La peste del 1575 e la rinascita del teatro

teatrosantelisabetta
L'antico teatro Sant'Elisabetta
Due settimane fa, all'interno di “Gran Mirci”, avevamo parlato della peste che nel 1743 colpì Messina, durante la quale morì addirittura il 60% della popolazione peloritana. Avevamo accennato anche all'inarrestabile epidemia che nel 1347 colpì tutta Europa, diffondendosi a causa di una goletta genovese giunta nel porto della nostra città. Furono i due contagi più terribili che investirono il centro dello Stretto ma, in realtà, la città dello Stretto fu colpita altre volte dal terribile virus della peste bubbonica e proprio alla pestilenza del 1575 è legata la prima rappresentazione teatrale di Messina, della quale ricorre oggi il 436esimo anniversario.

Dopo un anno tragico, segnato da numerose e fughe nutrite, Messina si apprestava a trovare una nuova normalità. Fu così che per festeggiare il rientro in città di diversi nobili che si erano ritirati come di consueto nelle tenute di campagna per sfuggire al contagio, il nobile don Paolo La Rocca regalò alla città la sua prima commedia, aprendo alle persone più in vista la sua villa di Pace.
Il ricco filantropo peloritano chiamò una delle compagnie teatrali italiane più importanti dell'epoca, la “Uniti” di Piacenza e per annunciare l' fece stampare numerosi opuscoli che furono distribuiti insieme agli inviti. Nessuno volle mancare all'importantissimo evento e pare che molti nobili giunsero persino da Palermo ed Agrigento.

Fortunatamente è giunta fino a noi un'interessantissima testimonianza dell'epoca, riportata da Giacomo Crescenti nelle sue Istorie Messinesi, che ci racconta lo sfarzo e l'opulenza della rappresentazione messa in scena da don Paolo La Rocca: “Or venuta la sera della commedia, si trovarono essere ottimamente apprestati così la scena, come gli ordini delle sedie degli spettatori, in un'ampia e capacissima sala adornata d'ogni intorno di finissimi e vaghissimi panni, e illuminata da molte artificiose lampade che, nutrendo d'odorato liquore i lumi, mandavano in ogni parte molto splendore ed odore. Questa sala era in guisa di bel teatro formata: da una parte era collocata la scena, nel cui frontespizio appariva la sembianza d'una gran città, da ingegnosi legnaiuoli maestrevolmente formata, ed eccellentemente dipinta con disegno d'ottimo artificio di prospettiva. Davanti alla scena erano poste le sedie per le donne, e intorno ad esse, secondo l'usanza, quelle per gli uomini, ove, man mano che essi giungevano, erano per ordine agiatamente accomodati.

Fra i convitati, e specialmente fra le donne, si vide tant'oro, argento, seta, e tanti fregi, di perle e di gemme ornati, che mai erano stati visti in Messina con tanta profusione. Intorno ad un'ora di notte ecco cadere dal cielo una moltitudine di piccoli cartigli, nei quali si leggeva un sonetto stampato d'ordine dallo stesso La Rocca. Dopo ciò si dié principio allo spettacolo. I comici altro in iscritto non avevano che l'ordine delle scene, dato che essi per mirabile felicità dei loro ingegni, proferivano all'improvviso le parole occorrenti all'azione, con quella prontezza che l'uso e l'arte e una capacità loro conferiva. Tutto fu trovato magnifico e degno d'essere riprodotto. Così aveva cominciamento la nuova arte comica della nostra città”.

Il 26 marzo del 1576, quindi, Messina iniziò la sua lunga tradizione teatrale che la porterà, nel giro di qualche secolo, a diventare un punto di riferimento per tutto il sud Italia. Nel diciannovesimo secolo infatti, proprio in riva allo Stretto fu inaugurato il primo teatro stabile dell'Isola, il Sant'Elisabetta, che ancora oggi possiamo vedere in via Garibaldi con il nome di “Vittorio Emanuele”.

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