Al Vittorio Emanuele di Messina uno strepitoso Giuseppe Pambieri ne “Le intellettuali”
MESSINA. Ricordano molto i radical chic 2.0 i protagonisti de “Le intellettuali” di Molière in scena al teatro Vittorio Emanuele fino a domenica, protagonisti Giuseppe e Micol Pambieri e Giorgio Lupano, che inaugura la nuova stagione teatrale. Pseudointellettuali che mentre negano il valore di un amore sincero e senza conflitti e il desiderio di una vita serena, in realtà li bramano, pur negandolo anche con se stessi, nascondendosi dietro banali luoghi comuni e continue citazioni letterarie delle quali forse non hanno neanche compreso appieno il senso.
Si rodono il fegato in silenzio e cercano di distruggere la felicità di tutti, compresa la propria. Prova ne sia che Philaminte (bene interpretata da Micol Pambieri) tormenta il marito, l'onesto borghese Chrysale (uno strepitoso Giuseppe Pambieri) rimproverandogli il suo prendersi cura della famiglia invece di elevare lo spirito verso altezze culturali irraggiungibili per la gente comune. Salvo poi essere capace di bassezze incredibili, come quando Philaminte licenzia la cameriera colpevole di non esprimersi con sufficiente eleganza.
Intorno a questa coppia ruotano le figlie Armande (Isabella Giacobbe) ed Henriette (Roberta Catanese), l'innamorato di quest'ultima Clitandre (Eugenio Papalia), i cognati Ariste (Davide Sbrogiò) e Bélise (Roberta Gallo), lo squallido pseudointellettuale Trissotin (perfettamente reso da Giorgio Lupano), Vadius (un altro poeta da strapazzo interpretato da Santo Santonocito), il lacché (Gabriele Casablanca) e la serva Martine (Margherita Frisone).
Un cast abbastanza equilibrato quello di questa produzione dell'Ente Teatro di Messina e del T.D.C. Teatro della Città, nel quale hanno spiccano Giuseppe Pambieri e Giorgio Lupano e hanno offerto delle buone e solide prove Micol Pambieri, Roberta Gallo e Davide Sbrogiò. Sono loro quelli che hanno sofferto meno per una regia, quella di Giovanni Anfuso (peraltro neodirettore artistico della sezione Prosa del Vittorio Emanuele), troppo spesso sopra le righe al punto da risultare eccessiva e molto distante da quel mondo borghese del quale Molière ha così sapientemente descritto i molti vizi e le poche virtù. Altro neo dello spettacolo l'estrema lunghezza, quasi tre ore, che lo ha inutilmente appesantito a discapito del risultato complessivo.