#Cultura. L’Italia di Pier Paolo Pasolini, da “Accattone” a “Salò o le 120 giornate di Sodoma”
Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, giornalista e regista, è stato uno dei più accesi indagatori della società italiana del dopoguerra. Instancabile sostenitore delle libertà individuali e collettive, si scagliò contro la nascente società dei consumi, colpevole secondo lui di distruggere le diversità e il multiculturalismo a favore di una mercificazione del pensiero che faceva dell'uomo un mero consumatore di mercato. Il suo primo e il suo ultimo film si pongono tra loro come esempi di un'Italia diversa e simboleggiano il cambiamento sociale e culturale avvenuto nel nostro Paese in soli dieci anni.
Accattone (1961) è la storia di Vittorio, uomo di borgata il cui stile di vita è improntato al sopravvivere giorno per giorno ricorrendo ad atti immorali. Pasolini si avvicina alla macchina da presa con una cultura legata a un'immagine che non deve nulla al cinema ma alla pittura, in particolar modo a Giotto e Masaccio. Ne risulta uno stile, seppur grezzo, solenne e senza tempo, favorito anche da un bianco e nero fatale e religioso. Il mondo delle borgate è rappresentato sotto una luce sacrale e infernale al contempo, un mondo non ancora contaminato dai falsi miti della società dei consumi, ma dove gli abitanti si trascinano a fatica e il presentimento di morte è sempre imminente. L'idea che traspare delle borgate è comunque quella di una purezza incontaminata.
Salò o 120 giornate di Sodoma (1975) è invece la sua ultima opera. Il neocapitalismo ormai ha trasformato e abbruttito l'Italia, cancellandone le numerose culture e le identità. Il film, liberamente inspirato dal romanzo del marchese De Sade, è tra le pellicole più scioccanti della cinematografia mondiale. Durante il periodo della Repubblica di Salò, tra il ‘44 e il ‘45, quattro rappresentanti del potere, il Duca, il Monsignore, l'Eccellenza e il Presidente, catturano decine di giovani con l'intento di praticare su di loro le più recondite e violente fantasie sessuali, i più ignobili supplizi, le umiliazioni più scabrose. Il potere può permettersi tutto, è anarchico e annientatore, fa dei corpi ciò che vuole e li annichilisce per i propri scopi. Ma il potere è anche lo specchio del capitalismo: trasforma tutto in merce, anche l'essere umano, anche il sesso. L'Italia di Pasolini naviga in uno sfacelo culturale e antropologico senza precedenti. E chissà cosa direbbe di quella di oggi.