I conti di Palazzo Zanca inviati in Procura

Palazzo Zanca 20121022 MG 0401“Più che un'ordinanza è una ghigliottina. La Corte dei Conti di Palermo conferma la bontà della linea seguita dal commissario straordinario Croce e dai suoi esperti ed anche quello che io e pochi altri colleghi abbiamo ripetuto in Aula negli ultimi 3 anni”. Così Giuseppe Melazzo, presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Zanca e consigliere Udc.

Intanto l'ordinanza della Corte dei Conti sullo stato delle casse del Comune di Messina finisce anche in Procura. E i magistrati che stanno facendo le pulci alla gestione di Palazzo Zanca non l'hanno inviata solo alla Procura della magistratura contabile regionale, ma anche a quella del Tribunale di Messina. Non è difficile ipotizzare che i magistrati di Palermo, dopo avere esaminato i documenti presentata dal commissario straordinario Luigi Croce, abbiano ravvisato ipotesi di reato e di danno erariale nella gestione delle finanze comunali. Proprio quello che è successo al Comune di Catania, dove sotto accusa sono finiti politici e dirigenti.

Da ieri mattina a Palazzo Zanca tira una brutta aria. Perché il problema non è solo della Giunta Buzzanca, accusata per anni da PD e UDC di finanza creativa, ma anche dei dirigenti che hanno avallato i rendiconti presentati dall'esecutivo e di chi in Aula lo ha votato. “Ci siamo fidati di quello che ci hanno dichiarato i dirigenti” tenta di giustificarsi qualcuno che venderebbe l'anima al diavolo per tornare indietro. Però, visto che c'è anche chi i bilanci non li ha votati (basta dare un'occhiata ai verbali delle sedute del Consiglio) non è detto che al momento di accertare le responsabilità se ne tenga conto.

In ogni caso, ai magistrati della Corte dei Conti sono state sufficienti 25 pagine per tracciare un quadro impietoso delle politiche economico-finanziarie sbandierate come vincenti per 4 anni dalla Giunta guidata dal sindaco Buzzanca e dal suo assessore al Bilancio Orazio Miloro ed avallate dai dirigenti del Comune.

A scorrere l'ordinanza, la sensazione è quella di un disastro su tutta la linea. A partire dai debiti delle partecipate mai inseriti in bilancio (oltre un centinaio di milioni tra Azienda Trasporti, ATOME3 e Messinambiente). Una tesi che molto incautamente i dirigenti del Comune di Messina hanno continuato a sostenere fino a pochi giorni fa, quando sono stati seccamente smentiti in Commissione Bilancio da Nino Dalmazio, esperto per le società partecipate.

Ma nel buco della gestione del Comune di Messina (Croce ha dichiarato ufficialmente che i debiti sono 240 milioni di euro, la Commissione Bilancio diche che hanno fatto male i conti e che sono 259, i bene informati di Palazzo Zanca da oltre un anno dalle colonne del nostro giornale parlano di oltre 320 milioni, mentre i dirigenti, con un'ostinazione degna di ben altra causa, continuano a trincerarsi dietro i 60 milioni di debiti riconosciuti al 31 dicembre 2011) ci sono diverse voci che la Corte dei Conti elenca impietosamente una per una.

“Grave ritardo nell'approvazione del rendiconto di gestione, consistente disavanzo di gestione e disavanzo corrente nel triennio, utilizzo di entrate extra ordinem oltre i limiti legislativamente consentiti, presenza di ingenti debiti fuori bilancio riconosciuti e di debiti in attesa di riconoscimento per importi molto elevati, irregolare utilizzo dei capitoli relativi ai servizi per conto terzi, presenza di contratti derivati con andamento del mark to market negativo (il metodo di valutazione in base al quale il valore di uno strumento o di un contratto finanziario è aggiornato in funzione dei prezzi correnti di mercato, ndr) ed incremento del Fondo per la contrattazione decentrata rispetto all'anno precedente. Bocciati senza pietà anche il piano di alienazione degli immobili, l'incapacità di riscuotere i crediti dovuti (sia tasse che affitti), le anticipazioni di tesoreria (dai 4.729.600,41 del 2008 si è passati ai 193.914.471 del 2011).

A dispetto dei richiami avuti dalla Corte dei Conti negli anni, la Giunta Buzzanca ha presentato delle misure correttive che i magistrati senza troppi giri di parole definiscono “difficilmente valutabili per il loro elevato livello di genericità, o addirittura difficilmente configurabili per il carattere obbligatorio e doveroso dell'attività da porre in essere (per esempio, il recupero di poste creditore di pertinenza dell'ente)”.

Sotto la lente della Corte di Conti di Palermo finiscono l'omissione dei debiti censiti, la sistematica approvazione in ritardo dei documenti contabili che arrivavano in Consiglio sempre fuori tempo massimo, mentre per i debiti fuori bilancio si passa dal 1.592.288,22 euro del 2009 ai 15.862.596,15 del 2011. In pratica, quello che i magistrati palermitani definiscono “un pericoloso trend crescente”.

Ancora una volta stamane il commissario Croce, ha convocato i segretari generali di Cgil Cisl e Uil per presentare loro la relazione della magistratura contabile.

“Con questa deliberazione  -sottolineano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Lillo Oceano, Tonino Genovese e Costantino Amato- la Corte dei Conti ha fotografato in maniera inequivocabile la gravità della condizione contabile del Comune di Messina rilevando gravi ed evidenti squilibri strutturali e gravi criticità gestionali. La Corte, inoltre, non ha ritenuto condivisibile la tesi, sostenuta da alcuni, circa l'irrilevanza dei debiti censiti fino al momento in cui non sono ricondotti   al sistema di bilancio dell'Ente evidenziando come tale approccio ha reso elevato il rischio di dissimulazione della reale esposizione debitoria. È fortemente indicativo l'invio di tale deliberazione alla Procura regionale della Corte dei conti e alla Procura generale della Repubblica di Messina. È pertanto urgente procedere senza tentennamenti ad una puntuale ricognizione sui conti adeguandosi alle prescrizioni della Corte e mettendo in trasparenza la reale situazione dell'Ente così come ripetutamente richiesto da Cgil Cisl e Uil anche in occasione della manifestazione unitaria del 10 . Solo la completa messa in chiaro dell'intera situazione debitoria e la predisposizione di adeguate misure correttive – concludono i tre dirigenti sindacali- ci consentirà di chiedere il necessario sostegno ai governi regionale e nazionale”.

Sulla vicenda è intervento anche il deputato regionale Beppe Picciolo, che in una nota ha dichiarato che si deve “assolutamente evitare un effetto domino che metterebbe all'angolo una quantità di Comuni di piccole, medie o grandi proporzioni che, con le opportune correzioni, hanno ancora la possibilità di rigenerarsi. Questo però, come affermato correttamente dall'on. Zafarana, non vuol dire mettere una pietra sopra alle dissennate politiche clientelari delle precedenti amministrazioni, ma deve invece rappresentare un ulteriore stimolo per il commissario Croce a far emergere a chiare lettere lo scempio degli ultimi decenni in termini di gestioni pseudo-clientelari, soprattutto all'interno delle società partecipate”.

Adesso ci sono 30 giorni di tempo per tentate di salvare il salvabile. Diversamente, si arriverà alla dichiarazione di dissesto e per Messina si aprirà un capitolo ancora peggiore di quello attuale.

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