Merli e Malvizzi

Senatoe Loggiadeimercanti
Antica stampa che raffigura il Palazzo del Senato

Nel XVII secolo Messina era un'importante città portuale, anche grazie alla sua posizione strategica all'interno del Mediterraneo. Nel XIV secolo i regnanti aragonesi le attribuirono numerosi privilegi e Alfonso il Magnanimo le concesse il privilegio più importante: il Senato.

Questi privilegi scatenarono inevitabilmente la gelosia dell'eterna rivale, Palermo. Al punto che nel 1610 i nobili panormiti riuscirono a persuadere la Corona ad abolire alcuni dei privilegi accumulati da Messina negli ultimi secoli proprio grazie ai sovrani spagnoli.

Le pestilenze della metà del Diciassettesimo secolo ed il fallimento della rivolta antispagnola guidata dal palermitano Peppe Alesi tra il 1647 ed il 1648, alimentarono rancori e malumori.

Nel 1671 divenne stratigò di Messina il generale Luis dell'Hojo, che sfruttò i continui dissidi tra il popolo ed i nobili perseguendo il principio del divide et impera.

Insinuò nell'aristocrazia il dubbio che la plebe stesse organizzando una sommossa, al popolo fece credere che la causa di tutti i suoi mali (comprese fame e violenza) dipendessero dai più ricchi.

Alla fine la rivolta scoppiò effettivamente ed i poveri presero d'assalto i palazzi nobiliari. La città si trovò divisa in due fazioni: i Merli (aristocrazia) ed i Malvizzi (piccolo borghesi e popolani). Contri i privilegi dei primi, questi ultimi pretendevano che la città fosse governata dal popolo.

La situazione scappò di mano anche a dell'Hojo e nel luglio del 1674 il popolo attaccò i nobili asserragliati nei propri palazzi. Il vice re don Claudio La Moraldo arrivò a Messina accompagnato dalle sue truppe, cacciò il generale dell'Hojo, portò generi alimentari per placare la fame dei più poveri e cercò di mettere tra Merli e Malvizzi.

Ma i messinesi ormai puntavano a creare una repubblica marinara come le storiche Genova, Venezia , Pisa e Amalfi e chiesero l'intervento del re di Francia Luigi XIV, che nel 1675 inviò soldati e navi comandati dal duca di Vivonne.

Sconfitti gli spagnoli, il duca prese possesso della città. Dopo due anni passati a lottare contro le città rimaste fedeli agli antichi dominatori (Reggio Calabria, Milazzo, Taormina, Alì e Fiumedinisi) i messinesi si resero conto che i francesi non erano migliori di chi li aveva preceduti.

I francesi abusarono della città oltre ogni limite e tra il 1677 ed il 1678 ci furono diverse sommosse contro questi ultimi. Sempre nel 1678, senza che la città ne sapesse nulla, Spagna e Francia siglarono il trattato di pace di Nimega e nell'aprile di quell'anno le truppe del Re Sole lasciarono lo Stretto.

Messina tornò in mano alla Corono di Spagna, che reagì con violenza: aboliti tutti i privilegi compreso il Senato, il cui palazzo fu demolito. La Zecca fu trasferita a Palermo e l'università fu chiusa. Una reliquia importantissima per la città, quello che la leggenda considerava uno dei capelli della Madonna, fu regalato a Fiumedinisi, che era rimasta fedele alla Corona spagnola.

La perdita maggiore fu quella dell'archivio, che fu trasferito prima a Palermo e poi in Spagna, privando la città della propria memoria, mentre lo stratigò fu sostituito fino al 1812 da un governatore militare.

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