La magia di Paolo Fresu e l’elogio della lentezza
E' un genio assoluto del jazz, ma sulla scena si muove in punta di piedi, quasi non volesse farsi notare. Poi Paolo Fresu inizia a suonare e in sala non esiste nient'altro se non la sua musica.
In questo caso, l'intera colonna sonora composta per Vinodentro, film di Ferdinando Vicentini distribuito più all'estero che in Italia, con il dono di un brano tagliato fuori dal montaggio.
Così, scivoli sopra le oche che non smettono di mandare sms nonostante la struggente bellezza della musica che Fresu ha composto e che Daniele Di Bonaventura, sul palco con lui insieme al proprio bandoneon, ha magistralmente arrangiato, sui minus habentes che invece di ascoltarlo lo riprendono con il cellulare o scattano foto a raffica (cosicché in sottofondo c'è anche il clic ininterrotto di chi preferisce un'immagine a un suono sublime) e sui colpi di tosse che in alcuni momenti ti fanno immaginare di essere a Davos.
I brani scorrono uno dietro l'altro e a parte un paio di eccezioni, ad accompagnare Fresu e Di Bonaventura c'è anche parte dell'orchestra del teatro Vittorio Emanuele, che ancora una volta ha dato un'ottima prova di sé, ovviamente pure nell'esecuzione di due arie dal Don Giovanni di Mozart.
A emozionare il pubblico in sala anche i tre bis di fine concerto: Te recuerdo, Amanda (canzone di Victor Jara eseguita in Cile davanti a oltre 6 mila persone che lo hanno ascoltato in piedi, come racconta Fresu), l'omaggio a Fellini compose in treno tra Firenze e Bologna dopo aver saputo della morte del regista (“se il viaggio non fosse durato un'ora e mezza non lo avrei mai composto e quindi il suo titolo è Elogio della lentezza) e Answer me, my love di Gerhard Winkler e Fred Rauch. Si replica domani sera alle 21 e domenica alle 17.30.