La Croce Rossa e Messina
Quando si parla di Croce Rossa, il pensiero va immediatamente alla Svizzera e al suo fondatore Jean Henry Dunant, che nel 1863 creò il Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti insieme al generale Henry Dufour, ai medici Luis Appia e Theodore Maunoir ed al giurista Gustave Moynier. A spingerli fu la carneficina provocata dalla sanguinosa battaglia di Solferino del 24 giugno 1859 e l'inefficienza assoluta dei soccorsi portati ai 10 mila militari feriti dei due schieramenti, quello austriaco e quello franco-piemontese. A terra, rimasero 29 mila uomini.
Ma prima ancora che quel terribile episodio del Risorgimento italiano si verificasse, molti anni prima, nel 1848, a Messina si gettò il germe che poi fu all'origine dell'istituzione dell'organismo internazionale di soccorso. Durante i moti del '48 ci fu un medico campano, Ferdinando Palasciano, che pur essendo anche un militare sfidò le consuetudini dell'epoca e le minacce del generale Filangieri per fornire assistenza pure agli insorti. Nonostante rischiasse la fucilazione, Palasciano dichiarò a quest'ultimo che “il mio dovere di medico è più importante del mio dovere di soldato e i feriti, a qualsiasi esercito appartengano, sono per me sacri e non possono essere considerati come nemici”.
Ferdinando II di Borbone gli concesse la grazia salvandolo dalla fucilazione e lo condannò ad un anno di carcere, che scontò a Reggio Calabria. Ma quell'esperienza segnò per sempre Palasciano, che ne parlò molti anno dopo, nel 1861, al congresso Internazionale dell'Accademia Pontoniana di Napoli. Il suo intervento suscitò molto clamore, fu diffuso in tutta l'Europa e fu alla base della Convenzione di Ginevra del 1864 dalla quale nacque poi la Croce Rossa Internazionale.
“Bisognerebbe che tutte le Potenze belligeranti, nella Dichiarazione di guerra, riconoscessero reciprocamente il principio di neutralità dei combattenti feriti per tutto il tempo della loro cura e che adottassero rispettivamente quello dell'aumento illimitato del personale sanitario durante tutto il tempo della guerra”. Ferdinando Palasciano