La mensa di Sant’Antonio rifugio dei nuovi poveri
Il primo approccio alla Mensa di Sant'Antonio è con la signora Giovanna Vinciullo Summa, la donna che tutti considerano una mamma perché dirige, dà direttive, rincuora ed è il punto di riferimento di volontari e utenti.
“L'11 febbraio facciamo 5 anni -racconta con orgoglio. Siamo veramente un bel gruppo. Quando qualcuno di noi non può venire, ha sempre il pensiero al pasto da preparare per i nostri fratelli. Quando abbiamo iniziato venivano 40, 60 persone. Adesso riusciamo a distribuire anche 250-300 pasti a sera”.
Difficile credere che a dispetto delle difficoltà quotidiane e del poco tempo libero ci siano madri di famiglia che ogni pomeriggio decidono di rimboccarsi le maniche e mettersi in cucina, inventare piatti con quello che la carità cittadina ha loro fornito e preparare centinaia di vassoi con primo, secondo e dolcino per non far mancare niente ai fratelli che chiedono aiuto.
“La mensa è aperta tutti i giorni e i volontari hanno turni a rotazione -spiega Giovanna. Siamo veramente felici di farlo perché torniamo a casa con la consapevolezza che noi abbiamo tanto mentre c'è gente che non ha nulla. Alcuni vengono qui da tanti anni, altri sono i nuovi poveri, negozianti che prima stavano bene, uomini separati”.
Quando la sala è piena molti si lamentano del forfait di un assessore. Aspettavano, infatti, la visita di un politico (nessuno sa realmente come si chiami) che doveva discutere con loro dell'emergenza freddo. padre Vincenzo, il responsabile della mensa, ci informa che l'assessore in questione non è potuto venire perché piove.
“Non interessa niente a nessuno se piove o c'è freddo e noi non abbiamo neanche un posto dove stare -si lamenta Mourad, marocchino di 33 anni. La notte dormo in stazione dalle 22.30.Poi verso l'una viene la polizia e mi caccia, così vado fuori in cerca di una macchina aperta”. Proprio così, Mourad, per non stare sotto la pioggia o non patire il freddo, si intrufola in una qualsiasi macchina che un ignaro proprietario ha dimenticato di chiudere.
I senzatetto sono tantissimi, molti di loro non hanno nulla se non quello che le associazioni di volontariato riescono a procurare loro. Qualcuno ci dice che è riuscito ad ottenere due soli cambi di vestiti puliti in un mese, uno ogni quindici giorni.
Alla schiera dei immigrati, le cui speranze di una vita migliore sono state drammaticamente deluse, si uniscono i messinesi finiti in miseria e che non riescono neanche a fare la spesa.
Come Luisa, 37 anni che non ha lavoro e ha messo in vendita la sua casa. “Vengo qui alla mensa da circa sei mesi. Non lavoro, do una mano al canile di Messina che mi aiuta con qualcosa. Ho sempre vissuto con mia madre che è morta da giugno e adesso non ho nessuno”.
Diversi i messinesi che aspettano il pasto di asporto. I volontari di Sant'Antonio, infatti, preparano sia i pasti per chi voglia cenare sul posto, sia per le famiglie che hanno figli a casa.
“Ho otto figli, adesso solo tre vivono con me -racconta Giovanna Fiorentino, 46 anni. Con alcuni di loro non ho più contatti, uno si è trasferito a Treviso, un altro era in una Casa Famiglia e quando è uscito non l'ho più visto. Gli altri tre che vivono con me hanno 16, 14 e 3 anni ma non riesco a mantenerli e a garantire loro una vita normale. Non ho neanche i soldi per dare loro da mangiare, per questo vengo qua. Capisce bene che per un bambino questi sono veri traumi”.
La signora Fiorentino trattiene il pianto quando ci dice che non può lavorare perché nove anni fa ha provato a suicidarsi gettandosi dal terzo piano. “Mio marito aveva perso per la prima volta il lavoro ed ero disperata. Ovviamente mi sono fatta molto male e non posso più camminare bene. Adesso, lui è di nuovo senza lavoro da più di un anno. Andiamo avanti con l'assegno di invalidità di 263 euro e la Caritas mi aiuta a pagare le bollette”.
C'è anche Antonio C., che non vuol raccontare la propria storia ed i motivi per cui è costretto a venire a cena alla mensa però ha voglia di parlare.
“Purtroppo qua molti litigano quando consegnano la cena, si contendono i piatti. Altri forse non avrebbero neanche bisogno di venire qua, ma approfittano del pasto gratis. Anche perché ci trattano bene. Io cerco di fare il possibile, due giorni a settimana taglio i capelli a chi ne ha bisogno. Se tutti facessero un pochino per il prossimo, tutto andrebbe meglio”.
Molti sono i diffidenti che, feriti dalle difficoltà della vita e umiliati dalla propria condizione, non vogliono neanche parlare. Qualcuno, tra il serio e il faceto, chiede anche se siamo disposti a pagare 15 euro per un'intervista sulla loro vita.
La crisi ha mietuto tante vittime e ha allargato le file dei poveri, degli ultimi, delle persone che non hanno più la forza per rialzarsi.
Alla mensa di Sant'Antonio tantissime persone trovano quel poco che basta per andare avanti e ogni cittadino, nel suo piccolo, può fare qualcosa per loro, donando nelle occasioni delle raccolte alimentari o rivolgendosi direttamente ai volontari.