Il sacerdote svelto di mano, il parroco e il concetto di perdono
“Cari fratelli e sorelle -scrive don Danzì- la comunità parrocchiale di Gioiosa Marea ha dovuto sopportare negli ultimi tempi varie spiacevoli vicissitudini, ma nessuno poteva immaginare che un grave misfatto si sarebbe verificato, gettando nello sdegno, nello stupore e nello sconforto la nostra comunità ecclesiale per la sottrazione sacrilega degli oggetti d'oro che ornavano i manti della Madonna delle Grazie e dell'Immacolata, nonché della statua di San Nicola, patrono di Gioiosa Marea.
Il furto sacrilego ha profondamente scosso e ferito la comunità gioiosana e immancabili si sono levati indignazione, critiche, sospetti, illazioni e sgomento, immaginando la Parrocchia sempre meno oggetto del rispetto popolare, non più luogo sicuro della nostra fede e delle stesse coscienze.
Ma a volte la pochezza e l'ingordigia danno luogo a comportamenti e a verità che scottano e offendono, quando la realtà che si tocca con mano ferisce come il ferro rovente sulla pelle e sulla carne.
Care sorelle e fratelli, quanto ho da dirvi con questa mia lettera lascia increduli e sgomenti. Il gesto sacrilego che ha profanato e offeso profondamente le nostre coscienze è l'atto ignominioso di un nostro fratello ‘malato' nel cuore e nell'anima, ingrato della nostra accogliente benevolenza e della fiducia che gli abbiamo accordato sin dal suo arrivo a Gioiosa Marea, la prima volta.
Si tratta di Padre Davide Ingodi Olusi, sacerdote originario del Kenya, venuto a Gioiosa Marea per la prima volta dal 2 al 7 maggio 2012; quindi dal 4 settembre al 23 ottobre 2012, infine dal 10 al 23 aprile 2013. Accolto e benvoluto dal parroco sottoscritto e da tutta la comunità ecclesiale, Padre Davide ha proditoriamente approfittato della buona accoglienza e della fiducia, nonché dell'abito che indossa, per rendersi artefice di un gesto inqualificabile, oltraggioso e sacrilego, appropriandosi furtivamente degli oggetti preziosi che ornavano il sacro manto della Madonna delle Grazie, dell'Immacolata e del patrono di Gioiosa Marea, San Nicola.
Nel rendersi artefice di tale misfatto, Padre Davide Ingodi Olusi ha offeso e oltraggiato i sacri simulacri e la comunità di Gioiosa Marea, assumendosi la grave responsabilità di fare sì che la Chiesa rischi di uscirne offuscata, pur confidando nella comprensione dei gioiosani, che sapranno guardare la realtà per quella che è, nel bene e nel male, come in questo caso purtroppo!
Dopo la morte della mia adorata madre, avvenuta nel 2001, dopo un lungo periodo di sconforto ed elaborazione di una così grave perdita, decisi di non pernottare più nei locali parrocchiali di via Ruggero Settimo, soprastanti la canonica, ma di trasferirmi a San Giorgio di Gioiosa Marea, presso i miei familiari.
Ciò mi avrebbe dato in parte la serenità perduta e mi avrebbe consentito di andare avanti nella mia missione sacerdotale. Intanto, sempre più spesso la cronaca riferiva di furti in abitazioni nel nostro comprensorio e la responsabilità di custodire quanto appartiene alla Chiesa e alla stessa comunità, che ne ha fatto dono, mi induceva ad affidarmi a chi avrebbe potuto consigliarmi per il meglio, nell'intento di vegliare sugli oggetti sacri e ornamentali.
L'8 di aprile, in occasione della Processione dell' Ottava di Pasqua, tutti gli oggetti preziosi erano al loro posto e sotto gli occhi di tutti. Il Venerdì Santo la Madonna Addolorata è stata portata in processione, così come la Madonna delle Grazie e San Nicola con tutto quanto costituiva il loro sacro ornamento. Al termine delle Processioni i manti con i relativi oggetti preziosi ornamentali erano tutti quanti presenti.
Il furto sacrilegio, da parte di Padre Davide, è stato commesso la notte del 22 aprile 2013. Ogni movimento del sacerdote kenyota è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza, come hanno potuto appurare le Forze dell'ordine, che hanno successivamente fornito al magistrato gli elementi attraverso cui risalire all'identità del ladro, identificandolo in Padre Davide Ingodi Olusi.
Padre Davide, dopo avere commesso il furto sacrilego (22 aprile 2013), il giorno seguente (23 aprile) è partito da Gioiosa Marea alla volta di Roma, sua sede, presso la Congregazione dei Figli di S. Anna, dove è stato fondato un ramo maschile della Congregazione di cui egli fa parte.
Il 9 agosto 2013, preso atto di quanto di grave era accaduto, presentavo denuncia ai Carabinieri di Gioiosa Marea. Dalle indagini immediatamente avviate dai Carabinieri, risultavano chiare l'identità del ladro sacrilego e le modalità del furto. L'autore, Padre Davide Olusi, quel 22 aprile 2013, per impadronirsi degli oggetti preziosi custoditi nella cassaforte della canonica, aveva fatto uso delle cosiddette “chiavi bulgare”. Non vi erano dubbi in quanto le sole chiavi della porta d'ingresso alla stanza della cassaforte e della stessa cassaforte erano in mio possesso e con certezza erano rimaste nelle mia camera durante la notte, come di consueto.
Il 20 maggio 2013, Padre Davide Olusi era partito da Roma per il Kenya, da dove avrebbe dovuto fare rientro il 3 settembre, successivamente posticipato al 5 settembre. Nel frattempo le indagini avevano fatto il loro corso e i Carabinieri di Gioiosa Marea, il cui lavoro deve essere definito a dir poco encomiabile, avevano provveduto a fornire al magistrato tutti gli elementi utili a spiccare l'ordine di arresto, da eseguire presso l'aeroporto di Fiumicino a Roma, il 5 settembre 2013 alle ore 5.30, orario previsto dello sbarco a Roma di Padre Davide.
Intanto, fatto presente quanto accaduto, veniva a trovarmi a Gioiosa Marea il responsabile Maggiore dei Figli di Sant'Anna, diretto superiore di Padre Davide Ingodi Olusi, il quale cercava di tranquillizzarmi.
Il superiore avrebbe incontrato, al suo ritorno a Roma Padre Davide Olusi, per cercare di sistemare bonariamente quanto derivante dal furto dei sacri oggetti preziosi, nel tentativo di evitare scandali e più gravi conseguenze per il sacerdote autore del furto. Ma proprio tali affermazioni mi mettevano in allarme, considerando che Padre Davide Olusi, una volta saputosi scoperto avrebbe potuto darsi alla fuga per evitare l'arresto.
Padre Davide – del resto – sostiene di essere nipote di un ministro del Kenya e potrebbe non venirgli difficile trovare scappatoie attraverso l'Ambasciata del Kenya in Italia. E' opportuno riferirVi che in seguito a quanto accaduto, il 19 agosto 2013 raggiungevo S. E. il Vescovo di Patti, mons. Ignazio Zambito, in quei giorni in ferie a S. Stefano di Quisquina, per metterlo al corrente dei gravi fatti.
Nell'apprendere quanto ho avuto da riferirgli egli si mostrava subito amareggiato e desolato. Ma seppure addolorato, mons. Zambito non aveva esitazioni nell'invitarmi a sporgere immediatamente denuncia alle Forze dell'Ordine, senza esitazioni. In seguito all'incontro con il Vescovo Zambito mi recavo nuovamente dai Carabinieri di Gioiosa Marea per confermare tutto quanto costituiva da parte mia atto doveroso di denuncia.
All'autorità giudiziaria ho chiesto che al provvedimento restrittivo possano seguire l'espulsione di Padre Davide Olusi dall'Ordine religioso cui appartiene, che il prete africano venga riportato allo stato laicale, che dopo avere scontato la pena in carcere vada in Africa come aiuto presso una casa per lebbrosi, che la Congregazione alla quale appartiene rifonda alla Comunità il danno subito.
Chiedo altresì alle autorità competenti che dopo l'arresto Padre Davide sia indotto a confessare a chi ha ceduto gli oggetti sacri trafugati, essendo gli stessi riconoscibili attraverso il repertorio fotografico che io stesso ho nel tempo realizzato allo scopo di tutelarne l'entità costituendo un inventario. Anzi, prima di concludere la mia lettera desidero rivolgermi agli avvocati che svolgono la loro professione a Gioiosa Marea affinché manifestino la propria disponibilità a seguire professionalmente il caso, a difesa della comunità.
Papa Francesco è stato chiaro: “Chi sbaglia paga”. E non vedo ragioni per le quali io debba farmi garante e complice di un impostore. Ma proprio per tale generalizzazione, chiedo che non venga strumentalizzato il fatto che a macchiarsi di un delitto sia un sacerdote. Egli pagherà come chiunque altro, e come chiunque altro va giudicato.
La Chiesa non sia responsabile degli errori di singole persone, nemmeno se consacrate. Malgrado ciò, nel momento in cui ho appreso del fermo di Padre Davide il mio cuore si è stretto in una morsa dalla pena. Ho sofferto per lui e per la sua sofferenza pensando al pentimento e al perdono. Perdono che non può mai mancare, pure quando il fratello sbaglia e si perde.
Intanto, si è appreso che Padre Davide Olusi dall'Italia aveva spedito in Kenya l'ingente somma di 40 mila euro, presumibilmente come ultima tranche del ricavato della vendita del ‘tesoretto sacro' rubato a Gioiosa Marea.
Padre Davide era giunto a Gioiosa Marea attraverso la conoscenza di una suora laica delle Figlie di Sant'Anna, la Congregazione cui appartiene il sacerdote kenyota, proveniente dalla nostra diocesi. Padre Davide si era offerto di venire a Gioiosa Marea a benedire le case e da parte mia aveva ricevuto accoglienza e ospitalità nei locali soprastanti quello in cui è custodita la cassaforte, ivi murata. Alla sua partenza (22 aprile 2013) a Padre David avevo pagato il biglietto di viaggio (andata e ritorno), nonché le spese per il suo trasporto alla stazione ferroviaria di Patti, donandogli pure 100 euro per le piccole spese durante il viaggio e all'arrivo a Roma, più le offerte raccolte durante la benedizione delle case. Ed è col grave gesto compiuto che ha voluto ricompensarci.
Un particolare ringraziamento desidero rivolgerlo al Comandante della Compagnia Carabinieri di Patti Lorenzo Buschittari e ai marescialli della Stazione dei Carabinieri di Gioiosa Marea Santo Fazio e Fabio Cirone per lo zelo, l'acume e il notevole impegno dimostrati nell'avviare e condurre le indagini e quanto utile per addivenire alla scoperta e all'arresto dell'autore del furto sacrilego”.
Questa la lettera del parroco di San Nicola. Tre le considerazioni finali. La prima è che è sicuramente legittima la richiesta di don Darzì di non strumentalizzare il fatto che l'autore del furto sia un sacerdote.
Un ladro è un ladro, indipendentemente dalla professione scelta. Così come, giusto per fare un esempio che non fa riferimento alla vicenda in questione, gli immobili sono immobili e nessuno può essere esentato dal pagare l'ICI o qualunque altra tassa su prime, seconde e terze case che il governo farà pagare ai laici.
La seconda considerazione riguarda il fatto che anche se don Danzì scrive di avere perdonato il sacerdote ladro, chiede che dopo avere espiato la pena in carcere sia mandato a dare una mano in un lebbrosario in Africa. Ecco, vorremmo sapere cosa vorrebbe per i preti pedofili che non rubano gioielli alle statue, ma il futuro ai bambini che molestano e violentano.
Infine vorremmo capire se nella richiesta del superiore della Congregazione di Sant'Anna, che da quanto scrive il parroco di San Nicola avrebbe promesso di incontrare “al suo ritorno a Roma Padre Davide Olusi, per cercare di sistemare bonariamente quanto derivante dal furto dei sacri oggetti preziosi, nel tentativo di evitare scandali e più gravi conseguenze per il sacerdote autore del furto” ci siano estremi di reato come, per esempio, il favoreggiamento. Amen. (Fonte per la lettera di don Danzì www.gioiosani.it)