La lanterna del Montorsoli
Già durante l'epoca normanna la penisola di San Raineri era conosciuta come la lingua del Faro. Definizione che dà immediata contezza della presenza di una luce costante per essere di guida ai chi attraversava le pericolosissime acque dello Stretto di Messina.
Secondo la tradizione, nel XII secolo in quelle striscia di sabbia viveva un monaco eremita, Ranieri appunto, che per voto ogni sera accendeva diversi fuochi sulla spiaggia per allertare i naviganti di passaggio.
E proprio in ricordo di San Raineri i monaci basiliani del monastero di San Salvatore dei Greci costruirono una cappella nello stesso luogo dove poi fu eretta la lanterna del faro.
Fino al XV secolo, sulla sommità del campanile ardeva un braciere alimentato tutte le notti, unico punto di riferimento per chi attraversava lo Stretto di Messina, soprattutto quando si formava un pericolosissimo vortice che inghiottiva ogni cosa, che nell'Odissea Omero chiama Cariddi.
Poco frequentata, nel corso dei secoli la piccola penisola di San Raineri fu utilizzata come cimitero e come lazzaretto per gli appestati. Fu solo nel XVI secolo che per difendersi dagli attacchi dei turchi il Senato di Messina fortificò la falce del porto con possenti costruzioni.
Tra queste, si decise anche di costruire un faro e il progetto fu affidato a Giovannangelo Montorsoli, che ideò una torre a pianta quadrangolare, poggiata su forti mura alta oltre 25 metri. Fu nella seconda metà dell'Ottocento, quando fu aggiunto un torrione ottagonale, che il faro arrivò all'altezza complessiva di 41 metri.
Fino all'inizio del XIX secolo la lanterna fu di proprietà del comune, che grazie alla gabella del Faro manteneva un custode che provvedeva alla manutenzione della torre e pagava di tasca propria la luce notturna. Il 15 luglio del 1857 la lanterna di Messina passò sotto il controllo dei Borboni e poi, nel 1911, sotto il Servizio Fari della Marina Regia.