#Messina. Libertà di stampa e ansia da querela
Il sonno della ragione genera mostri. Mai titolo di un'opera di Goya fu più profetico. E uno dei mostri potrebbe essere la mancanza di senso dell'umorismo, accompagnata da una buona dose di autoreferenzialità, che spinge a minacciare di querela chiunque si opponga al Verbo. Non quello neotestamentario, ovviamente, ma quello accorintiano.
Ancora una volta l'amministrazione Accorinti dimostra insofferenza verso tutto ciò che non le è gradito. Altri colleghi ci sono già passati e adesso tocca a noi di Sicilians.
Avere ironizzato sull'assessore Panarello, sulle sue rare apparizioni in pubblico e sulla sua presenza alla cerimonia per la Festa della Liberazione lo scorso 25 aprile deve avere toccato corde dell'esecutivo a noi nascoste se, come ci informano oggi dall'ufficio stampa del Comune di Messina “l'Amministrazione sta valutando se la grave offensività delle affermazioni contenute nella nota, che appaiono travalicare i legittimi confini del diritto di critica, sia meritevole di tutela in sede giudiziaria”.
Il tutto a chiusura di una lettera (scritta su carta priva di qualsiasi intestazione e senza alcuna firma in calce, ma l'abbiamo presa per buona visto l'indirizzo dal quale ci è arrivata) in cui il sindaco Renato Accorinti definisce un articolo dichiaratamente satirico “quel commento giornalistico, alquanto lesivo della dignità e della professionalità di un esponente della giunta municipale, che mi onoro di rappresentare. Io e gli otto assessori lavoriamo in assoluta e perfetta sinergia per il bene della Città e mai come questa volta la costruzione dell'Esecutivo è stata figlia di scelte libere individuali e non di spartizioni politiche. L'invito quindi è quello ad utilizzare la massima correttezza nell'esprimere giudizi e sui contenuti degli stessi”.
Ora, nessuno pretende che il sindaco, gli assessori e i loro sodali ricordino al volo chi è Cosimo Piovasco di Rondò e perché guardi dall'albero Messina o l'ovvia relazione con Calvino e Le città invisibili, ci mancherebbe.
Ma resta il fatto che ancora una volta in questa città si attacca la libertà di stampa, che consiste non solo nel riportare i fatti o nell'esprimere opinioni quando il ruolo lo consente, ma anche nel pubblicare articoli ironici e dissacranti.
Minacciare querele è da sempre un segno di debolezza. Querelare, nel caso si arrivasse a tanto, chi in maniera costante analizza comportamenti e decisioni dai quali l'amministrazione Accorinti non ne esce troppo bene (e non sicuramente per volontà di Sicilians o delle altre testate, locali e non, che seguono le vicende di Palazzo Zanca) riportando di volta in volta con correttezza ciò che succede solo perché quello che si legge non piace, è ancora peggio.
Attaccarsi a sviste (ebbene sì, oggi è stata attribuita a un assessore la delega di un altro: una volta ti obbligavano a imparare a memoria le tabelline, oggi le deleghe della Giunta Accorinti) perdendo di vista il tessuto complessivo di un articolo, che dall'errore non è comunque compromesso, è roba da asilo Mariuccia.
In ogni caso, nel Decreto Sindacale n° 3 del 26 gennaio 2015 la delega al Decentramento è attribuita sia a Tonino Perna che a Patrizia Panarello e quindi : “Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello” (Luca 6, 41-42).
Nel 2012 siamo stati querelati da una persona dell'entourage dell'ex sindaco Buzzanca per avere scritto la verità basandoci su dati e documenti ufficiali. Si pensava che con il new deal di Accorinti, paladino della libertà propria e altrui, almeno fino a quando non ha salito scalzo le scale di Palazzo Zanca, cose del genere non sarebbero più accadute.
Invece sì. Succedono ancora e persino più spesso. Perché quellichecisonoadesso sono identici a quellichec'eranoprima. Qualche cravatta in meno, magari un paio di congiuntivi corretti in più, ma la sostanza è sempre la medesima.