Bocciata la delibera AMAM, è dissesto

Diciotto consiglieri su 23 hanno bocciato il Contratto di con l'AMAM, cinque si sono astenuti. Alla dichiarazione ufficiale di dissesto mancano solo pochi passaggi ufficiali. Come abbiamo annunciato venerdì scorso, la proposta di del commissario straordinario del Comune di Messina Luigi Croce è già pronta e in settimana dovrebbe arrivare in Aula.

Il Contratto è stato bocciato poco prima di mezzanotte e la seduta si è svolta in un'atmosfera inconsueta, quasi che nessuno dei consiglieri presenti avesse o potesse fare diversamente.

Il secondo parere del Collegio di Difesa non è arrivato (il presidente Francesco Marullo di Condojanni ci ha dichiarato alcuni giorni fa che anche se per scrupolo sono stati richiesti ulteriori chiarimenti l'orientamento è quello di ribadire il no) e a quel punto il Consiglio si è espresso.

Un no, quello del Collegio di Difesa, che ha seguito a ruota quello già espresso dal Collegio dei Revisori dei Conti.

Cade così l'impalcatura, peraltro piuttosto fragile, sul quale poggiava il Piano di Rientro decennale predisposto da Croce e dal suo team di consulenti, che prevedeva anche il pagamento di un canone annuo di 15 milioni di euro da parte dell'AMAM per la gestione degli impianti dell'acquedotto, che è di proprietà comunale.

La pietra tombale definitiva la metterà la Corte dei Conti, che sta esaminando la relazione inviata dal ministero relativa alla richiesta di accesso al Fondo di Rotazione, che avrebbe dovuto portare a Messina 50 milioni di euro.

Le elezioni amministrative sono già state indette e anche se ci sarà la dichiarazione di dissesto e a giugno Messina avrà un nuovo  esecutivo, la resa dei conti per chi ha amministrato sarà tra cinque anni, quando arriveranno le dichiarazioni di incandidabilità.

L'accordo tra Comune ed Amam per la gestione dell'acquedotto prevedeva che l'Azienda Meridionale Acque Messina coprisse i costi del servizio integrato. I 15 milioni di euro annui, rappresentavano il corrispettivo del servizio idrico. La somma era stata determinata dagli esperti di Croce, così come si legge nella nota di Zanca, “tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, oltre che di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che fosse assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo i principi del recupero dei costi e del chi inquina paga”.

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