San Placido ed il pozzo miracoloso
Incastonato tra due centralissime strade cittadine, cerca di sopravvivere a Messina, un luogo che trasuda storia, leggenda e misticismo, nonostante la maggior parte dei cittadini ne conosca a malapena l'esistenza. Stiamo parlando di quel che resta della Chiesa di San Giovanni di Malta, distrutta e riedificata più volte, fino allo scempio del 1908, quando la maggior parte del suo corpus fu fatto saltare con la dinamite per far spazio al Palazzo del Governo ed alla Questura. Sito tra la via Placida e l'omonima via San Giovanni di Malta, l'edificio sacro fu teatro, a pochi anni dalla sua fondazione, di uno degli episodi più efferati della storia della nostra città.
Il monaco benedettino Placido (il futuro San Placido martire), figlio del senatore romano Tertullo Flavio e della nobildonna messinese Faustina, nel 535 d.C. fondò un monastero, precisamente dove sorge adesso la Prefettura della nostra città, dedicandolo a San Giovanni Battista. All'epoca il plesso sacro si trovava al di fuori delle inespugnabili mura cittadine e, com'è ovvio, era più esposto ad eventuali attacchi e razzie. Infatti, nel febbraio del 541, un'orda di pirati saraceni, provenienti dalla costa tunisina, attaccò furiosamente la cinta muraria messinese e, vistasi respinta dall'efficiente guarnigione della città dello Stretto, si accanì contro tutti gli edifici eretti fuori dalla cittadella fortificata.
Tra questi ultimi, il monastero di San Placido fu uno dei bersagli più devastati. Le fonti parlano di ben “sedicimila ed ottocento barbari” che si riversarono per il contado messinese, anche se, ad onor di cronaca, il numero sembra troppo alto trattandosi di una banda di pirati, seppur organizzati come quelli arabi. Di sicuro, come ci racconta Caio Domenico Gallo, buona parte degli aggressori si riversò contro il convento e “rompendo le porte del monastero, posero in ceppi e catene i santi monaci, e con essi Placido, i suoi due fratelli e la castissima sorella, che costanti nella confessione della santa fede di Gesù Cristo, tormentati in varie guise, furono tutti fatti morire…Dopo che i barbari saraceni, col loro conduttore Mammucca, fecero tale strage, vedendo che i cittadini si erano posti in armi alla difesa e che la bellicosa città di Messina superar non potevano, diedero le vele al vento per passare alla desolazione di Reggio. Ma ben tosto pagarono il fio di loro empietà, imperciocché appena allontanati dal lido messinese, vennero ingoiati dalle onde per una fiera tempesta, che li fece tutti intieramente sommergere”.
Placido ed i suoi congiunti furono torturati per ore dai saraceni, che cercavano di convertirli all'islam. Constatata la sua inflessibilità verso l'abiura della fede cristiana, strapparono la lingua al monaco benedettino e lo uccisero, insieme ai suoi fratelli. Papa Virgilio, conosciuta la vicenda, canonizzò Placido ed i suoi fratelli Eutichio, Vittore e Flavia ed ordinò la ricostruzione del monastero voluto dal monaco, ridotto ad un cumulo di rovine dall'assalto saraceno.
In realtà, con i numerosi vuoti di potere creati dai governi bizantini e con l'arrivo degli arabi in Sicilia, la ricostruzione non avvenne prima del 1089 quando i Normanni, affidarono il sito ai Cavalieri di San Giovanni Gerosolimitano, meglio conosciuti come Cavalieri di Malta. Grazie all'opera degli opulenti monaci-guerrieri, sorse una splendido luogo di culto, che prese il nome che conserva tutt'oggi, quello di San Giovanni di Malta, appunto. Ma l'importantissimo sito fu conosciuto da tutto l'occidente cristiano quando, nel 1588, durante alcuni lavori di restauro, riconsegnò a Messina i corpi di San Placido, dei suoi fratelli e di altri 33 martiri uccisi dai pirati mille anni prima, dai quali sgorgò immediatamente, come ci ricorda il Gallo, “dolce e copioso fonte d'acqua meravigliosa, per mezzo della quale Dio si compiacque operare infiniti ed ammirevoli guarigioni, anche di disperati ostinatissimi malori”.
Dopo questa miracolosa apparizione, la Chiesa divenne una delle più importanti della città, e mantenne il suo ruolo fino al 1908 (fu parzialmente ricostruita dopo i danni del sisma del 1783), quando, limitatamente danneggiata dal grande sisma, fu distrutta volontariamente dalla dinamite e dalla speculazione edilizia per far posto alla Prefettura ed alla Questura. Di questa meravigliosa e derelitta memoria della città rimangono due altari, il pozzo miracoloso di San Placido, tre lapidi commemorative delle varie riedificazioni ed un piccolo museo con le reliquie del santo e degli altri martiri, curato da alcuni volontari. Un altro pezzo della storia di Messina snobbato dalla nostra amministrazione e dall'indifferenza dei cittadini.