Ponte o non Ponte, il Gruppo FS se ne va comunque

minuettfsTagli al personale, peggioramento della qualità del servizio e buoni affari per i privati. Ciò che va in scena sullo Stretto di Messina non è molto diverso da quanto succede a Taranto con la siderurgia e ovunque siano stati smantellati settori strategici dell'economia.

Intanto, in attesa di sapere quali saranno le decisioni definitive in materia di , una città come Messina, dove l'unica cosa che si moltiplica è il numero dei disoccupati e dei precari, rischia concretamente di finire sotto nuove colate di cemento utili solo a chi le realizza.Risale alla settimana scorsa la denuncia del sindacato Orsa riguardo alla prossima chiusura dell'Officina Grandi Riparazioni delle Ferrovie dello Stato.

Lo stabilimento di Gazzi, uno dei più importanti impianti industriali di Rete Ferroviaria Italiana in Sicilia, è infatti destinato allo smantellamento dal Piano Industriale 2012 -2014 presentato dall'azienda di trasporti lo scorso 14 novembre.

“Insieme all'Officina -scrivono Michele Barresi e Maurizio Riposo, rispettivamente responsabile Trasporti e segretario Ferrovie del sindacato di base- saranno chiusi entro il 31 dicembre 2014 i centri direzionali che gestiscono il personale viaggiante e di macchina del trasporto merci e passeggeri attribuendo le specifiche attività alle sedi del capoluogo palermitano, che diverrebbe l'unico centro di comando per Trenitalia nell'Isola, a scapito della funzionalità del servizio ferroviario e con gravi ricadute occupazionali e professionali per la città di Messina” .

Le aree dove attualmente sorge l'Officina Grandi Riparazioni saranno invece restituite al Comune di Messina, che dovrebbe utilizzarle per la realizzazione di opere compensative e connesse alla costruzione del Ponte sullo Stretto.

I piani di ridimensionamento della presenza di Trenitalia a Messina e la conseguente dismissione di impianti e immobili proseguono dunque senza ostacoli rilevanti e assumono, con il passare dei mesi, contorni sempre più chiari e inquietanti.

A farne le spese, finora, è stato soprattutto il settore della navigazione. L'attraversamento dello Stretto di Messina, ma lo stesso può dirsi per i collegamenti tra la Sardegna e la penisola, non è più ritenuto dall'holding Ferrovie dello Stato e dalle sue controllate un settore strategico.

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Michele Barresi, responsabile Trasporti Orsa

Rete Ferroviaria Italiana ha preferito in questo decennio tenersi stretto il 13% del pacchetto azionario della società Stretto di Messina, la concessionaria del fin troppo noto futuribile attraversamento stabile, e colpire con una pesante ristrutturazione il proprio settore navigazione.

“La dismissione dello Stretto di Messina si colloca all'interno di un più complessivo abbandono del sud da parte della holding Ferrovie dello Stato -racconta a Messina.Sicilians.it  Sebastiano Pino, ufficiale con parecchi anni di servizio e sindacalista della navigazione. I piani che si stanno attuando per riportare in attivo i bilanci della società comportano parecchi sacrifici, in particolar modo per il Meridione d'Italia, da Salerno in giù. Il traffico merci su rotaia è stato ampiamente scoraggiato -prosegue Pino. Nonostante gli investimenti nella modernizzazione delle infrastrutture, la divisione Cargo di Trenitalia (trasporto merci) continua a subire ridimensionamenti a differenza della passeggeri, tenuta in piedi dall'alta velocità che ormai è in competizione con il trasporto aereo.”

Rfi traghetta lungo le rotte dello Stretto appena cinque treni passeggeri (quelli sopravvissuti al taglio delle lunghe percorrenze) e una decina di treni merci al giorno per un totale di quindici corse andata e ritorno. Il servizio è espletato da due navi , di cui una utilizzata solo per mezza giornata.

Questa situazione sta comportando pesanti sacrifici occupazionali e la privatizzazione dell'unico settore in grado di produrre reddito. Il traghettamento del gommato pesante e leggero.

Da dello scorso anno è attiva una nuova controllata del Gruppo FS, la Bluferries srl, per ottemperare alle direttive europee che impongono la separazione fra i servizi di interesse generale e i servizi aperti al mercato di libera concorrenza. Questa società ha ereditato dalle Ferrovie dello Stato un cospicuo patrimonio fatto di navi, quote azionarie del Consorzio Metromare (che si occupa del trasporto dei pendolari sui mezzi veloci) e, soprattutto, immobili di notevole valore.

“E' una cessione di ramo d'azienda -spiega ancora il comandante Pino. Pensata con la filosofia delle new co”.

La Bluferries è oggi proprietaria della palazzina che ospita l'Ufficio Navigazione di Messina, della Stazione Marittima di Reggio Calabria, recentemente restaurata, del fabbricato principale e della biglietteria. Risultano parte delle sue proprietà anche i parcheggi della stazione marittima di Villa , la palazzina degli uffici e il magazzino della Stazione di Messina, anch'essi appena restaurati.

“Non sappiamo -osserva  il comandante Pino- quanto guadagnerebbe un eventuale nuovo acquirente privato di questi immobili. Certo è che il loro valore stimato supera di gran lunga il capitale sociale di Bluferries. Siamo di fronte ad una dismissione pura e semplice di patrimonio pubblico”.

La new co del traghettamento ha assorbito inoltre 82 marittimi di Rfi. Si tratta di personale garantito dal contratto collettivo nazionale dei ferrovieri fin alla sua scadenza. “In base ad un accordo firmato da tutte le sigle sindacali che operano nello stretto -ci racconta Pino- il mantenimento di tutti i diritti acquisiti, sia sul piano economico quanto su quello normativo, è garantito attraverso la figura del distacco temporaneo (fino a due anni) presso la nuova società”.

Sebastiano Pino
Sebastiano Pino, segretario Sasmant (foto Corrado Speziale)

Ben diverso è il trattamento riservato invece ai nuovi assunti, ai quali si sta applicando il contratto dei marittimi di navi passeggeri superiori alle 151 tonnellate. I requisiti previsti per le selezioni sono stati molto severi, con la conseguenza, tra l'altro, di escludere quasi tutti i precari storici dello Stretto di Messina ed hanno portato all'assunzione di meno personale rispetto al fabbisogno previsto. Si mormora di antichi sistemi e di assunzioni clientelari. “Quel che è certo -conclude il sindacalista- è che non c'è stato alcun bando ad evidenza pubblica. Nessuna selezione con criteri trasparenti e verificabili”.

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