Papardo, il braccio di ferro tra il direttore del Trasfusionale e i vertici arriva in Procura
![G-Falliti G Falliti](https://i0.wp.com/sicilians.it/wp-content/uploads/2011/04/G-Falliti-150x150.jpg?resize=150%2C150)
L'appello alla città per incentivare le donazioni di sangue finisce in Procura. Sul banco degli imputati il primario del servizio di Medicina Trasfusionale del Papardo-Piemonte Giuseppe Falliti colpevole, secondo gli alti papaveri dell'assessorato regionale alla Sanità, di avere trasgredito le regole sulla comunicazione. Il suo appello pubblico per rimpinguare le scorte di sangue dell'Azienda Ospedaliera mentre le sale operatorie rischiavano il blocco totale proprio a causa della carenza di sangue, non avrebbe infatti seguito i canali ufficiali previsti dalle strutture pubbliche.
Nonostante l'apatia storica dei messinesi la città ha risposto alla richiesta e in tre giorni si sono presentati nei centri di raccolta del nosocomio decine di volontari. Evidentemente tanto entusiasmo non è piaciuto a Palermo, visto che l'assessore alla Sanità Massimo Russo ha inviato una lettera al direttore generale dell'Azienda Papardo-Piemonte Armando Caruso chiedendo chiarimenti rispetto a quanto emerso durante un'ispezione-lampo del responsabile regionale del Servizio Trasfusioni, Attilio Mele, zio acquisito del componente dell'esecutivo Lombardo. Per conoscenza la lettera è stata inviata anche alla Procura di Messina, perché accerti se nell'appello di Falliti ci sono estremi di reato. Secondo quanto emerge da una nota diramata due settimane fa dalla direzione generale il primario, anche se non è citato direttamente, è chiamato in causa rispetto “all'allarmismo determinato dalle comunicazioni, peraltro non autorizzate” e i vertici ci tengono a sottolineare che hanno “avviato indagine interna per evitare che tali dichiarazioni unilaterali possano generare allarmismi ingiustificati nella popolazione”.
Allarmismo o no, il risultato di questo braccio di ferro è che dopo il comunicato stampa con il quale la direzione generale ha dichiarato che “i centri trasfusionali regionali contattati hanno già provveduto ad inviare oltre 90 sacche che consentono di affrontare lo svolgimento delle attività trasfusionali e che in caso di necessità l'Azienda provvederà con solerzia ad attivare tutti i canali per far pervenire le sacche di sangue necessarie” le scorte sono di nuovo sotto il livello di guardia, anche perché il Papardo rifornisce la maggior parte delle cliniche private della città. Che l'emergenza sia ancora ben lontana dal potersi ritenere conclusa è sotto gli occhi di tutti. Anche perché, secondo il Piano Regionale Sangue redatto dallo stesso Mele, per l'intera provincia sono comunque necessarie 26.498 sacche di sangue l'anno, attualmente però se ne raccolgono solo 12.577: meno della metà. E che da due settimane le sale operatorie vadano a scartamento ridotto proprio per la carenza di sangue non è un mistero per nessuno. A confermarlo non ci sono solo le circolari inviate nei vari reparti di chirurgia, perché basta fare un giro per l'ospedale e parlare con i parenti di chi è in attesa di essere sottoposto ad un intervento.
Ma non è questo l'unico aspetto singolare della vicenda esplosa il 26 agosto scorso. Stando a quanto si sussurra nei corridoi del nosocomio, pare che l'ispezione di Mele, ufficialmente scattata dopo l'appello del primario, fosse stata preannunciata in più occasioni da qualcuno del personale. Come a dire: cronaca di un'ispezione annunciata. E sempre i rumor del Papardo (nonostante sia stato contattato telefonicamente nei giorni scorsi il direttore generale Caruso non dà segni di vita, Falliti non rilascia alcuna dichiarazione sulla vicenda e l'intero reparto non apre bocca e va avanti stringendo i denti) sostengono che durante l'ispezione il reparto di Medicina Trasfusionale non sia stato battuto palmo a palmo come di solito avviene in questi casi, ma che il blitz si sia limitato ad alcuni locali.
Intanto proprio ieri mattina la direzione medica dell'Azienda Ospedaliera, recentemente affidata a Francesca Parrinello, ha dato mandato agli ingegneri del nosocomio di adeguare le strutture del reparto finito sotto inchiesta, così come prevede l'Accordo Stato-Regione siglato alla fine del 2010, che dà 36 mesi di tempo per adeguarsi ai nuovi parametri.