La Vara, tra fede e mancato rispetto delle regole
“Viva Maria” a ferragosto, assuefazione al degrado e inciviltà il resto dell'anno. Forse potrebbe essere questa la sintesi della maggior parte dei messinesi che ieri si accalcavano per assistere al passaggio della Vara. Che sarà anche la festa religiosa per eccellenza a Messina, ma che ogni anno si porta dietro un tappeto di polemiche sotto il quale è sempre più difficile nascondere le non poche ombre di questa manifestazione, dove il sacro ed il profano convivono senza troppi problemi.
Quest'anno l'episodio peggiore è quello dell'aggressione ai ragazzi di Addiopizzo, che sono stati minacciati da alcuni membri del Comitato Vara mentre attaccavano delle locandine con le quali chiedevano alla Madonna di liberare Messina dalla mafia e dal pizzo. In qualunque altra città civile un'iniziativa del genere sarebbe stata difesa da tutti, autorità religiose in testa.
A Messina no. Preoccupante non solo l'assordante silenzio della Chiesa locale, solitamente piuttosto loquace, ma anche quello del sindaco Buzzanca, probabilmente colpito da improvvisa amnesia sull'uso di twitter. Perché in una città divorata dall'usura e dalle estorsioni, dove succede che anche i grossi imprenditori, non tutti per fortuna, preferiscano piegarsi ai ricatti della criminalità organizzata “per non avere problemi”, dimenticando che pagare il pizzo vivaddio è ormai un reato, attaccare dei ragazzi che stanno solo affiggendo dei volantini è un segnale molto chiaro sul tipo di cultura che permea la città.
Una città che il giorno della Vara (ma questa è una nota dolente in tutto il Meridione, anche se non consola saperlo) fa finta di non vedere le connessioni con la criminalità locale, che trasforma la festa in un'occupazione neanche tanto simbolica della città. Che preferisce glissare sul fatto che tra i tiratori ci sono un bel po' di carcerati che ottengono il permesso di uscire per partecipare (e la leggenda che il 16 agosto la maggior parte degli ospiti di Gazzi ha al polso un pezzo delle funi con le quali è stata tirata la Vara non è una leggenda) anche se conferme ufficiali non è dato averne. Che grida “viva Maria” magari commuovendosi, ma che subito dopo non esita un secondo a non rispettare quelle leggi che la renderebbero civile al pari delle altre.
Nascondersi dietro il luogo comune della tradizione non serve. Le tradizioni sono un aspetto importante della memoria storica collettiva, ma non possono essere utilizzate come scusa per fare quello che si vuole e gestire una festa religiosa come una continua dimostrazione di potere sul territorio. Le tradizioni devono ricordarci cosa siamo stati per spingere la comunità a migliorare costantemente, non certo ad ancorare un'intera città ad una festa che ormai di religioso ha ben poco e che è riuscita persino a far deviare il percorso del tram, vanificando in parte l'utilità dell'opera.
Del resto, per rendersi conto di quanto poco religiosa sia ormai questa festa, basta darsi un'occhiata intorno durante il tragitto della Vara. Mettendo da parte per un momento il tappeto di sudiciume che i fedeli si lasciano dietro perché la strada diventa improvvisamente un'immensa pattumiera all'aperto, il fatto stesso che a dispetto dell'istituzione dell'Albo dei tiratori non si riesca a sapere con esattezza quanti e chi sono i tiratori la dice lunga su come la festa sia gestita e organizzata. E viene da chiedersi quante siano le bancarelle effettivamente autorizzate. Le divise bianche imposte ai tempi del sindaco Providenti coprono i “pupi” ed hanno eliminato lo sconcio dei tiratori a petto nudo e in pantaloncini, ma da quanto si è visto anche in questa edizione del 2012 la strada per restituire alla Vara il suo significato religioso eliminando ombre e sovrastrutture è ancora tutta in salita. La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, quella della Vara pure.
Qui si può vedere una raccolta della Vara edizione 2012 in bianco e nero.
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