#Messina. Concita, Renato e la macchina del tempo

de_gregorio_accorinti_siciliansLa prima reazione è di insofferenza per il concentrato di banalità ed errori. Talmente tanti, che viene voglia di liquidare l'incursione di Concita De Gregorio con il suo “Fuori Roma” a Messina con un'alzata di spalle e il cambio del canale. Ma un'analisi più attenta del servizio agiografico di Rai Tre sul sindaco Renato Accorinti dà molto su cui pensare. Il dato più evidente, come molti messinesi hanno sottolineato sui social, è che la puntata trasmessa ieri e registrata un paio di settimane fa sembra realizzata mezz'ora dopo l'elezione di Accorinti o in un'altra città. Nessuno spazio al contraddittorio, se non un breve passaggio con Felice Calabrò, il candidato del centrosinistra (e non del solo PD come per sbaglio dichiara la De Gregorio) alle amministrative del 2013, che non superò il primo turno per 58 voti (altro errore: non erano meno di 50, come invece si ascolta) e che fu sconfitto al ballottaggio dalla defezione di una parte del PD e dell'UDC e dai voti del centrodestra e dei salotti buoni della città, che improvvidamente ritennero Accorinti il male minore. 

In Fuori Roma si parla delle corse clandestine dei cavalli che ogni domenica sono organizzate con una precisione che Ascot invidia, si parla di mafia-massoneria-poteri forti (si dice così, tutto d'un fiato e senza mai fare nomi, meglio rimanere sul vago), ma non si spende una parola sui servizi sociali a pezzi e sui lavoratori pagati con ritardi di mesi, su un approvvigionamento idrico perennemente a rischio (esattamente un anno fa la città viveva una delle peggiori crisi, con i rubinetti a secco per 22 giorni consecutivi, ma su questo la bionda Concita glissa), la gestione fallimentare della raccolta rifiuti, mediocre del trasporto (enfatizzata a ogni pie' sospinto ma solo se la si rapporta al passato) e schizofrenica della mobilità, con isole pedonali predisposte senza logica e senza concertazione. Rigoroso silenzio anche sulle proteste di chi, a torto o a ragione, blocca la strada per protestare contro le zecche e i topi in mezzo ai quali sono costrette a vivere intere famiglie e sullo scandalo degli scandali: le baracche. 

Enfatico come non mai, Accorinti parla di anima e di una rivoluzione che però è rimasta solo nelle promesse non mantenute in campagna elettorale. A partire da quelle di vivere con solo una parte dell'indennità di sindaco e di devolvere il resto a un non meglio precisato progetto sociale da definire a fine mandato e di non ricandidarsi, mentre adesso dichiara che a decidere su quest'ultimo punto saranno i messinesi. Ipotesi alquanto rischiosa visto il malumore generale nei suoi confronti. Ma Concita De Gregorio sorvola su questo aspetto, fa parlare l'amico del cuore di Accorinti, gli ultimi fedelissimi del sindaco, sorvola sul fatto che dopo le dimissioni degli accorintiani Nina Lo Presti e Gino Sturniolo adesso in Consiglio comunale c'è anche la compagna del primo cittadino, commette uno scivolone da brividi quando parla di “centinaia di migliaia di euro di debiti” che in realtà sono 500 milioni e dice che a causa delle frane ci vogliono ore per arrivare da Messina a Catania.

Ma forse qualcuno l'ha fatta passare da Enna, perché la media tra i due capoluoghi è di una cinquantina di minuti, a dispetto dei tratti a corsia unica. Poi arriva il momento dell'intervista a Vincenzo Franza, amministratore delegato della Caronte&Tourist, con l'immancabile mamma Olga sullo sfondo. Con molta onestà, Franza ammette che nel caso in cui il ponte si dovesse davvero fare, loro hanno “pronto il piano B. Anche perché chi andrà a Reggio Calabria farà prima con una nave che con il ponte e che in ogni caso attirerà turisti, che per vederlo dovranno salire su una nave”. Un importante momento di verità lo si deve al fotografo Dino Sturiale, quando racconta delle corse clandestine dei cavalli e dell'orrore della manovalanza criminale minorile.

Un altro scivolone riguarda il Birrificio Messina, quando si afferma che è nato sulle ceneri di ciò che aveva lasciato una multinazionale (di fare il nome dell'Heineken non se ne parla), tralasciando completamente il passaggio chiave: la gestione fallimentare dei Faranda e la decisione di 15 coraggiosi operai di rimboccarsi le maniche e di non rassegnarsi. Forse momentaneamente distratta, che Accorinti parli del PDL (che notoriamente non esiste più) non le fa battere ciglio, come anche sentire che tutta la stampa è contro. Fatto assolutamente non vero, visto che a lungo questa amministrazione ha goduto di un'apertura di credito da parte dei giornalisti locali mai vista prima. Resta capire come reagirà l'ex patron locale del PD, poi passato a Forza Italia, Francantonio Genovese, nell'apprendere che per la De Gregorio è ancora agli arresti domiciliari, quando invece la misura è stata revocata a novembre dell'anno scorso.

Nella foga Accorinti arriva persino a paragonare Messina e Reggio Calabria a Budapest, dimenticando che la parte antica e quella moderna della capitale ungherese sono unite da otto ponti, uno dei quali lungo due chilometri. Tra i momenti di comicità involontaria, quando i fumettisti (compreso il bravissimo Lelio Bonaccorso, che però diventa Elio e nessuno ha ancora corretto l'errore) sono definiti gli eredi di Antonello da Messina e di Caravaggio, l'arancino Accorinti “che i messinesi non vogliono” o quando il sindaco di Messina dichiara che chiede sempre scusa per i propri errori. Chi ha poca memoria, legga qui.

E per quanto riguarda la scelta di aprire la puntata con La ballata di Sacco e Vanzetti di Ennio Morricone e Joan Baez, vogliamo sperare che sia solo una casualità e che a nessuno sia venuto in mente di paragonare i due anarchici ingiustamente condannati negli Stati Uniti per un delitto che non avevano commesso all'attuale sindaco di Messina.

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Elisabetta Raffa

Giornalista professionista dal secolo scorso, si divide equamente tra articoli di economia e politica, la cucina vegana, i propri cani, i libri, la musica, il teatro e le serate con gli amici, non necessariamente in quest’ordine. Allergica ai punti e virgola e all’abuso dei due punti, crede fermamente nel congiuntivo e ripete continuamente che gli unici due ausiliari concessi sono essere e avere. La sua frase preferita è: “Se rinasco voglio essere la moglie dell’ispettore Barnaby”.

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