Messina, volevano solo pane e lavoro: la strage del 7 marzo 1947 davanti alla Prefettura
MESSINA. Il 1947 richiama alla memoria momenti dolorosi per la Sicilia. Quando si cita quell'anno, il pensiero va immediatamente alla strage di Portella della Ginestra, quando la banda del bandito Giuliano e un gruppo di mafiosi spararono su 2 mila di manifestanti che festeggiavano l'1 maggio. A terra rimasero 11 morti, due dei quali bambini. Altre 27 persone furono ferite. Alcuni mesi dopo Giuliano rivendicò la strage tentando di spiegarla dal punto di vista politico, ma sono ancora tanti i punti di quella vicenda rimasti oscuri. La sola certezza è che quella strage fu organizzata dalle forze reazionarie dell'Isola in accordo con la mafia locale. Pochi dubbi invece sulla strage del 7 marzo 1947, quando davanti alla Prefettura di Messina le forze dell'ordine, Polizia e Carabinieri, uccisero tre manifestanti. Tre lavoratori, uno dei quali neanche ventenne. La folla era scesa in piazza per protestare contro il rincaro del pane e degli altri generi di prima necessità e per la mancata applicazione del contratto nazionale di lavoro, che stabiliva un aumento delle retribuzioni del 15 per cento.
Aumento che ovviamente a Messina non era stato neanche preso in considerazione. Il mancato adeguamento dei salari e l'aumento degli alimenti base del proletariato avevano fatto arrivare la tensione alle stelle. Il 7 marzo il sindacato, allora esisteva solo la Cgil pur con le componenti interne che poi diedero vita prima alla Cisl e poi alla Uil, organizzò una manifestazione davanti al Palazzo del Governo alla quale presero parte migliaia di persone, pare 40.000.
Nonostante la folla fosse disarmata, le forze dell'ordine fecero fuoco. Alcuni giornali dell'epoca riportarono che durante la carica si sentì il grido “viva i Savoia” nonostante la Repubblica fosse una realtà da quasi un anno. Fatto questo, che conferma la presenza tra i manifestanti non solo di provocatori fascisti, ma anche monarchici. I poliziotti e i carabinieri erano armati, i lavoratori no. E a terra rimasero tre persone: il commerciante di calzature Giuseppe Maiorana di 41 anni, il manovale Biagio Pellegrino di 34 anni e l'operaio Giuseppe Lo Vecchio di appena 19 anni.
A ricordare quell'episodio, per il quale non ci fu alcuna condanna (i poliziotti e i carabinieri messi sotto processo per avere sparato ai tre lavoratori uscirono indenni), dal 1987 c'è una lapide posta davanti alla Prefettura.