Palazzine a Montalto, due nuovi ricorsi al Tar
La Sigari Costruzioni ci riprova e presenta altri due ricorsi al Tar. Nonostante il Tribunale Amministrativo Regionale di Catania abbia dichiarato “improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo del giudizio” contro la decisione del Genio Civile di sospendere ogni cosa ed abbia rinviato tutto all'udienza del 17 gennaio prossimo la società, che ha presentato un progetto per realizzare due palazzine di 6 e 2 piani sotto il belvedere della chiesa di Montalto, ha deciso di andare avanti.
I ricorsi sono ovviamente molto tecnici e riportarli per intero non ha senso. La sintesi è che la società contesta le osservazioni che le sono state mosse sostenendo, tra l'altro, che l'area nella quale intende costruire non rientra nel Piano per l'Assetto idrogeologico e che non c'è alcun vincolo idrogeologico.
Il progetto è stato presentato il 26 ottobre del 2010 ed ha suscitato immediatamente numerose polemiche. Pensare di costruire in una zona come quella della via Dina e Clarenza a densissima urbanizzazione, con una viabilità assolutamente insufficiente e su una collina che è uno dei pochissimi polmoni verdi rimasti in zona dopo la devastazione all'inizio degli anni Settanta messa in atto per realizzare il Palazzetto dello Sport ha fatto gridare allo scandalo.
Soprattutto perché proprietari dell'area sono i Padri Rogazionisti, che per vocazione naturale e missione dovrebbero preoccuparsi di tutto tranne che di speculazioni edilizie.
“Poi, quando si commemorano i morti delle alluvioni -sbotta l'Ingegnere Capo del Genio Civile Gaetano Sciacca- preti e arcivescovi sono in prima fila a dire che bisogna assumersi le responsabilità e che chi ha sbagliato deve pagare. E allora come possono dei preti anche soltanto pensare di costruire in una zona a rischio? Dove rischio significa che le persone possono morire. E riguardo al fatto che queste zone non sono sottoposte a vincolo, ribadisco quello che ho già detto per altre aree che presentano la stessa tipologia di problemi, come il Torrente Trapani: il fatto che fino ad oggi non siano state a rischio, non vuol dire che non lo siano o che non lo possano diventare. E allora, meglio dire un no oggi, anche a costo di farmi dei nemici, piuttosto che piangere dei morti domani”.
Una posizione, quella di Sciacca, confermata negli anni. Non a caso, in una lettera inviata il 31 maggio dell'anno scorso alla Sigari Costruzioni, all'ex sindaco Buzzanca e al direttore del Dipartimento Attività Edilizie del Comune di Messina, Sciacca ha detto molto chiaramente che “le esigenze di tutela del territorio impongono anche per i connessi riflessi di tale attività sulla tutela dell'incolumità e della sicurezza pubblica, un'attenta valutazione di tutti i fattori di rischio derivanti dal particolare contesto urbanistico di riferimento quale quello del Comune di Messina, interessato da noti fenomeni di dissesto idrogeologico”.
E per non lasciare nulla di intentato, Sciacca chiese non solo un atto scritto del direttore del Dipartimento Attività Edilizie rispetto all'idoneità della zona a sopportare un ulteriore carico urbanista e a certificare la possibilità di costruire senza rischi, ma sottolineò che la lettera era indirizzata anche all'allora sindaco Giuseppe Buzzanca “in quanto responsabile della salvaguardia della pubblica e privata incolumità”.
Per molto tempo il Comune ha ignorato le lettere con le quali il Genio Civile tempestava i dipartimenti interessati chiedendo che si esprimessero con chiarezza. L'amministrazione nicchiava nascondendosi dietro un PRG già superato quando è stato approvato. Finalmente, a marzo di quest'anno è arrivato lo stop anche da palazzo zanca, che ha annullato la concessione.
“Quando ci presentano un progetto -spiega Sciacca- non possiamo dare un parere senza tenere conto del contesto. Può anche essere il progetto migliore del mondo, ma se la zona è a rischio dissesto, se la viabilità è assolutamente insufficiente e non c'è una sola condizione logica che consenta di costruire, non possiamo non esprimere un parere negativo. Vorrei ribadire che quando bocciamo un progetto non è per un capriccio o per il piacere di bloccare l'attività delle imprese, ma perché ci sono dei rischi reali per l'incolumità delle persone”.
Intanto la palla adesso passa di nuovo al Tar. Ma lasciare che il destino delle aree da tutelare e preservare risieda solo nelle mani della magistratura amministrativa può essere molto pericoloso e potrebbe riservare sorprese non sempre piacevoli.