione. Il GIP del Tribunale di Ragusa Giovanni Giampiccolo ha convalidato i fermi e applicato la custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati.

Yvan Cacciola
Yvan Cacciola

I FATTI La mattina del 12 settembre scorso, la Polizia di Stato fu avvisata da un vittoriese che all'interno del negozio di autoricambi attiguo alla propria attività commerciale giaceva il cadavere di Salvatore Nicosia, classe 1977, soprannominato Turi Mazinga per la corporatura robusta. Erano le 10.15 quando la Volante del Commissariato prima e gli investigatori della Squadra Mobile a seguire, arrivarono sul posto.

All'interno dell'officina furono individuati con facilità i colpi di fucile andati a vuoto, così come quelli che avevano colpito la vittima. Il sostituto procuratore della Repubblica Andrea Sodani, insieme ai poliziotti, effettuò il sopralluogo, dopo aver fatto completare i rilievi alla Polizia Scientifica per cristallizzare ogni elemento utile alle indagini. Il sopralluogo durò molte ore, permettendo di raccogliere ogni utile elemento tecnico-scientifico. Tra questi, i segni dei colpi d'arma da fuoco che hanno permesso di individuare il tipo di armi utilizzate in fucili calibro 12 e  tracce di materiale biologico e sangue in abbondanza.

Carmelo Iannelli
Carmelo Iannelli

LE INDAGINI  L'attività avviata sin dai primi istanti riguardò, come sempre in questi casi, ogni soggetto legato alla vittima: famiglia, lavoro, amici, ambienti malavitosi. In questo caso però, le indagini erano ancora più complesse perché la vittima aveva diversi nemici, come riferito in atti anche dai familiari. Tra l'altro, aveva avuto numerosi contrasti in passato, spesso sfociati in violente liti. Considerato quanto raccolto dai testimoni (anche familiari della vittima), le indagini permisero di escludere che si trattasse di un delitto di mafia, nel contempo divenendo più complesse poiché nessun aiuto è stato fornito dalle persone a lui più vicine ed erano in tanti coloro che avevano avuto problemi con lui nel passato anche recente.

Giacomo Iannelli
Giacomo Iannelli

Nonostante tutte le difficoltà, un team di investigatori si dedico subito alla raccolta dei dati utili alle indagini. Numerose le persone ascoltate negli uffici di Polizia e tantissimi i dati acquisiti dalle pubbliche e private. I dati acquisiti permisero già entro 12 ore dall'omicidio di appurare che il numero degli esecutori dell'efferato delitto fosse di almeno due persone, proprio perché viste entrare nel magazzino e fuggire a bordo del furgone della vittima. Le acquisizioni di video e contestuali analisi dei filmati, consentirono di appurare ulteriori dati che certificavano l'esatta dinamica del rinvenimento del corpo della vittima con esclusione di responsabilità del soggetto che aveva allertato la Polizia di Stato.

Giuseppe Scionti
Giuseppe Scionti

Nel proseguo delle indagini, anche grazie a pregresse attività investigative, sia su Giacomo Iannello che sulla vittima, gli investigatori acquisirono informazioni sulla famiglia. Dai primi riscontri sulla famiglia Iannello, fu chiaro che la moglie di Giacomo mentisse sulla loro interruzione, da mesi, del rapporto coniugale. Al riguardo è stato sufficiente l'esame dei tabulati telefonici della famiglia e l'acquisizione dei video di alcuni impianti (anche di quello di casa Iannello) per apprendere che i familiari stavano coprendo gli autori del reato. A riscontro di quanto sospettato, furono analizzati gli spostamenti delle macchine in uso a Giacomo Iannello e al padre. Dettaglio che permisero di appurare che entrambi frequentavano Vittoria assiduamente e che proprio la notte prima dell'omicidio erano giunti con due macchine a distanza di pochi secondi l'uno dall'altro nella città del Ragusano, così come nei giorni immediatamente prima il fatto reato.

Le analisi dei tabulati telefonici permisero anche di apprendere che i loro telefoni avevano agganciato le celle prima di Messina e poi di Vittoria, dato che contrastava con quanto dichiarato dai familiari. Considerati i sospetti sulla famiglia Iannello, gli uomini della Polizia di Stato, sempre coordinati dalla Procura della Repubblica di Ragusa, decidevano di intervenire, a distanza di poche ore dall'omicidio, presso la casa di campagna di loro proprietà, poco distante dal luogo dove nel contempo era stato rinvenuto il furgone della vittima utilizzato dai killer per fuggire dopo l'omicidio.

omicidio_nicosia1_ragusa_polizia_siciliansDa una prima ispezione, proprio vicino a una delle macchine in uso ai due Iannello, fu trovato un biglietto di proprietà della vittima, dove il defunto aveva appuntato, pochi giorni prima di essere ucciso, una lista di ricambi auto di una cliente. Dopo una continua elaborazione dei tabulati telefonici si riscontrarono alcune anomalie, arrivando anche a un soggetto domiciliato ad Altolia il 19enne Yvan Cacciola. Giacomo Iannello, dalle notizie apprese dagli investigatori, aveva lasciato Vittoria un anno addietro per motivi ancora da chiarire, probabilmente per debiti maturati anche con la vittima. Giacomo era andato a vivere a casa del padre Iannello Carmelo originario di Altolia dove si occupava di coltivare dei terreni.

Considerato che il rapporto tra il giovanissimo Cacciola e Giacomo Iannello insospettiva gli inquirenti, fu disposta una perquisizione a casa sua e dei due Iannello. A distanza di pochi minuti dall'arrivo della Polizia, con l'ausilio della Squadra Mobile di Messina, lo stesso Yvan ammise di essere arrivato con i due Iannello la notte prima dell'omicidio a Vittoria e di essere andato via subito dopo il selitto, del quale aveva saputo solo dalle notizie web. Dopo aver completato la perquisizione, Cacciola fu accompagnato in Questura a Ragusa dove fu prelevato il suo DNA e fotosegnalato. Da quel momento Cacciola fu escusso come persona informata sui fatti proprio perché era stato a Vittoria insieme ai due Iannello il giorno dell'omicidio, asserendo di essere venuto in tempo di notte per dover effettuare dei lavori in casa loro. La scusa non era credibile, pertanto incalzato dagli investigatori e dallo stesso Pubblico Ministero, il giovane forniva a questo punto elementi fondamentali per la ricostruzione della dinamica dell'omicidio.

omicidio_nicosia4_ragusa_polizia_siciliansAl termine dell'escussione del giovane, il Pubblico Ministero emise un provvedimento di fermo come indiziato di delitto a carico di Iannello padre e figlio che nel contempo, per evitare la fuga, erano stati condotti presso la Questura di Ragusa. Il provvedimento, immediatamente eseguito dagli uomini della Squadra Mobile di Ragusa e del Commissariato di Vittoria, è stato poi convalidato dal GIP, che ha disposto inoltre la custodia cautelare in carcere. Nessuna notizia stampa veniva divulgata proprio perché gli investigatori erano certi che qualcosa ancora dovesse essere chiarita, difatti l'intuito investigativo e i dati raccolti, permisero di acquisire ulteriori elementi dalle conversazioni di Cacciola che era stato volutamente lasciato libero. Dalle intercettazioni fu identificato Giuseppe Scionti, soggetto che insieme a Cacciola, il giorno stesso dell'omicidio si era allontanato da Altolia per poi fare rientro nel paese di residenza dopo qualche giorno, proprio dopo aver creduto di averla fatta franca.

A questo punto, a distanza di una settimana esatta dal fermo dei due Iannello, si decise di intervenire nuovamente presso Altolia a casa di Scionti e Cacciola. Nelle more dei controlli effettuati insieme alla Squadra Mobile di Messina, Cacciola ammise di non aver detto tutta la verità e fornì una nuova versione che vedeva il coinvolgimento di  Giuseppe Scionti, quale autore, insieme ai due Iannello, dell'omicidio di Turi Mazinga. I racconti dei due giovani erano contraddittori nei punti più salienti. L'esame incrociato dei due ragazzi e le contestazioni fatte mediante la visione di immagini del sistema di video sorveglianza e dei tabulati telefonici, permettevano di acquisire ulteriori elementi a loro carico.

Considerati gli indizi di reato a carico dei due, il Pubblico Ministero decise di interrogare gli indagati e alla presenza dei difensori gli stessi ammisero di aver preso parte al commando seppur con ruoli diversi e cercando di sminuire la loro posizione. Entrambi asserirono di aver preso parte in modo minore all'azione omicidiaria fornendo elementi a carico dei due Iannello di piena responsabilità, descrivendo in ogni dettaglio l'evento reato ma andando in contrasto tra loro rispetto alle dichiarazioni rese. Il delitto era stato pianificato in ogni dettaglio ma qualche errore fu commesso e la Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ragusa, riuscì a raccogliere elementi a carico dei 4 soggetti, fondamentali per sottoporli a fermo, con contestuale convalida dell'attività di Polizia Giudiziaria e applicazione della misura cautelare della custodia in carcere dove attualmente si trovano in attesa del processo. Le armi, nonostante la parziale collaborazione dei due giovani messinesi, non sono state ancora trovate ma sono in corso le ricerche.

Anche se non indispensabili, stante gli elementi già raccolti a loro carico, potrebbero essere gli stessi indagati ad indicare l'esatto luogo dove si sono disfatti dei fucili. La Polizia di Stato, in piena sinergia con la Procura della Repubblica di Ragusa, è riuscita a ottenere un pieno risultato, assicurando alla giustizia 4 pericolosi criminali responsabili di omicidio aggravato dalla premeditazione.

 

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