La versione di Luigi

De Magistris a Palermo

C'è chi non ama la ribalta, chi se ne sta un po' in disparte, sale sul palco dicendo poche parole ma cariche di emozioni e di giustizia e poi se ne va tra la gente, conversa scherzosamente, parla della sua Napoli e non rifiuta neanche un'intervista, nonostante le migliaia di domande che gli sono state poste fino a quel momento. Questo è Luigi De Magistris, magistrato e sindaco di Napoli targato Italia dei Valori, arrivato a sorpresa il giovedì dedicato al ricordo di Paolo Borsellino. Sembra a suo agio anche quando qualcuno gli domanda se la sua città si libererà mai dalla spazzatura. “ A costo di mangiarmela”, risponde scherzando. In questo giorno particolare, come tutti i presenti, ha voglia di sorridere, anche lui magistrato perseguitato dallo Stato per la sua voglia di far rispettare le regole, toccando pure rapporti ambigui dell'imprenditoria con le inchieste Why Not e Toghe Lucane, che sono state la causa del suo trasferimento da varie procure per “errori procedurali”.

Col suo fare da napoletano non si nega neanche a noi, concedendoci poche parole che in quella giornata, come quelle di tanti altri, sono state importanti.

Da quando è sindaco di Napoli cosa è cambiato rispetto al fare magistratura in termini di possibilità di azione? “Una cosa è fare il magistrato, un'altra è fare il sindaco (ride ndr). I valori sono comunque gli stessi, ma il magistrato conduce le indagini, prepara i processi, ricerca la verità su fatti singoli. Il sindaco invece, cerca di cambiare la società attraverso l'azione politica, che è un tipo di azione diversa. Noi l'abbiamo fatto in maniera rivoluzionaria a Napoli e volenterosi continueremo a farlo”.

Dal suo punto di vista di magistrato, cosa è cambiato tra oggi e venti ani fa in Italia? “C'è sicuramente più consapevolezza, più coscienza e voglia di reagire nel cosiddetto paese “reale”. Credo ci sia anche più maturità nell'affrontare fino in fondo le collusioni tra mafia e potere e io sono fiducioso che quella culturale auspicata da si stia realizzando nel miglior modo possibile”.

Cosa dovrebbe fare chi all'epoca dell'attentato di via D'Amelio era troppo giovane per ricordarlo o non era ancora nato? “Non essere indifferente, lottare e saper schierarsi dalla parte giusta, avere dignità, ribellarsi quando ci si trova a confronto con episodi di ingiustizia e, infine, avere sempre prima l'essere e poi l'avere come priorità”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *