Terremoto1908. Messina e l’Eldorado già finito all’inizio del XX secolo
MESSINA. L'abolizione del porto franco, l'acuta depressione dell'economia internazionale, la crisi politica con i clericomoderati alla guida della cosa pubblica, trasformano profondamente la città che già in precedenza, nel XVIII secolo, aveva dovuto affrontare i segni della rivolta antispagnola. Secondo lo storico Giovanni Molonia ”All'inizio del Novecento Messina era una città che stava pian piano attuando un processo involutivo il terremoto ha solo accelerato i tempi”. Quasi come in un circolo vizioso, nel corso dei secoli Messina aveva subito terremoti e alluvioni che l'avevano corrosa pian piano e il ‘900 la consegnava a un destino che la vedeva come un capoluogo ormai offuscato dall'industrializzazione della vicina Catania.
Ma la vita cittadina continuava a movimentare le vie, le piazze e i teatri locali. Con i suoi 705 studenti l'Università, che nel 1885 era stata paragonata a quelle più importanti del resto del Paese, conosce illustri e prestigiosi docenti tra cui Pascoli e Salvemini. E quest'ultimo, proprio a causa del terremoto perderà tutta la famiglia. Le scuole primarie e secondarie, tra private come quella dei gesuiti, e pubbliche, coprono l'intero territorio cittadino.
Attivi anche i collegi come il Cassibile-Scoppa, che si proponeva d'impartire oltre a un'istruzione letteraria anche un'educazione civile, morale e religiosa. E poi i centri e le istituzioni culturali che fanno da cornice all'ambiente colto, la Biblioteca universitaria, l'Accademia Peloritana dei Pericolanti, il Gabinetto di Lettura, il Museo Civico diretto da Gaetano La Corte Cailler fondatore della società Messinese di Storia Patria e i numerosi circoli professionali, artistici, culturali, sportivi e teatrali. La scuola d'arte e scultura organizzava numerose mostre e la pittura, conclusa quella celebrativa, volgeva il suo sguardo alle nuove correnti che prendevano piede.
Lo stesso teatro Vittorio Emanuele che la sera del 27 dicembre 1908 aveva dato l'Aida (non una prima ma una delle tante rappresentazioni previste in cartellone), aveva già inaugurato la stagione con Madama Butterfly, ospitando le compagnie teatrali di tutta Italia. “Ieri come oggi –racconta ancora Molonia- c'erano tutti gli artisti ospitati negli hotel più prestigiosi, che davano la loro vista sia sul mare che sulla città”.
La presenza di più di 20 consolati esteri nel 1875 e di quasi 30 ai primi del Novecento dava una sfumatura cosmopolita alla città, che annoverava tra le sue caratteristiche l'apertura alle innovazioni continentali.
Olandesi e tedeschi popolavano le imprese cittadine e ”molti mercanti inglesi, che avevano messo salde radici a Messina nel cosiddetto decennio inglese 1806-1815 avevano i loro discendenti ancora attivi all'inizio del Novecento come imprenditori -spiega Michela D'Angelo, docente di storia moderna all'Università di Messina“.
Impossibile non citare i Sanderson. Famiglia inglese arrivata a Messina nei primi decenni dell'Ottocento, che grazie al capostipite William diede un impulso straordinario all'industria agroalimentare, che durò fino a quando i suoi discendenti non decisero di lasciare la città per trasferirsi in Sudamerica.
La città vantava un ceto borghese molto illuminato e variegato che portava con sé tradizioni e religioni dai paesi di provenienza e una cultura popolare che non aveva nulla da invidiare a quella locale. Valdesi, anglicani e luterani erano una presenza importante. In particolare la comunità protestante aveva contribuito ad arricchire le tradizioni messinesi importando la novità dell'albero di Natale.
E dall'altra parte, anche durante il clima natalizio, l'identità messinese si scorgeva in ogni angolo. Le vie erano addobbate con decorazioni e piante floreali e per tradizione c'era la creazione di strutture in legno (a cona, in dialetto), all'interno delle quali si deponevano i bambinelli di cera decorati e rivestiti con piante, frutti e quant'altro potesse abbellire il presepe.
Il 27 dicembre 1908 era domenica, giorno sinonimo di svago. I messinesi aspettavano il nuovo anno e si preparavano all'evento. Chi sarebbe andato a vedere l'Aida, chi invece sarebbe rimasto a casa con i propri cari, e chi, come i molti docenti fuori sede, era rientrato a casa per il Natale. “Il Marchesino”, il settimanale dei pettegolezzi sì, ma di classe, augurava i buoni auspici per il nuovo anno affinché fosse migliore. Dopo il disastro la città rinascerà, ma il terremoto, oltre a devastarla, distrusse anche la sua identità, che rimarrà sepolta sotto le macerie.