Comune vs BNL e Dexia: Accorinti porta le carte in Procura
Nel dubbio, meglio andare in Procura. Il pasticciaccio dei contratti di finanza derivata sottoscritti tra il 2003 e il 2007 dal Comune di Messina durante le amministrazioni Buzzanca I e Genovese, secondo l'attuale esecutivo potrebbero produrre un danno per oltre 25 milioni di euro.
E così l'amministrazione comunale ha deciso di portare tutto l'incartamento alla magistratura. Gli addetti ai lavori in realtà parlano di somme dieci volte superiori, ma per il momento ci si ferma alla somma inserita nel Piano di Riequilibrio 2013-2022.
Le cifre sono di quelle che fanno girare la testa. Un primo contratto da 88 milioni con la Banca Nazionale del Lavoro (che a cavallo tra gli anni Novanta e il Terzo Millennio ha vissuto a Messina momenti di grande, inaspettato splendore) e due da 17 e 109 milioni con la belga Dexia Crediop.
Tutti e tre i contratti sono stati revocati in autotutela nel 2009 durante il Buzzanca bis, quando i differenziali diventarono insostenibili e questo generò un contenzioso che ancora è ben lontano dalla conclusione.
A spiegare come stanno le cose durante una conferenza stampa appositamente convocata, il sindaco Renato Accorinti, il vicesindaco Guido Signorino, l'esperto comunale Giuseppe Cannizzaro, uno dei legali del Comune di Messina, l'avvocato Nino Parisi, e il consulente di fiducia di quest'ultimo, Elio conti nibali.
Dopo anni di incertezze e ombre, stamane si è fatta chiarezza grazie alla perizia tecnica redatta da Cannizzaro sui contratti derivati sottoscritti dal Comune di Messina 9 anni fa e che sono stati inseriti nel Piano di Riequilibrio.
“Ringraziamo Cannizzaro per la disponibilità e il senso di responsabilità mostrati nello svolgere il compito affidatogli relativamente alla valutazione della rischiosità sui contratti derivati sottoscritti dal Comune fin dal 28 maggio 2003 –hanno dichiarato Accorinti e Signorino. Gli effetti di tali contratti, in controtendenza ad un iniziale introito per le casse comunali, rappresentano invece un danno economico rilevante che si aggira sui 25 milioni di euro e sono stati inseriti nel Piano di Riequilibrio, in attesa dell'esito del ricorso presentato dalla controparte dopo l'annullamento dei contratti in autotutela.
Come Amministrazione rischiamo di dover pagare una somma così ingente senza avere alcuna responsabilità. E' per questo motivo e ancora di più per tutelare la cittadinanza, che abbiamo consegnato le carte in nostro possesso alla Procura, perché si faccia luce su precedenti responsabilità, qualora ne dovessero emergere. Nessuna vendetta, ma chiediamo giustizia”.
La parola è poi passata all'esperto Cannizzaro, che ha chiarito che “fin dalla data di sottoscrizione del primo contratto nel 2003 il Comune di Messina non aveva alcun rischio relativo a un innalzamento del tasso Euribor perché tutto il suo debito era a tasso fisso. Il cosiddetto rischio tassi è stato invece importato all'interno della sfera giuridica del Comune da questi contratti, che avevano natura essenzialmente speculativa.
Le banche, che svolgevano il ruolo sia di consulente che di controparte, hanno consigliato vere e proprie scommesse, con finalità diametralmente opposte alle funzioni di copertura, uniche ammissibili per un Ente pubblico”.
E nonostante il mercato sia stato a lungo positivo, il Comune di Messina si ritrova ugualmente con un passivo altissimo. Fatto questo, determinato “dallo squilibrio strutturale dell'alea dei contratti, dagli effetti degli up front, dagli enormi aggravi dei costi dovuti alle continue ristrutturazioni intervenute –puntualizza Cannizzaro.
Ma la cosa ancor più grave -ha concluso l'esperto- è che le ultime due maggiori operazioni, quelle sottoscritte a giugno 2007 e presentate dagli istituti di credito come interest rate swap (il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi per un certo periodo di tempo pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti. In questi casi non c'è scambio di capitali, ma solo di flussi relativi al differenziale tra i due interessi, uno fisso e l'altro variabile, ndr) in realtà non possono essere definite tali, in quanto strutturate per produrre flussi negativi per il Comune in qualsiasi scenario ipotizzabile”.