Barbara Balzerani, brigatista mai pentita che si paragona al Che

Sorella LunaBarbara Balzerani ha sessantaquattro anni e quando ne aveva ventisei ha incontrato le Brigate Rosse, diventando dirigente della colonna romana.

Ha partecipato a diversi sequestri e omicidi, compresa la strage di via Fani. Al termine di una lunga latitanza, nel 1985 è arrestata e condannata a sei ergastoli. Sconta venticinque anni di carcere. Oggi è libera. Barbara Balzerani è un'assassina. E benché oggi sia critica rispetto agli eventi e alla storia della lotta armata, non ha mai fatto abiura della propria storia da brigatista.

“Compagna Luna” è il suo quarto libro. Un'autobiografia in cui si intrecciano le sue esperienze personali e infantili con gli accadimenti di una stagione politica feroce e impossibile da dimenticare.

Le pagine di “Compagna Luna” ripercorrono gli eventi esistenziali della Balzerani attraverso uno stile narrativo permeato da un'analisi lucida e asciutta della storia stragista.

“Quando ho scelto di fare la lotta armata -racconta senza troppa emozione- la mia paura più grande non era quella di poter finire ammazzata, ma di dover premere un grilletto. Credevo in quello che facevo e mi mettevo in pace con me stessa, raccontandomi che stavo combattendo una guerra per annullare tutte le guerre”.

Nel 1998, alla prima edizione del libro, Antonio Tabucchi scrisse sulla terza pagina del Corriere della Sera, parole al vetriolo contro chi definiva la Balzerani scrittrice, non riconoscendole, per il suo curriculum da belva, alcun diritto di parola. Al contrario, Domenico Starnone, appronta un giudizio meramente letterario dell'opera, con encomi scevri da qualunque imperativo morale e giudizio di valore etico.

Barbara Balzerani non rinnega nulla del suo passato. “D'altronde -sottolinea- anche Che Guevara non si può considerare un pacifista, eppure è su tutte le magliette”. Rivendica però il diritto all'esistenza, che per lei coincide con il diritto alla parola.

“Compagna Luna” è, in parte, una narrazione storica. Scritta da una testimone che, proprio perché protagonista di quegli anni, oggi vorrebbe esserne la critica più obiettiva e razionale. E' possibile (leggi, giusto) considerare la Balzerani come autrice di un libro? E' indispensabile marchiarla solo come mostro per tutte le vittime di cui è responsabile?

Dove sta il confine tra diritto di parola e negazione della libertà d'espressione? Chi è tacciabile di silenzio? Si può far coesistere la dicotomia autrice/omicida o una cosa esclude l'altra? Io, personalmente e intimamente, non sono riuscita a darmi risposte.

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La brava e attenta Simona Piraino non riesce a darsi una risposta, io invece sì. Ho 45 anni e pochissime certezze. Una di queste è che i brigatisti sono degli assassini che hanno devastato un Paese, che hanno servito su un piatto d'argento a una parte deviata dello Stato le opportunità necessarie per dare vita alla cosiddetta “strategia della tensione”. Quando poi si arriva, come nel caso della Balzerani, a fare paragoni con Che Guevara, il disprezzo diventa disgusto.

Disgusto per chi ha ucciso senza pietà e a sangue freddo e non si è mai pentito. E non parliamo di uomini di potere (atto in ogni caso ingiustificato) ma di persone appartenenti a quel popolo che i brigatisti dicevano di voler difendere.

Disgusto per chi chiede di parlare quando gli uomini che ha ucciso non possono più farlo. Disgusto per un Paese dove un Rom che ruba un braccialetto da 20 euro si fa sei mesi e un'assassina è libera dopo 25 anni.

Balzerani dice che per lei il diritto di esistere coincide con il diritto di parlare. Peccato però che le persone che lei ha ucciso in nome di un ideale folle, che mentre sublimava il suo ego e quello dei suoi compagni ha creato ferite profonde ancora ben lontane dall'essersi rimarginate, una voce non l'abbiano più.

Facciamo così: i brigatisti potranno parlare quando lo potranno fare anche le loro vittime. Fino a quel momento, la smettano di fare gli intellettuali che ti spiegano cos'è la vita e scelgano un dignitoso silenzio. Per chi come la Balzerani è stato condannato a sei ergastoli e ha scontato solo 25 anni, è pure troppo.

Elisabetta Raffa

Direttore Messina.Sicilians.it

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