Teatro. Al Vittorio Emanuele di Messina in scena “Lampedusa” con Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano

Locandina Lampedusa SiciliansMESSINA. Al Teatro Vittorio Emanuele in scena lo spettacolo Lampedusa di Anders Lustgartner il 15 e 16 dicembre alle 21 e domenica 17 dicembre alle 17.30. Lampedusa di Anders Lustgartner è, ben oltre il titolo, “un'escursione coraggiosa nelle acque oscure della migrazione di massa”, come ha scritto il The Guardian recensendo la messa in scena londinese.  Il testo mette a confronto con coraggio la vita di un pescatore siciliano, ormai impegnato a recuperare i corpi dei profughi annegati in mare, con quella di una donna immigrata di seconda generazione -qui una marocchino italiana-, che riscuote crediti inevasi  per una società di prestiti. Invece che concentrare la sua attenzione sui giochi della politica interna inglese e i possibili scenari in odore di Brexit, Lustgartner allarga la sua riflessione a livello più globale. Non nuovo a trattare di temi politici che interessano lo scacchiere internazionale (si ricordano i suoi testi sulla strage di Roboski in Kurdistan per mano dei Turchi e il racconto dello Zimbabwe del dittatore Mugabe, entrambi ancora inediti in Italia), rivolge adesso la sua attenzione alle migrazioni di massa.

Perché il flusso migratorio che percepiamo sempre più inarrestabile, sarà il vero problema delle politiche comunitarie del prossimo decennio. Perché la nostra Europa che avevamo immaginato senza confini, rivendica adesso la geografia politica dei perimetri nazionali, perché il metissage multietnico proposto dalla mescolanza delle culture viene allontanato in nome del rispetto della propria etnia e delle proprie tradizioni, perché i muri che pensavamo di avere abbandonato alla memoria della storia, tornano ad erigersi con prepotenza. Perché, su tutto, domina la paura dell'altro e lo spettro degli attentati nel cuore delle nostre città.
Vi riesce drammaturgicamente attraverso due monologhi perfettamente intrecciati.

Uno viene da Stefano, un ex pescatore italiano che esordisce con “Il Mediterraneo è morto” e che ora si guadagna da vivere recuperando i corpi dei migranti che sono annegati facendo il viaggio in barca nella pericolosa traversata dal Nord Africa verso l'Italia. Ma la terrificante storia di Stefano sul recupero dei cadaveri “pescati” in mare (3500 profughi morti annegati nel Mediterraneo nel solo 2015) – è completata da quella di Denise. Lei è di razza mista (forse figlia di una unione mista, più probabilmente una immigrata di seconda generazione),  studente marocchino-italiana che si mantiene agli studi, lavorando come esattore per una società di prestiti.

Condannata per sempre al ruolo di outsider in Europa, sostiene i marocchini sono “i primi ad essere e gli ultimi tra gli immigrati ad essere considerati”. La povertà e la disperazione non sono solo lo scenario del racconto: sono causa generatrice del contrasto sociale, male dei protagonisti, argomento di fuga per entrambi ed insieme condizione per il miglioramento del proprio status attraverso lo sciacalaggio della disperazione altrui. Ossessionati dal denaro che manca, dalle opportunità che non ci sono, dalla politica dei favori Stefano smette di pescare in un mare ormai depredato e si reinventa pescatore di cadeveri: è più redditizio, il paradosso è che è un lavoro più continuativo a Lampedusa, in questo momento.

Denise cerca invece un riscatto studiando e allontanando da sé il mondo da cui appartiene, le case fetide e impersonali degli immigrati e lottando per garantire una pensione di invalidità a sua madre che deve sostenere una verifica finale per l'assegnazione del sussidio da parte dell'INPS. Lustgarten traccia paralleli e intrecci invisibili tra le storie di Stefano e Denise. Entrambi sono persone che si trovano a trattare con un'umanità al limite. Gente con cui non si vuole avere a che fare. Affida ai suoi personaggi una identica visione politica: il parere che l'Europa è “fottuta” per non avere saputo prevedere che guerra e miseria avrebbero prodotto una congestione di traffici umani  e non aver regolato per tempo con criteri certi questi flussi inarrestabili ma ancora prima, per non aver saputo attuare vere politiche di inclusione degli immigrati e dei richiedenti asilo.

Lungi dall'essere una litania della disperazione, il testo di Lustgarten è sorprendentemente un racconto sulla  sopravvivenza della speranza. Quasi un avvento, come nel caso di Denise. Stefano fa amicizia con un meccanico del Mali che attende con ansia l'arrivo della moglie e, nella sua crisi, Denise trova la compagnia simpatica e inattesa di una portoghese, madre single piena di debiti. Il punto di Lustgarten è che dietro il disastro sistemico della politica e delle nazioni, ci sono fortunatamente ancora le persone,  la gentilezza individuale, la sorpresa dei singoli,  e nell'equilibrio del gioco degli opposti, ricorda qualcosa di Harold Pinter quando  nella sua ultima intervista TV disse: ” Io penso che la vita è bella, ma il mondo è un inferno”

Il personaggio di Stefano cattura tutta la rabbia e il risentimento di un uomo che, anche nei suoi sogni, è ossessionato dalla morte, ma che lotta in qualche modo per non essere sopraffatto dalla abitudine a farci i conti e che infine è conquistato da un gesto di amicizia. Denise trasmette allo stesso modo l'amarezza di una ferita mai sanata sul  contrasto cultura di provenienza/paese di adozione, ma anche la volontà di arrendersi a un atto di amore e carità inaspettato. In questa piece, Lustgarten non ha spazio per esplorare la questione pratica di come la società europea possa riequilibrare il suo obbligo morale verso i richiedenti asilo con i propri problemi economici e l'incubo delle democrazie ormai al tramonto.

Tuttavia in questo testo coraggioso e audace,  affronta il tema serissimo della migrazione di massa portandolo al suo livello di urgenza, dimostra che dietro le statistiche orrende di profughi annegati o le notizie allarmistiche sulla stampa circa i benefici riconosciuti quasi immeritatamente ai profughi giacciono vite di individui che hanno conosciuto ogni tragedia, prima di rivolgersi al mare per provare ad andare via. E ricominciare a sperare.

Lampedusa
di Anders Lustgarten
Traduzione di Elena Battista
con Donatella Finocchiaro e Fabio Troiano
Regia di Gian Piero Borgia

Produzione BAM teatro

 

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