Teatro. Al Clan Off in scena “Due passi sono” della compagnia Carullo-Minasi

carulloMESSINA. Sabato 2 e domenica 3 dicembre in scena Due passi sono della compagnia Carullo-Minasi, fresca vincitrice del Premio dell'Associazione Nazionale Critici di Teatro 2017.
Terzo appuntamento per “Una stagione di Spettacoli, uno spettacolo di Stagione”, che, sino a maggio, con un appuntamento al mese, animerà il Clan Off teatro di via Trento. La nuova stagione, sotto la direzione artistica di Mauro Failla e Giovanni Maria Currò, che quest'anno si arricchisce della collaborazione della Rete di drammaturgia contemporanea Latitudini, propone alcune tra le voci più interessanti della drammaturgia contemporanea con una particolare attenzione al meridione.

Sabato 2, con repliche alle 18.30 e alle 21.30 e domenica 3 dicembre, alle 18.30, sul palco del Clan Off arriva la pluripremiata compagnia Carullo-Minasi, che riproporrà lo spettacolo che ha dato il via al percorso drammaturgico della compagnia, Due passi sono, vincitore del Premio Scenario per Ustica 2011, del Premio In-Box 2012, del Premio Internazionale T. Pomodoro 2013 e che ha debuttato, al Teatro Franco Parenti di Milano, esattamente 6 anni fa. La compagnia Carullo-Minasi, nei giorni scorsi, ha inoltre ottenuto il prestigioso Premio dell'Associazione Nazionale Critici di Teatro, che gli verrà consegnato il prossimo 12 dicembre, durante una cerimonia prevista alla sala Squarzina del teatro Argentina di Roma, all'interno del Premio Europa.

Due passi sono (regia, testi ed interpretazione del reggino Giuseppe Carullo e della messinese Cristiana Minasi, scene e costumi Cinzia Muscolino, disegno luci Roberto Bonaventura, aiuto regia Roberto Bitto, produzione Carullo-Minasi e Il Castello di Sancio Panza), racconta le gesta di due piccoli esseri umani: un uomo e una donna. I due si ritrovano sul grande palco dell'esistenza, nascosti nel loro mistero di vita che li riduce dentro uno spazio sempre più̀ stretto, dall'arredamento essenziale, stranamente deforme, alla stregua dell'immaginario dei bimbi in fase febbricitante. Attraversano le sezioni della loro tenera e terribile, goffa e grottesca vita/giornata condivisa. Sembrano essere chiusi in una scatoletta di metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un balzo, nonostante le gambe molli, aprir la custodia del loro carillon. Fuoriescono vivendo il sogno della vera vita da cui non è più necessario sfuggire, ma solo vivere, con la grazia e l'incanto di chi ha imparato ad amare la fame, la malattia, i limiti dello stare. Immagine-cripta sacra, surreale e festosa, quella del loro matrimonio, dove come in una giostra di suoni, colori e coriandoli, finiranno per scambiarsi meravigliosi propositi di poesia.

Vogliamo, tra le righe della poesia, farci portavoce di una generazione presa dai tarli cui è preclusa la possibilità di realizzare, con onestà e senza compromessi, le proprie ambizioni. Sentiamo pesante l'immortalità della tragica favola di Romeo e Giulietta lì dove nulla di vivo resta se non i vecchi, la cui faida e il cui egoismo, non il caso, hanno ucciso i giovani. Romeo e Giulietta potranno finalmente stare insieme ma solo nella cripta, col loro amore per l'eternità nelle statue d'oro che i carnefici eleveranno a . Abbiamo voglia di sfidare il mito e celebrare il lieto fine nella vita, o quantomeno nella speranza della stessa, e non nella morte avendo avuto la paradossale e sacrale fortuna di toccarla in vita. Così tra le piccole e grandi, tra le giustificate e ingiustificate, paure di questo percorso di conoscenza chiamato vita, per e incanto, ci si abbandona al sonno vero del sogno lì dove nasce la nuova Bianca vita, progenie che darà continuità al piccolo amore, sempre custodito in ogni cuore.

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