Tra Giampilieri e Scaletta, dove si vive senza dimenticare

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La foto simbolo di Giampilieri: in primo piano la ricostruzione e sullo sfondo la tragedia

Lentamente, Giampilieri e Scaletta tornano a vivere. Non hanno dimenticato le accuse di abusivismo rivolte in maniera indiscriminata, senza sapere, senza conoscere, ma un giorno dopo l'altro la messa in sicurezza del territorio dà il senso della ripresa. “I bambini giocano -racconta Felice Zaccone, architetto originario di Giampilieri e consulente della Protezione Civile regionale -e la scuola non è più, almeno per loro, il punto di raccolta dei morti dell'alluvione dell'1 ottobre 2009, ma strada da fare ce n'è ancora. Soprattutto per quanto riguarda il completamento dei lavori di piazza Pozzo, la piazza centrale del villaggio dove insistevano la maggior parte delle attività commerciali. “La nostra rabbia –prosegue Zaccone- è che nel 2007 le avvisaglie di quello che sarebbe successo due anni dopo ci sono state, ma nessuno le ha prese in considerazione. E così, l'1 ottobre 2009 abbiamo dovuto affrontare una tragedia immane, 37 morti tra qui e Scaletta e resistere a chi, venuto da fuori, voleva che abbandonassimo il paese e ci trasferissimo altrove”.

Un'ipotesi questa, alla quale si è fortissimamente opposto Gaetano Sciacca, Ingegnere Capo del Genio Civile. Insediato alla guida dell'ente dal 2007, per due anni ha predicato invano per chiedere attenzione e fondi per la messa in sicurezza del territorio. Quando poi i fatti gli hanno dato ragione, la Protezione Civile regionale gli ha affidato una fetta consistente di opere da realizzare.

“Pensare di sradicare chi aveva sempre vissuto qui come hanno fatto a L'Aquila era una follia –afferma deciso Sciacca. Ma se lo immagina un settantenne nato qui, che qui ha vissuto e lavorato, e che oltre a subire una tragedia di quelle proporzioni avrebbe dovuto lasciare tutto? Impensabile. Tra l'altro, con tutto quello che abbiamo fatto e che ancora dovremo fare, abbiamo anche dato lavoro: le pare poco? La messa in sicurezza del territorio, oltre a tutelare la vita dei cittadini, è anche una fonte di occupazione, ma ci sono politici che preferiscono spargere denaro pubblico a pioggia per cose inutili invece che convogliarlo su opere indispensabili come queste”.

Mentre lo dice siamo tra Altolia e Giampilieri, dove i lavori per la messa in sicurezza sono più evidenti che altrove. Ma prima di arrivare qui siamo stati a Santa Margherita e a Briga. Dove con interventi minimi e con attenzione anche all'aspetto estetico e a come le opere di consolidamento e messa in sicurezza si sono inserite nel territorio è stata restituita serenità anche agli abitanti di questa zona.

Nel nostro giro tra cantieri ultimati e altri dove ancora si lavora entriamo in terreni privati. La fiducia dei proprietari è tale che Sciacca ha le chiavi dei cancelli che danno accesso ai fondi. “Senza la loro collaborazione non avremmo potuto fare tutto quello che abbiamo realizzato in tempi così rapidi -spiega. Quello che mi fa rabbia sono gli attacchi di protagonismo che mi sono arrivati addosso in questi anni. Tutto quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo non è di competenza del Genio Civile. È stata la Protezione Civile regionale ad affidarci una parte consistente dei lavori. Probabilmente, quello che ha dato fastidio è che senza far spendere una lira per la progettazione un ente pubblico è riuscito a realizzare opere del genere. Mentre gli altri parlavano noi lavoravamo, la gente ci ha dato fiducia e i risultati sono visibili da tutti. Nessuno si è costruito una carriera politica sulla pelle degli altri. Abbiamo solo fatto quello che la Protezione Civile ci ha chiesto. Non è un caso se siamo riusciti a far lasciare le case da abbattere senza che si sia aperto anche un solo contenzioso. Non sempre è stato facile convincere a lasciare case ormai inagibili o che intralciavano la messa in sicurezza, ma ce l'abbiamo fatta. E questi sono risultati che nessuno ci potrà mai contestare”.

Come si vede dalla realizzata da Gianrico Battaglia, adesso la zona della città e anche parte della riviera jonica sono più sicure. Resta il problema della zona nord, dove si è costruito in maniera dissennata utilizzando come alibi il nuovo Piano Regolatore e la necessità di creare occupazione. “Quando mi sono insediato 5 anni fa l'ho detto subito che consentire di costruire tra la collina e le case della litoranea era una follia. Sa cosa mi ha risposto per iscritto il sindaco Buzzanca? Che il PRG era costato tanti sacrifici e che non era pensabile bloccare tutto. Mi hanno accusato di esser quello che non voleva far lavorare le aziende, ma non hanno capito che progettare e aprire cantieri per la messa in sicurezza del territorio non solo garantirebbe la vita di chi abita in quella zona, ma creerebbe anche tanta occupazione. Anche in questo caso vale quanto ho detto rispetto al viadotto Ritiro dell'autostrada: se ci saranno morti i responsabili avranno un nome ed un cognome”.

Gaetano Sciacca, Ingegnere Capo del Genio Civile

Unica nota dolente in mezzo a tanti lavori già portati a termine o che sono sul punto di esserlo, i ritardi nella sistemazione di piazza Pozzo, per i quali gli abitanti di Giampilieri sono pronti a muoversi. “Ci sono stati problemi con l'impresa costruttrice -spiega Sciacca- ma li stiamo risolvendo e entro pochi mesi anche questo cantiere sarà completato”.

Intanto fioccano i comunicati di solidarietà o per attribuirsi la paternità di quanto è stato fatto. Come quello inviato dalla presidenza della Regione, con il quale si ricorda che la sciagura “fu più amara ed insopportabile per le polemiche strumentali che si scatenarono nelle ore immediatamente successive ai fatti. Il dolore, il lutto di decine di famiglie fu violato da accuse infondate che avrebbero dovuto lasciare spazio a più consistenti interventi da parte delle istituzioni centrali. Una catastrofe, lo dicono i fatti e lo denunciammo già all'epoca, che per troppo tempo è stata considerata di serie “b”. La Regione –prosegue Lombardo- ha investito tutto ciò che poteva, anticipando con il proprio bilancio sempre più ristretto decine di milioni di euro di fondi Fas: finanziamenti che la Sicilia aveva diritto di ottenere e che, colpevolmente, sono rimasti a lungo bloccati nei meandri della burocrazia nazionale”.

Fino ad oggi sono stati impiegati oltre 156 milioni di euro, con oltre il 70% dei lavori completati o in corso di completamento. E con i restanti 70 milioni sarà possibile portare a termine sia gli interventi di messa in sicurezza che quelli di assistenza alla popolazione (delocalizzazioni degli immobili, rimborsi e altre voci). Tasto quest'ultimo, sul quale si indaga visto che c'è sempre chi riesce a speculare anche in situazioni del genere. Perché c'è chi ha incassato e continua ad incassare assegni per affitti a cui non ha diritto, con gente che risulta residente in case dichiarate inagibili o distrutte pur vivendo altrove e che non si sa come è stata inserita negli elenchi di chi riceve un'indennità.

Ma fatti del genere, che indubbiamente devono essere perseguiti, nulla tolgono ad una tragedia che fa rabbia proprio perché avrebbe potuto essere evitata se solo si fosse investito nella messa in sicurezza del territorio. Le richieste degli abitanti di Giampilieri e Scaletta sono state ignorate, così come le denunce degli ambientalisti. E la sola verità incontestabile è che alla radice di questa tragedia impossibile da dimenticare c'è solo la mancanza di una vera politica di prevenzione.

“La furia dell'acqua è intervenuta su un territorio che negli anni è stato fortemente modificato a causa dell'abbandono delle colline e delle montagne -spiega il geologo Mario Costanzo. Gli antichi terrazzamenti sono stati abbandonati e i pendii non sono più stati presidiati come in passato da contadini e pastori”. E per quanto riguarda le affermazioni di Bertolaso sull'abusivismo, che nessuno qui ha dimenticato, il geologo le definisce quanto mai inopportune. “Certo -chiarisce- abbiamo riscontrato abusi edilizi, ma si trattava di tettoie, balconi, piccole coperture che non hanno inciso rispetto alla gravità del fenomeno, che resta collegato allo stato di abbandono del fronte collinare. I paesi abbandonati si sono trovato circondati da pendii e declivi pericolosamente friabili. “La “bomba d'acqua” di quella notte avrebbe causato danni comunque -puntualizza Costanzo- ma se si fosse svolta un'attività di prevenzione, i danni sarebbero stati di gran lunga inferiori. Il problema non è soltanto di monitorare ed intervenire, cosa che comunque non è stata fatta con efficacia, ma rivitalizzare versanti. Si dovrebbe favorire la presenza attiva dell'uomo in funzione positiva. Ci dovrebbero essere vantaggi a coltivare un pendio, ma solo attraverso politiche fiscali ed agevolazioni mirate si può favorire questo percorso”.

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Operai al lavoro in uno dei cantieri di Giampilieri

Oggi pomeriggio una fiaccolata attraverso il paese, una messa e poi la proiezione di un documentario realizzato dai ragazzi di Giampilieri ricorderanno le vittime di una tragedia annunciata che si sarebbe potuta evitare. Ma oltre alle vittime dell'indifferenza e del fallimento di un'intera classe politica, sarà difficile mettere da parte il fatto che a poche ore dalla tragedia sono stati bollati su tutte le reti nazionali come “paesi distrutti dall'abusivismo” e che l'ondata di commozione e solidarietà che ha fatto sentire meno soli gli abitanti de L'Aquila e dell'Emilia dopo il terremoto e quelli della Liguria dopo l'alluvione, non ha neanche sfiorato Giampilieri e Scaletta, come hanno dimostrato le poche raccolte di fondi aperte dopo l'1 ottobre 2009, che hanno messo insieme somme ridicole. Quasi un insulto.

Ancora adesso i sopravvissuti ricordano con rabbia i 7 milioni stanziati dopo l'alluvione senza conseguenze del 2007, finiti non si sa dove, le accuse di “fare le vacanze” rivolte a chi, avendo perso tutto è stato costretto a vivere per quasi 2 anni in albergo in una condizione perpetua di profughi.

“Tutti parlano di abusivismo e di denaro sprecato -commenta Irene Falconieri, punto di riferimento per gli alluvionati di Scaletta- e questo è un punto sul quale concordo, visto che il denaro disponibile è stato gestito male. Hanno speso una fortuna per mantenere le persone negli alberghi, quando sarebbe stato più utile e anche molto meno costoso affittare direttamente degli appartamenti. Si è speso molto e in maniera non razionale per portare aiuto alla popolazione, ma chi è riuscito a tornare a casa ha dovuto rimetterla a posto con il proprio denaro anticipando le somme previste dai Fondi Fas. Vorrei che queste incongruenze venissero fuori, perché non si può pensare alle nostre comunità come ad un insieme di sfruttatori abusivi. Il problema comunque non è solo di Scaletta, Giampilieri o Molino. Il problema è la politica nazionale. Viviamo sulla cultura dell'emergenza, nessuno fa prevenzione (che peraltro ha costi molto ridotti) e quando poi si verificano le tragedie si pone l'accento sui costi esorbitanti della ricostruzione. Ma se si fosse provveduto prima alla messa in sicurezza, non avremmo pagato un prezzo così alto in termini di vite umane e fondi stanziati per il recupero del territorio dopo il disastro. Siamo stati sommersi non solo dal fango ma anche dai luoghi comuni e quando mi confrontavo con persone che non erano di Messina, l'accusa di abusivismo era la prima a saltare fuori. Nessuno sapeva degli episodi precedenti, come l'alluvione del 2007, e del fatto che per ben due volte nel giro di poco tempo, tra il 24 dicembre del 2008 e gennaio del 2009, ci sono state due frane a Capo Scaletta e a Capo Alì che ci hanno isolato per 40 giorni”.

Ha collaborato Domenico Siracusano

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