Profughi a Messina: le storie di chi fugge da guerra e fame
“I'm hungry, give me food, I'm undressed, I want washing and a bed for me and my family”. Sono affamato, dammi da mangiare, non ho scarpe né vestiti, ho bisogno di lavarmi e di un letto per me e la mia famiglia.
Il lessico dei profughi, sotto qualunque cielo, esprime il grado zero dei bisogni elementari. Cibo, acqua, vestiti e scarpe, un letto, un tetto e la certezza che almeno per oggi non si muore.
Anche i 566 migranti sbarcati a Messina ieri pomeriggio, pur nella diversità di sfumature, caratteri e storie personali, sono accomunati da un dizionario dei bisogni asciutto ed essenziale come una massima evangelica che prende vita e diventa voce, strepito, corpo, puzza di vomito e di sudore, lacrime.
Come quelle della madre siriana che ha perso in mare uno dei figli e se ne sta in un angolo cercando come può di proteggere i superstiti e insieme di non farsi vincere dalla voglia di mollare.
Arrivano prima a gruppi. Poi, quando è già sera, a ondate e alla fine sono davvero tante e tanti e la fragile struttura dell'istituto comprensivo Pascoli-Crispi, che il Comune ha messo a disposizione nel cuore della vecchia Messina, alle spalle di Questura e Prefettura, sembra vacillare sotto il loro peso.
I più provengono dalla Siria sconvolta dalla guerra civile. Un ragazzone robusto, dalla barba castana e gli occhi azzurri, la pelle bianca come quella di un nord europeo, dice di venire da Homs, l'antichissima città greco-romana rasa al suolo dalle forze regolari siriane durante l'offensiva contro le truppe ribelli del 2012. “ Ho attraversato La Giordania e l'Egitto -racconta in un inglese fluente- e atteso lungamente in Libia un passaggio verso l'Europa. E' un gran casino la Libia” .
C'è anche un signore, apparentemente cinquantenne, che viene da Gaza. Non spiega bene quando e come sia venuto via da quella prigione a cielo aperto, ma sembra aggiornato sugli sviluppi delle operazioni militari israeliane e mostra molta preoccupazione per i propri familiari rimasti a casa. Gran parte dei mediorientali sono raggruppati per nuclei familiari. Riservati, parlano poco e ringraziano con qualche sorriso per l'aiuto ricevuto. I volti fanno pensare a un ceto medio strappato di colpo a una quotidianità non priva di agi. Le bambine vestono all'europea, anche se non manca qualche tunica nera e quasi tutte le donne sono velate.
Come loro sono le famiglie di eritrei e somali, mentre più irrequieti i giovani provenienti da Mali, Senegal, Gambia. Sono tutti maschi e covano una rabbia profonda, da far tremare le pareti della scuola. Ma i volontari non fanno una piega, anche se sono inferiori al numero che sarebbe necessario.
Se la cavano bene quando ci sono da montare brande e letti a castello nelle aule del plesso. Anche quando alle dieci di sera ci si rende conto che i trecento e più pasti caldi fatti preparare all'ente gestore del PalaNebiolo non sono sufficienti per tutti gli ospiti e ai ragazzi bisogna dare pane e formaggio e scatolette di tonno, mentre alcune rosticcerie della zona, prontamente contattate, stanno facendo giungere focaccia e i nostri amatissimi rustici, per tamponare meglio che si può l'appetito robusto di giovani che hanno attraversato il deserto praticamente a piedi e affermano di non mangiare da due, tre giorni. Il tempo della sempre avventurosa traghettata lungo il Canale di Sicilia.
“Quelli della Croce Rossa si sono fatti vedere la mattina, hanno scaricato brande e lettini a castello e se ne sono andati -ci dice a tarda sera un giovane volontario. Il resto l'abbiamo dovuto fare da soli”. “L'ente gestore dell'Annunziata -aggiunge l'esperta per la mediazione sociale del Comune- Clelia Marano- è stato prezioso, ma non aveva le cifre giuste. Eppure la Prefettura aveva già deciso che tutti i richiedenti asilo sbarcati in città sarebbero stati ospitati alla Pascoli-Crispi”.
L'esperta del sindaco ha coordinato fino a tarda sera insieme agli assessori Nino Mantineo e Sergio De Cola un manipolo di volontari che sono stati in grado da soli di far fronte a numerose difficoltà. Dalla distribuzione del cibo e di pochi (almeno per oggi) capi di vestiario, a quella dei materassi e delle coperte reperite in serata nel magazzino del PalaNebiolo.
Alcuni attivisti di Cambiamo Messina dal Basso che nella vita sono medici e infermieri hanno allestito una sala medica e provveduto alle visite e alla cura delle patologie più semplici. Sono state riscontrate slogature, sindromi influenzali e da raffreddamento, un solo caso di scabbia, ma in generale le condizioni di salute degli ospiti sono apparse discrete. “Abbiamo richiesto l'aiuto dei colleghi del 118 solo per due casi -hanno fatto sapere. Una gastrite acuta diagnosticata a un giovane maliano e la bronchite di un piccolo siriano”.
Gli operatori dell'AiBi, Associazione amici dei bambini, hanno preso in carico, come sempre, i minori non accompagnati e in quindici sono stati trasferiti nella nuova struttura che il gruppo gestisce a Camaro. Una volta che arriveranno le disposizioni dal Viminale, la Prefettura di Messina comunicherà le destinazioni di tutti gli altri.