La medicina naturale – quinta parte

medicinanaturaleIl Settecento segna il coronamento dei secolari sforzi per la classificazione del mondo vegetale, con il Systema naturale del grande naturalista svedese Carlo Linneo (1753). Fondatore della moderna botanica sistematica, Linneo fu anche valente medico erborista; egli riorganizzò la vasta e caotica materia fitoterapica e ampliò la conoscenza delle droghe esotiche. Se con Linneo e i suoi successori, l'opera di classificazione aveva raggiunto una sua compiutezza, erano ancora in gran parte ignoti la struttura intima e i principi delle piante.

In questo senso saranno indirizzati gli sforzi e gli studi degli ultimi due secoli del millennio. L'utilizzo del microscopio ingrandirà a dismisura il regno vegetale, permettendo  tra le altre cose di puntualizzare il concetto di cellula. I progressi della biochimica porteranno a riconoscere e isolare i principi attivi di moltissime piante e determineranno anni di fermento attorno all'individuazione di nuove droghe. Torneranno di moda il papavero dei Babilonesi e la china degli indigeni peruviani, con la differenza che di queste, come di altre piante, saranno svelate le modalità di azione sul corpo umano.

Saranno introdotti nella farmacologia la coca e la cocaina (nel 1884 fu praticata senza dolore un'operazione di cataratta su un paziente nel cui occhio erano state instillate gocce di un preparato a base di cocaina: la storia ebbe così il suo primo anestetico!). All'inizio dell'Ottocento il chimico tedesco Serturner isolerà, a partire dall'oppio dei papaveri, la morfina.

Da allora le proprietà terapeutiche delle piante saranno stabilite a partire dai componenti chimici contenuti in ogni singolo vegetale. Il trionfo della chimica nel Novecento porterà fino alla possibilità di riprodurre sinteticamente molti principi attivi delle piante e quindi ad una momentanea messa in ombra della fitoterapia (termine introdotto nel 1897 dal medico francese Henry Leclerc), che tornerà in auge in tempi successivi quando anche la chimica avrà mostrato i suoi limiti.

La domanda che la medicina contemporanea si è trovata più volte a porsi è: le piante hanno perso la loro utilità? Domanda la cui risposta è un chiaro e netto “NO”.  E questo per dei validissimi motivi, legati in primo luogo al fatto che anche la medicina chimica-industriale riconosce come insuperati alcuni rimedi di origine vegetale (è il caso della digitalina, cardiotonico estratto dalla digitale, e dell'atropina, antispastico che arriva dalla belladonna) e, in secondo luogo, al fatto che determinati prodotti sintetici si ottengono da una base vegetale (il cortisone e i suoi derivati, ad esempio, si procurano da un processo di semisintesi in cui l'agave e l'igname costituiscono materia organica imprescindibile).  E d'altra parte, come già tremila anni fa sosteneva Asclepio di Tessaglia e poi riadattò Rudolf Weiss, autore del magistrale Trattato di Fitoterapia: “Prima la parola, poi la pianta, poi il farmaco, per ultimo il bisturi”.

Per contattare il dottor Di Prima, farmacista e naturopata, potete scrivere a: anticospeziale@virgilio.it

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