Messina e Lepanto

Dipinto della flotta guidata da don Giovanni
Dipinto della flotta guidata da don Giovanni

Conosciuta anche da chi la storia non la ama, la battaglia di Lepanto è strettamente legata alle vicende di Messina. Il 20 luglio 1571 infatti, la flotta pontificia comandata da Marcantonio Colonna, luogotenente generale di Don Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V, entrò nel porto della città dello Stretto salutata dagli spari dell'artiglieria. Anch'essa infatti, faceva parte dell'armata cristiana messa insieme sotto l'impulso di papa Pio V per soccorrere la città di Famagosta a Cipro, assediata dai turchi, che in agosto riuscirono a conquistarla.

Oltre alla flotta pontificia, tra luglio e agosto di quell'anno 210 galee, 50 tra brigantini e fragale, 25 navi, 6 galeazze e 3 galeotte arrivarono a Messina portandosi dietro 80 mila uomini tra soldati, marinai e rematori e 1.805 cannoni. A guidarli come comandante supremo don Giovanni d'Austria, che arrivò nello Stretto con 25 galere il 23 agosto, mentre tutte le navi che erano alla fonda gli andarono incontro in segno d'omaggio. Il tempo di organizzarsi e il 16 l'Armata salpò da Messina salutata dai colpi d'artiglieria sparati dai castelli della città.

E se la motivazione ufficiale era quella di soccorre Famagosta per impedire che cadesse in mano ai turchi, la realtà era molto più banale: bisognava bloccare l'espansione dell'Impero Ottomano nel Mediterraneo, della quale un tassello fondamentale era proprio la riconquista di Cipro, che solo dal 1480 era in mano ai veneziani.

Come base in cui far convergere tutte le forze navali della coalizione fu scelta Messina, strategica già al tempo delle Crociate. La flotta della Lega Santa, salpata da Messina il 16 settembre, si riunì il 4 ottobre a Cefalonia.

Il 7 ottobre, nelle acque di Lepanto, quasi 200 mila uomini combatterono per 5 ore. Tragico il bilancio finale, per quanto favorevole alla Lega Santa: 7.600 morti e 15 mila feriti cristiani, 35mila i morti di parte turca, 150 galee turche catturate e 40 affondate e bruciate. L'1 novembre don Giovanni rientrò vittorioso a Messina. A ricordare questa impresa, una statua sopravvissuta a guerre e terremoti.

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