#Musica. Al Luglio Musicale Trapanese, La Voix Humaine di Francis Poulenc

HumaineDopo il successo nella stagione invernale dell'Ente Luglio Musicale Trapanese, domenica 16 luglio, alle 21.00, al Chiostro di San Domenico sarà riproposto, all'interno del cartellone della 69ª stagione lirica dell'Ente, La Voix Humaine, capolavoro di Francis Poulenc. La in scena sarà preceduta dalla proiezione dell'episodio Una voce umana di Roberto Rossellini nel film Amore con Anna Magnani. Una serata all'insegna del mondo del cinema e dell'opera di raro ascolto e ricercatezza musicale.
Il film – L'unica attrice presente in scena è Anna Magnani, chiusa nella sua stanza impegnata in continue telefonate con l'ex amante che l'ha lasciata per un'altra donna. Tra attese snervanti e crisi di pianto, pregando che il telefono squilli o che il campanello suoni recando notizie dell'amato sfuggente, il fascino della pellicola si fonda su un'atmosfera chiusa e si regge in gran parte sulle doti espressive della Magnani, quasi sempre in primo piano.
L'opera – Protagonista de Le voix humaine sarà il soprano  Paoletta Marrocu, un'artista con una voce che si distingue per la sua unicità di timbro e colore, un'artista che sa fare dell'opera un vero e proprio teatro in musica. Tutto diretto dal regista Renato Bonajuto.  La direzione musicale è affidata al M° Andrea Certa che, per l'occasione, sarà al pianoforte. Scene di Demian Palvetti e costumi di Tatiana Lerario.
La Trama dell'opera – La Voix Humaine è una tragedia lirica in atto unico del compositore francese Francis Poulenc, derivata dalla piéce omonima di Jean Cocteau, che firma il libretto. In scena è presente solamente una donna al telefono. L'opera rappresenta una complicata rottura di un rapporto d'amore. La donna, dopo essere stata lasciata, telefona al suo amante (del quale non si sente mai la voce all'altro capo del telefono) che ama ancora. La protagonista tenta anche il suicidio.
La voix humaine nasce dall'autobiografismo del celebre dramma teatrale di Cocteau, in cui l'autore mette in scena due soli aspetti del proprio amore drammatico per un giovane poeta: la disperazione e la fine. Il drammaturgo trasfonde se stesso, le proprie debolezze, nel personaggio femminile, quel ruolo che sarà inizialmente pensato da Poulenc per la Callas e poi nel cinema di Rossellini affidato alla Magnani. L'oggetto di questo amore travagliato è invece assente in scena come nei caratteri, un interlocutore impassibile e vacuo che, nella vicenda biografica di Cocteau, ha nome Jean Desbordes, suo segretario e compagno, il quale morì eroicamente durante la Resistenza, torturato dai tedeschi.
In scena, essenziale, campeggia la serratura di una porta, ambivalente emblema di una chiusura, di qualcosa che ci sigilla e costringe, e che di certo non ci permette di andare oltre, davanti alla quale la sofferente e fragile Elle indossa forse una maschera, seppur soffocante, che tenta di impietosire e legare a sé, nuovamente, l'oggetto amoroso della propria ossessione. La recitazione dell'esistenza prende il posto della verità, una dimensione in cui il teatro non è per nulla distante dalla vita. Non a caso lo spazio scenico si fonda su un ambiente precario, palesemente allestito e non mimetico della realtà: l'ambiguo albergo in cui Elle è di passaggio, è uno spazio che descrive, più che un interno, uno stato confusionale. Il finale è disvelante: il tentativo di dissimulare la morbosa disperazione straripa in un avvinghiato e ripetuto “je t'aime…” in cui è il pubblico stesso quell'interlocutore che lentamente scopre l'inganno.

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