Omosessuali e pena di morte, l’Arcigay scrive a La Piana

Quando è troppo è troppo. Passi che la Chiesa cattolica sia indietro di un cinquantennio rispetto all'evoluzione dei costumi e che copra i preti pedofili trasferendoli da una parrocchia all'altra e rifiutandosi di denunciarli, ma la decisione di ricevere la deputata ugandese che propone la pena di morte per gli omosessuali e che lo stesso Benedetto XVI definisca il matrimonio tra due persone dello stesso sesso “un pericolo per la società e il suo sviluppo” dà veramente la misura di quanto Santa Romana Chiesa abbia superato ogni limite in tema di intolleranza.

Il Papa riceve Rebecca Kadaga, la donna che vuole la pena di morte per i gay.

Così il presidente dell'Arcigay di Messina Rosario Duca ha deciso di scrivere una lettera all'arcivescovo di Messina Calogero La Piana, analizzando gli ultimi avvenimenti.

“In queste ore -scrive Duca- sono molte le voci che si alzano per esprimere il giusto e dovuto sdegno per due fatti accaduti a distanza di solo poche ore l'uno dall'altro e tutti e due aventi quale figura centrale quella dell'attuale Pontefice Benedetto XVI: l'accoglienza concessa al presidente del parlamento ugandese Rebecca Kadaga, che si appresta a proporre e fare approvare la legge “Kill the Gay Bill” che, come chiaramente indica la sua denominazione prevede anche la pena capitale per atti omosessuali. Legge definita “odiosa” dal Presidente Obama. La “gentile signora” non solo è stata accolta, ma anche benedetta dallo stesso Pontefice, che poi ha pronunciato l'ennesima condanna del matrimonio fra persone del medesimo sesso, addirittura definito un pericolo per la società e il suo sviluppo.

Sul primo punto è evidente come il rappresentante in terra di una religione che, per bocca del suo stesso Dio fattosi uomo, ha perentoriamente affermato che i comandamenti da seguire e praticare sono due: ama il Dio tuo con tutto te stesso e ama il prossimo tuo come te stesso, sia incorso in una palese contraddizione di fatto.

preti pedofili
Roger Vangheluwe, l'ex vescovo di Bruges che ha ammesso di avere molestato due nipoti

Già la pena di morte è del tutto inconcepibile per coloro che vogliono seguire i citati due comandamenti in ossequio proprio alla sacralità della vita che per i credenti proviene da Dio stesso, al quale, dunque, non si può sottrarre ciò che Egli stesso ha donato.

A maggior ragione se questa fattispecie venisse applicata a persone colpevoli solo di un atto sessuale o di amore, non ritenuto degno da altri uomini e non già dal Buon Dio.

Sulla accoglienza concessa alla sempre “gentile signora” Kadaga, in virtù delle considerazioni pregresse, non possiamo esimerci dal manifestare il nostro più vivo disappunto non potendosi ritenere accoglibile da chi predica la pace e l'amore una persona che sta proponendo al proprio paese odio e morte.

In merito al secondo punto, quello sul matrimonio egualitario, osserviamo come ancora una volta Papa Benedetto XVI, nell'anticipare il messaggio della Giornata per la Pace, ha affermato che i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono “un'offesa contro la verità della persona umana” e “una grave inflitta alla giustizia e alla pace“.

Ci chiediamo e Le chiediamo come sia possibile una simile affermazione in nome della pace quando la stessa reca nel suo seno un così grave messaggio di discriminazione che, come Ella ben sa, non può che generare proprio quel sentimento antiteticamente opposto alla pace, cioè l'odio.

Non vogliamo entrare nel merito della fattispecie del matrimonio same sex, ma solo evidenziare la evidente discrasia fra il predicare pace e amore e, invece, praticare discriminazione e odio, dunque violenza, con la precipua aggravante che il messaggio papale è diffuso largamente e ascoltato in tutte le nazioni.

Altra aggravente è costituita dal fatto che tale messaggio è diramato nel momento proprio il giorno dopo rispetto alla risoluzione del Parlamento europeo che raccomanda agli Stati membri di introdurre il matrimonio o le unioni civili per le coppie gay e lesbiche, mentre a distanza di ore la Kadaga ne propone l'eliminazione fisica e il Santo Padre la più bieca discriminazione, additando l'omosessualità come un pericolo sociale.

Non vi è alcuna differenza tra un messaggio che incita alla discriminazione e uno che si augura la morte di un'intera categoria di cittadini. La morte sociale è anche fisica, come ben sapeva Hannah Arendt quando affermava che “la società ha inventato la discriminazione come arma idonea ad uccidere le persone senza spargimento di sangue”.

I Paesi e le istituzioni internazionali che chiedono a gran voce una maggiore inclusione delle coppie dello stesso sesso nel godimento dei diritti fondamentali non lo fanno perché sono impazzite, per puro autolesionismo o perché hanno perso la retta via.

Lo fanno, al contrario, perché hanno capito benissimo che le loro società saranno migliori se gli stessi diritti saranno riconosciuti a tutti senza distinzione di orientamento sessuale e se le giovani generazioni di gay, lesbiche e bisessuali possono sperare in un futuro di relazione, affetto ed amore con la persona di loro scelta e non con quella che il governo o il legislatore qualificano come tale.

La Chiesa, poi, non si lamenti se le prossime generazioni e i giovani di oggi non si avvicinano più al Vangelo, ma come potrebbero, Le chiediamo, se la Parola è predicata in così singolare modo?”.

Giriamo la domanda a monsignor La Piana e restiamo in paziente attesa d una sua risposta.

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