Sturniolo: “Il Piano di Riequilibrio? Sembra una sanatoria”

Gino Sturniolo
Gino Sturniolo, consigliere comunale Cambiamo dal Basso

Un Piano di Riequilibrio destinato a suscitare fiumi di polemiche quello appena consegnato dall'amministrazione Accorinti. Tra i detrattori anche il consigliere comunale di Cambiamo Messina dal Basso Gino Sturniolo, che ha già le idee chiare: difficilmente lo voterà positivamente.

“Non è pensabile -spiega- chiederci di votare in tempi strettissimi sia il Consuntivo 2013, che peraltro ha incassato il parere negativo del Collegio dei Revisori dei Conti, che il Piano di Riequilibrio. Che, per inciso, graverà sulla città con un carico di oltre 350 milioni di euro da pagare.

Un documento di una tale importanza non può essere votato con questi tempi, che non sono democratici. La Giunta lo ha approvato la sera del 13 agosto quando il Consiglio comunale era appena andato in pausa e sapendo che avremmo ripreso i lavori il 25 agosto.

Siamo al 28 agosto e ovviamente, visto che hanno appena finito di lavorare sul C0nsuntivo 2013, non c'è neanche il parere dei Revisori dei Conti”.

Ma il passaggio fondamentale per Sturniolo è quello della natura dei debiti da ripianare nel Piano di Riequilibrio 2013-2022.

“Che debiti sono? -domanda. Come si sono formati? Chi ne è responsabile politicamente? Fatto così sembra quasi una sanatoria.  Un impegno così gravoso per la città sarebbe dovuto passare attraverso un processo di condivisione. Invece niente.

Impossibile quindi votarlo, soprattutto perché da parte dell'amministrazione è mancata un'operazione verità sui debiti da ripianare. Tra l'altro, prevede delle misure di rientro particolarmente gravose soprattutto per le fasce popolari della città”.

Fin qui le dichiarazioni che il consigliere Sturniolo ci ha reso direttamente. Ma il proseguimento logico di quanto appena letto è la riflessione che l'esponente accorintiano ha affidato alla propria pagina di facebook, che pubblichiamo integralmente.

“Come è evidente a tutti, anche la stabilità nella crisi, quella narrazione mediatica che aveva sostituito la retorica dell'austerità dando, addirittura, la sensazione di una possibile ripresa economica, si è rivelata un'illusione. Le pratiche recessive dell'austerità trovano ragione solo nella ricerca spasmodica di una tenuta che consenta la possibilità di continuare a mantenere parametri economici accettabili. Gli stessi che ci inducono a pensare che salvare l'ente locale, renderlo cioè, solvibile, possa significare salvare anche la città e i suoi abitanti.

Evidente allo stesso modo dovrebbe essere il compito assegnato agli enti di prossimità, il loro ruolo di esattori di ultima istanza, le vittime sacrificali delle merci più appetibili al momento, i servizi pubblici locali, i beni comuni. Per questo l'ente locale deve sopravvivere. Così come è necessario per il medico che il paziente rimanga in vita, ma ammalato. Ne sano né morto.

Ammalato per poterlo rendere merce. Perché ogni corpo sia merce. Anche il corpo sociale. E dopo l'intelligenza sociale messa al lavoro, ogni respiro, ogni goccia di sudore servirà a pagare il debito e mantenere in piedi il meccanismo. Convinti che pagare il debito sia avviare una nuova , mentre il debito è l'ultima spiaggia, la monetizzazione, la trasformazione in posta in entrata di ogni possibile refolo di attività umana.

Noi siamo la tempesta perfetta, il capolavoro dell'estrazione di ricchezza dalla vita. Chiamati ad amministrare per trovare una terza via, nuovi dispositivi economici, giuridici, sociali (secondo le nostre illusioni), eravamo semplicemente gli unici in grado di potere provare a salvare gli equilibri, ridonare la solvibilità, gli unici capaci, con il loro sacrificio, di costruire un piano di riequilibrio che programmasse la suzione di ogni stilla di sangue dal corpo sociale per dieci anni.

Perché i Piani di riequilibrio questo sono. Ti uccidono con morte lenta. Ti inseguono fino in capo al modo, pur di farti pagare. Fino all'ultimo evasore, fosse anche il disoccupato che rimanda le bollette perché evidentemente senza reddito o il ladro di autoradio quando di autoradio non ne fanno più.

Per questo il Piano di Riequilibrio per noi è una resa, prima di tutto politica. Perché ci trasformerà in esattori della povertà. Saremo noi le sentinelle dei parametri imposti dalla crisi. Ogni istanza di riscatto sociale, ogni anelito alla ribellione contro le ingiustizie, ogni speranza nel cambiamento ci verranno negati perché saremo noi a fare rispettare le regole, saremo noi ad averle imposte. Per dieci anni staremo lì, con gli occhi sgranati, sperando che tutti, anche i poveri, paghino tasse per non avere servizi.

Perché se non lo faranno non potremo assumere i precari, non potremo garantire il turn-over e l'ente locale diventerà un Palazzo senza lavoratori. Come dopo una bomba al neutrone, non vedremo più neanche i fannulloni al bar. E saremo contenti. E finalmente ci libereremo anche della politica. Ne rimarrà solo uno. A controllare che le poste in entrata siano rispettate.

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