Opere pubbliche e legalità
Politica nazionale e regionale credono in un modello di sviluppo fondato sull'avvio delle grandi opere, quale vettore di occupazione e sviluppo. Proprio su questo modello si sono soffermati Italia Nostra, l'associazione Marx XXI e Libertà e Giustizia promuovendo il convegno dal titolo “Opere pubbliche, legalità e democrazia” .
La necessità di intavolare una discussione nasce dalla possibilità di ricostruire una politica basata sul ripristino della democrazia e sulla formulazione di nuove forme del patto sociale, ampiamente smantellato. “La crisi finanziaria è una crisi della razionalità del processo economico fondata sulla massimizzazione del profitto e sull'anarchia della produzione. Essa ci ha ampiamente dimostrato il fallimento delle teorie neoliberiste, ma soprattutto la falsità dei miti di uno sviluppo che procede per grandi opere -sostiene Guido Signorino, ordinario di Economia presso la facoltà di Scienze Politiche. Diversi i temi proposti. Dall'analisi ambientale delle reti infrastrutturali europee alla realizzazione del passante ad alta velocità di Firenze, fino alla denuncia dell'ecomostro MUOS di Niscemi.
A Messina, tuttavia, quando si tratta di grandi opere, è impossibile non parlare di Ponte sullo Stretto. Alberto Ziparo ha spiegato perché. “I programmi di modernizzazione degli ultimi anni si sono tradotti in grandi appalti o, addirittura, in megaprogetti continui e infiniti, costati cifre abnormi, senza giungere a spostare nemmeno una pietra”.
Abbiamo chiesto all'economista Guido Signorino di quantificarci le cifre abnormi di cui parla Ziparo relativamente al ponte sullo Stretto. “Le spese affrontate fra progetti preliminari e definitivi possono essere stimate intorno ai 400 milioni di euro, mentre le previsioni del costo effettivo vertono sugli 8 miliardi e mezzo diluiti in sei anni e mezzo di lavori. In Danimarca hanno costruito un ponte in dieci anni. Loro vorrebbero costruirne uno di doppia grandezza nella metà del tempo. Sono stime davvero poco credibili, se si considera che il piano economico e finanziario non può considerarsi definitivo e così nemmeno il progetto tecnico ”.
Investimento o spreco? Le posizioni dei relatori sull'utilità della grande opera sono univoche. “La costruzione del ponte non ha senso quando guidiamo su strade che cadono a pezzi e le travi delle vie costruite sulle fiumare non si sa come stiano ancora in piedi –ribadisce ancora una volta Anna Giordano, responsabile del WWF e dell'Associazione MAN. Il progetto definitivo è un vero e proprio incubo. Gli 8.880 file del documento prevedono la produzione di 5 milioni di metri cubi di materiali di scavo da “spalmare” su un territorio in pieno dissesto idrogeologico. Si è anche avanzata la proposta di gettarli a mare con la scusa dell'erosione. Sono previsioni scellerate. Le valutazioni ambientali (che al momento possono contarsi in più di cento integrazioni fornite dalle associazioni messinesi) si stanno rivelando un efficace modo di rallentare i lavori perché approfondiscono il progetto sugli effetti che ci sarebbero. Dico sarebbero perché il condizionale è d'obbligo. Il ponte non sarà mai, ma sarebbe. Perché fermarli si può”.
Della stessa opinione Signorino. “Le integrazioni hanno valore di testimonianza, di pressione sulle istituzioni, di verità ma soprattutto servono come mobilitazione perché attirano l'attenzione dei partiti e dei cittadini”.
L'esempio del ponte sullo Stretto è paradigmatico del fallimentare sistema fondato sulle grandi opere. Una vera e propria mitizzazione speculativa dell'intervento pubblico quando al contrario lo stesso dovrebbe guardare ad altri tipi di investimenti che avrebbero benefici di breve periodo (sull'occupazione) e di lungo periodo (sullo sviluppo). Le cosiddette grandi opere sono ‘intensive in capitale' ma ‘non intensive in lavoro', perché l'effetto occupazionale che esse producono non è tale da giustificare le quantità di risorse che esse attraggono.
Quali soluzioni? “Recuperare la gestione pubblica delle ferrovie, potenziare la tratta metropolitana Messina-Catania, finanziare opere pubbliche che guardino al bisogno dei territori ma soprattutto la messa in sicurezza dei territori: questa è la grande opera da avviare in Sicilia -propone Lillo Oceano, segretario generale della CGIL di Messina”.
La conversione degli edifici messinesi in strutture antisismiche e una maggiore attenzione alla pericolosità geologica del nostro territorio produrrebbe occupazione e sicurezza, assolute priorità per Messina. I recenti eventi verificatisi in Emilia hanno acceso preoccupazioni nei cittadini. Eppure, per i politici locali affrontare l'argomento terremoto sembra quasi un tabù. Come se non parlarne significasse scongiurarne il pericolo. Il Convegno, i cui lavori sono stati coordinati da Federico Martino e introdotti durante le due giornate dal presidente di Italia Nostra Antonietta Mondello Signorino e da Giusi Furnari Luvarà di Giustizia e Libertà ha stimolato anche nel pubblico presente alla Libreria Circolo Pickwick significative riflessioni su quanti rischi si potrebbero evitare e quante piccole, ma mirate opere potrebbero dare una spinta positiva allo sviluppo. Sviluppo innanzitutto civile, democratico e legalitario.