Mafia e usura, sequestro di beni per un milione di euro ai pregiudicati Ofria e Sterrantino

MESSINA. I Finanzieri del di Messina hanno dato esecuzione a due decreti di sequestro di beni, per un valore complessivo di stima pari a un milione di euro emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia peloritana, nei confronti di due soggetti socialmente pericolosi, Domenico Ofria(1971) e Salvatore Pietro Sterrantino (1956). L'operazione costituisce l'esito di pregresse attività investigative di tipo economico-patrimoniale poste in essere dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Messina, con specifico riferimento all'aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati nella provincia messinese, nei settori delle infiltrazioni mafiose nel tessuto dell'economia legale e dell'usura.

In particolare, l'attività svolta dalle Fiamme Gialle è consistita nella meticolosa ricostruzione del profilo soggettivo criminale dei due target investigati, nonché nella puntuale individuazione del patrimonio, mobiliare e immobiliare, riconducibile direttamente e indirettamente ai due, accumulato nel tempo in assenza di lecite fonti di reddito e costituito da 2 unità immobiliari nella zona residenziale dell'area balneare di Barcellona Pozzo di Gotto, un fabbricato a Giardini Naxos, oltre a diversi conti correnti bancari.

In tale ambito, si acquisiva come i citati soggetti risultassero già ampiamente noti alle cronache giudiziarie, in quanto coinvolti in diverse e rilevanti operazioni di polizia che avevano interessato la provincia messinese.

Nel dettaglio, il pregiudicato mafioso Ofria di origini barcellonesi, emergeva nella nota operazione “MARE NOSTRUM” nel cui contesto, grazie anche al contributo offerto dai numerosi collaboratori di giustizia, era ritenuto elemento di spicco del sodalizio mafioso più noto come “clan dei barcellonesi”.
Sul punto, gli accertamenti svolti dai militari del G.I.C.O. permettevano di riqualificare quali illeciti i redditi da lavoro “apparentemente leciti” dallo stesso dichiarati, poiché rispondenti alla necessità di redistribuzione dei profitti derivanti da un'impresa individuale (intestata a prestanome) di fatto riconducibile al fratello Salvatore (1964) anch'egli inserito nel medesimo sodalizio barcellonese, seppur con maggiore autorità criminale.

Proprio le indagini all'epoca svolte permisero di ritenere tale attività imprenditoriale come inquinata in radice: una classica impresa mafiosa che si è avvalsa “della forza di intimidazione derivante dall'appartenenza mafiosa del suo effettivo titolare”, in grado di “sbaragliare la concorrenza, inserendosi in settori economici particolarmente proficui, quali quello dello smaltimento dei rifiuti”, nonché luogo in cui intervenivano “gli incontri tra i vertici del gruppo, propedeutici all'assunzione di decisioni strategiche per la sopravvivenza dell'associazione”

La riqualificazione dei redditi percepiti così operata consentiva, quindi, di dimostrare una significativa sproporzione tra il tenore di vita mantenuto e i redditi dichiarati, attribuendo tale differenza, secondo ipotesi investigativa, proprio ai profitti del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Lo schema criminoso realizzato dai fratelli O. costituisce, nella letteratura criminale, uno degli stratagemmi più diffusi per schermare i proventi illeciti dell'impresa criminale, fornendo una parvenza di liceità alla relativa fonte di reddito, che solo approfondite indagini di natura economico-finanziaria della Guardia di Finanza possono consentire di neutralizzare.

Il pregiudicato naxiota Sterrantino è stato ritenuto abitualmente dedito allo svolgimento di attività illecite e socialmente pericoloso, in virtù di pregresse condanne per reati di usura e, da ultimo, soprattutto, per concorso in concussione aggravata dal metodo mafioso. Con riferimento alla prima tipologia di reati, i precedenti giudiziari ne descrivono un elemento aduso a compiere condotte perturbatrici dell'ordine sociale costituzionale e, soprattutto, dell'ordine economico, fortemente minato dagli odiosi reati di natura usuraia dal medesimo concretizzati.

Parimenti, la più recente condanna del soggetto per concussione aggravata dal metodo mafioso consentono di evidenziare una marcata propensione all'accumulazione illecita di ricchezza, lì dove non esitava a farsi consegnare una tangente da un imprenditore edile “per accelerare le procedure burocratiche relative al pagamento degli stati di avanzamento lavori in relazione a delle opere che stava realizzando presso il cimitero di Giardini Naxos”. Più in particolare, l'imprenditore edile naxiota risultava essere stato avvicinato dall'allora politico Sterrantino e da un presunto esponente della mafia catanese, B.C. (1976), presentatosi alla vittima quale referente del blasonato clan Laudani di Catania, anche noti come “Mussi di Ficurinnia”, obbligandolo alla consegna di una tangente di 2.000 euro per l'ottenimento di quanto di sua spettanza per i lavori svolti. Le investigazioni complessivamente svolte, a testimonianza del grande impegno dell'Autorità Giudiziaria e della Guardia di Finanza messinese nel delicato settore del contrasto alle organizzazioni criminali, vieppiù di matrice mafiosa, con conseguente aggressione degli illeciti patrimoni accumulati, sono il frutto della sinergia operativa realizzata dal neocostituito Ufficio Misure di Prevenzione della Procura della Repubblica di Messina e dalla Guardia di Finanza peloritana, così restituendo alla collettività e all'imprenditoria onesta importanti spazi di legalità.

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Foto d'archivio

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