Sicilia 2.0. Lo sviluppo delle imprese digitali come strumento di crescita sociale e economica

Società digitale 1Nel dibattito sulle magnifiche sorti e progressive della Sicilia, sembra brillare per la sua assenza un tema di un certo rilievo: lo sviluppo dell'economia e della società digitale.

Chi scrive non fa parte della folta schiera degli ottimisti digitali, che credono che la rete sia il luogo di tutte le virtù e la soluzione di tutti mali. Però, non possiamo ignorare il fatto che il World Wide Web ha cambiato la nostra vita.

Il grande network che unisce tutti i computer del mondo non è semplicemente un mezzo di comunicazione, ma diventa sempre di più un ambiente di apprendimento, un luogo (virtuale) di lavoro, uno spazio sociale di relazione, condivisione e scambio.

La moltiplicazione dei dispositivi mobili intelligenti, come lo smartphone e il tablet, veri computer miniaturizzati con cui “si può anche telefonare”, consente, inoltre, la diffusione di nuove forme di svago e intrattenimento. E fa presagire un futuro in cui utilizzeremo sempre di più cellulari, tablet e affini per monitorare il nostro stato di salute, fare pagamenti, gestire a distanza l'illuminazione di casa e ufficio, gli elettrodomestici e simili.

I media digitali ci offriranno l'opportunità di aumentare la nostra realtà, consentendoci di vivere in maniera interattiva una visita guidata al museo, di imparare una nuova ricetta mentre stiamo ai fornelli, di interagire con ambienti di simulazione, per lavoro o di svago e altro. Il processo di transizione verso l'integrazione tra uomo e interfaccia digitale, vecchia profezia della narrativa cyber-fantasy, è da considerarsi quasi compiuto, grazie all'avvento dei wearable device, ovvero dei dispositivi digitali che si indossano, come gli occhiali intelligenti di Google e gli watch.

Forse,  non è tutto oro quel che luccica. La cosiddetta rivoluzione digitale può essere fonte di benefici ma anche di rischi. Però, siamo di fronte a cambiamenti “epocali”, come si dice in questi casi, ignorarli significa essere condannati a subire passivamente le trasformazioni  in atto, rimanendo in una situazione di retroguardia.

Per i nostri figli, nipoti e fratelli più piccoli il futuro è già arrivato: nel loro mondo le differenze tra realtà fisica e virtuale sono molto più sfumate, rispetto al nostro. Quando andavo al liceo, ci si vedeva con gli amici del quartiere in una piccola focacceria, dove organizzavamo la partitella di calcio, tra una pizzetta farcita e una gazzosa. Adesso i ragazzi si incontrano sui social network e organizzano le partite alla play station. Non sono sicuro che oggi sia meglio di ieri, ma non possiamo illuderci di fermare il tempo.

Lo sviluppo dell'economia digitale può contribuire alla crescita economica, aiutando regioni scarsamente industrializzate, come la nostra, a creare nuove imprese e lavoro qualificato. L'innovazione radicale, infatti, è accolta più facilmente da quei sistemi produttivi che essendo indietro nello sviluppo delle tecnologie e dei processi produttivi standard, sono spinti ad adottare le ultime novità. In molte nazioni africane il sistema di telecomunicazioni è stato creato ex novo, costruendo direttamente reti di telefonia mobile.

Il sistema produttivo della Toyota, che ha consentito all'azienda automobilistica giapponese di diventare il primo produttore mondiale di automobili, è stato influenzato dalle idee di uno studioso americano, William Edwards Deming, quasi ignorato negli Stati Uniti, patria dei metodi di produzione fordisti. Il Giappone, invece, desideroso di ricostruire ex novo il suo apparato industriale, accolse con entusiasmo l'approccio innovativo proposto da Deming, che ha ispirato il cosiddetto Total Quality Management.

Società digitale

Le nuove tecnologie possono favorire lo sviluppo di piccole imprese innovative, le cosiddette start up, che necessitano di competenze specialistiche, capacità imprenditoriali, ma richiedono capitali ridotti per l'avviamento. Queste aziende godono di un indubbio vantaggio: per vendere prodotti e servizi digitali in rete non c'è bisogno di infrastrutture fisiche. Quindi, una piccola start up che ha sede, per dire, a Enna, può superare la barriera rappresentata dallo stato pietoso del nostro sistema di trasporto, utilizzando internet per offrire contenuti e app digitali a Milano, a Londra o a Sidney.

La stessa rete può anche essere utilizzata per trovare dei finanziamenti, attraverso il cosiddetto crowd sourcing (modello di business grazie al quale un'impresa o un'ente affida lo sviluppo e la realizzazione di un progetto a un gruppo di persone non organizzate prima). Grazie allo sviluppo dell'economia digitale, sono nate  inoltre nuove figure professionali, dal nome vagamente esoterico, come il graphic designer, l'esperto di interfacce intelligenti, il content manager, lo sviluppatore di app e altro.

Lo sviluppo dell'economia digitale, ovviamente, non può risolvere tutti i problemi della Sicilia. Però, è una opportunità da cogliere, tra le altre, per creare lavoro qualificato e facilitare processi di innovazione, che possono avere ricadute positive su tutto il sistema produttivo. Infatti, lo sviluppo dell'economia della rete può fare da volano, per la crescita di settori economici più tradizionali, come il turismo, la cultura, l'intrattenimento, i servizi avanzati, ecc..

Per favorire lo sviluppo dell'economia digitale, però, occorre investire in infrastrutture di rete, in ricerca e  conoscenza. Ed è necessario creare un rapporto virtuoso tra istituzioni pubbliche, scuola, università e ricerca, enti di formazione e iniziativa privata. I più noti esempi di sistemi economici digitali, come la famosa Silicon Valley, utilizzano in maniera intensiva programmi di sviluppo delle start up, che si basano sulla collaborazione tra il pubblico ed il privato.

Con un approccio che premia le buone idee, le competenze e le motivazioni degli aspiranti imprenditori. Quindi, per facilitare la crescita di queste particolari forme di impresa, bisogna puntare sui progetti di business, sulle competenze, sullo spirito imprenditoriale, creando un ecosistema che favorisca la nascita e la crescita delle start up. Una missione impossibile? Probabilmente sì, ma vista la situazione disastrosa della nostra economia, anche una sfida apparentemente senza speranza può diventare un atto di realismo.

Fabrizio Maimone

Messinese ca scoccia e romano di adozione. Ricercatore (molto) precario, collabora a progetti di ricerca su temi al confine tra sociologia, management e organizzazione, in Italia e all’estero. Insegna organizzazione aziendale all’università ed è docente di management e comunicazione. È formatore e consulente di direzione per le migliori e le peggiori aziende, italiane e multinazionali. La sua passione per la comunicazione (non solo) digitale è seconda solo a quella per la tavola, le buone letture e i viaggi.

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