La Belle Epoque a Messina tra spie e processi

messinafine800Lo di Messina rappresenta da sempre un avamposto militare di primaria importanza nell'area del Mediterraneo. Controllare lo Stretto significa controllare “la porta della Sicilia”, indubbiamente, ma anche una delle “scorciatoie” verso l'Africa e l'Oriente.

La difesa delle coste messinesi dunque, era una delle maggiori preoccupazioni dei regnanti, carpirne i segreti, l'aspirazione di spie, militari e governi stranieri.

A fine Ottocento, la tensione tra gli stati è palpabile. L'Italia fa parte della Triplice Alleanza insieme all'Austria e alla Germania e le politiche coloniali perseguite dai governi italiani cozzano fortemente con le mire espansionistiche della in Africa.

Fervono le attività di spionaggio. E' necessario difendersi ed essere pronti ad attaccare, conoscere il nemico. Ogni stato incrementa gli investimenti nelle attività di intelligence. Sotto la coltre del segreto, si incrociano dossier ed abili spie, infiltrate nei settori più improbabili della società civile.

Uno scandalo però scuote l'opinione pubblica internazionale. Nel 1894, in Francia, l'ufficiale di artiglieria Alfred Dreyfus è accusato di spionaggio a favore dell'Impero tedesco. Processato, è giudicato colpevole, degradato e condannato ai lavori forzati. Riaperto il caso anni dopo, nel corso del processo si dimostra l'infondatezza delle accuse contro di lui, ma la Corte Militare non annulla la condanna precedente. Nel settembre 1899 Dreyfus è graziato dal Presidente della Repubblica Emile Loubet e pienamente riabilitato solo nel 1906.

La vicenda ha una forte eco in tutta Europa, anche per i suoi risvolti di tipo nazionalista e antisemita, visto che Dreyfus è ebreo. A seguire, tocca all'Italia vivere il suo piccolo-grande scandalo interno quando, la mattina del 5 luglio 1904, Messina si risveglia con la notizia dell'arresto del capitano Gerardo Ercolessi e della moglie Guglielmina Zona. I due sono accusati di tradimento per aver sottratto e venduto ai francesi i piani di mobilitazione riferiti alle fortificazioni ed alla difesa territoriale dello Stretto.

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La copertina del libro di Vincenzo Caruso

Un shock incredibile per la patria da poco riunita, fiera ed orgogliosa dell'amore dei suoi figli: grande il disprezzo per il capitano Ercolessi e la moglie connivente, esemplare la condanna richiesta a gran voce da tutta l'opinione pubblica. Impietosa la stampa nei confronti dei due traditori.

Tuttavia, il processo dibattuto innanzi alla Corte d'Assise di Messina si risolve, nonostante prove schiaccianti, con la piena assoluzione di Guglielmina Zona e la condanna a soli cinque anni e dieci mesi di reclusione per Gerardo Ercolessi che, concluso il processo, è ignominiosamente degradato ed espulso dall'esercito nella piazza d'armi della Cittadella.

Grande la delusione, in special modo di tutti quelli che avevano visto leso l'onore della patria e facilmente espugnabile la sicurezza di un giovane stato che si mostrava inattaccabile nella propaganda ma vulnerabile nei fatti.

Riconoscendo al capitano la sola colpa di aver sottratto documenti riservati e respingendo la possibilità che questi avesse venduto a stati stranieri notizie relative alla difesa del paese, la Corte di Messina “insabbiava” una vicenda politicamente scomoda e soprattutto “mediaticamente rumorosa”, della quale scrive Vincenzo Caruso nel suo libro  “Il caso Ercolessi”, pubblicato nel 2007 dall'Istituto di Studi Storici “Gaetano Salvemini” di Messina.

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