#Teatro. Il “Vento da Sud-Est” di Campolo pronto a soffiare dalla Sala Laudamo

 

Giorni di prove sempre più intense man mano che si avvicina la prima di Vento da Sud-Est di Angelo Campolo, che venerdì 6 novembre inaugurerà la stagione della Sala , il ridotto del Teatro Vittorio Emanuele di .

“Questo è un mondo sottosopra, questo spazio è una frontiera dove chiediamo di dichiarare che musica ascolti, quali film ti piacciono, se sai o no disegnare, cantare e soprattutto ballare -spiega Campolo, attore e regista, raccontando l'incontro con i giovanissimi migranti che l'associazione DAF – Teatro dell'Esatta Fantasia ha inserito nel progetto.

Così abbiamo dato il benvenuto ai ragazzi che per la prima volta nella loro vita hanno calcato le tavole di un palcoscenico.  Il loro ingresso in teatro in fila indiana, l'imbarazzo, le risate, gli sguardi incerti, la fierezza e il dolore negli occhi, sono immagini che non scorderò facilmente. Incontrarsi per far cosa? Una ricerca drammaturgica modello “inchiesta televisiva” per scavare nei dettagli di vite sconquassate? No, grazie, non qui, dove non c'è e non cerchiamo una linea di demarcazione tra giusto e sbagliato.

Niente pasoliniani elogi della sconfitta. Forse vittoria e sconfitta sono concetti da storicizzare, ormai, sostituiti da sopravvivenza o cancellazione.  Vita o deserto. Il teatro per cui mi piace lavorare è quello della vita, che non nega il dolore, anzi ci va in contro senza freni per compiere un balzo micidiale e superarlo.  Con questi ragazzi per i primi due abbiamo dato spazio alla lingua del teatro, fatta di corpo, musica e ritmo. Poi alcuni di loro, in modo spontaneo hanno deciso di far entrare le parole.  Lo spunto è arrivato da un passo di Una stagione all'inferno di Rimbaud, letto in francese, lingua ufficiale del Mali: Per le strade, nelle notti d'inverno, senza dimora, senza abiti, senza pane, al mattino avevo lo sguardo così perso e un aspetto così smorto che quelli che ho incontrato forse non mi hanno visto.

Parole che hanno smosso in alcuni di loro la voglia di provare a scrivere. Così sono arrivati i racconti di Jean e Usman, letti a bassa voce, ascoltati a fatica dagli altri ragazzi in cerchio, perché è difficile dire, ricapitolare, fissare nella memoria e rivivere esperienze confuse e indicibili nella vita di questi diciassettenni che hanno attraversato un intero continente. E il traguardo dov'è? “Quando sarò felice mi fermerò, lì dove sarò felice sarà il posto in cui vorrò stare”, dice uno di loro.

Provo a raccontare la trama di Teorema di Pasolini, come fosse una fiaba. Uno straniero senza nome, un ospite che bussa alla porta e magicamente migliora la vita della famiglia che lo accoglie. Al suo addio, però, la famiglia è invasa da un dolore devastante che spinge il padre ad abbandonare tutto e fuggire nel deserto. Esatto, proprio nel deserto, quello che loro cercano di lasciarsi alle spalle.

Mi accorgo che parlare di Pasolini con loro ci obbliga ad andare all'essenza delle cose, non c'è spazio per alcun discorso indiretto, nessun intellettualismo. Parole vaghe e generiche come luce, deserto, ospite, straniero, Dio, prendono corpo in modo chiaro e insieme anche misterioso. Questo mistero, che racchiude in sé una contraddizione, è quello che ci interessa di Teorema. Non le sue implicazioni politiche, legate ai cambiamenti sociali dell'Italia del ‘68. La nostra intenzione è di aprire un processo creativo che ponga al centro le domande di quell'opera che ancora oggi sono in grado di scuotere la nostra coscienza intima”.

Gli incontri con i ragazzi sono la prima tappa di un percorso iniziato a settembre che si concluderà a maggio. L'opera di Pasolini sarà al centro di tre spettacoli, in tre distinti periodi dell'anno, declinati in forma diversa (prosa, teatro-danza e musica) per raccontare il nostro rapporto con l'altro, partendo dalla parabola di Teorema.

Più di 50 ragazzi under 30 hanno preso parte alle selezioni fatte per costituire il nucleo di giovani attori che affronterà con tre diversi registi la sfida portare in scena tre nuove drammaturgie ispirate all'opera di Pasolini. Un viaggio aperto a ogni possibile incontro, imprevedibile, inaspettato.

A dirigere lo spettacolo il regista Angelo Campolo. La drammaturgia è stata curata da Simone Corso, movimenti scenici a cura di Sarah Lanza, scene e costumi di Giulia Drogo.

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