La leggenda di San Placido e del pozzo miracoloso

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La chiesa di San Giovanni di

Tra le tante leggende religiose di Messina, una riguarda la cosiddetta acqua miracolosa del pozzo di San Placido. Ha origine dal ritrovamento del corpo del monaco benedettino Placido, poi santificato, nel 1588 durante i lavori di rifacimento della chiesa di San Giovanni di Malta.

Placido era figlio del senatore romano Tertullo della gens Flavia e della nobildonna messinese Faustina. Nel 535 d.C. fondò un monastero nell'area delle attuali Prefettura e Questura, dedicato a San Giovanni Battista.

Nel febbraio del 541 un'orda di pirati saraceni  prese d'assalto la chiesa ed il convento. Come scrive lo storico Caio Domenico Gallo, “rompendo le porte del monastero, posero in ceppi e catene i santi monaci, e con essi Placido, i suoi due fratelli e la castissima sorella, che costanti nella confessione della santa fede di Gesù Cristo, tormentati in varie guise, furono tutti fatti morire…

Dopo che i barbari saraceni, col loro conduttore Mammucca, fecero tale strage, vedendo che i cittadini si erano posti in armi alla difesa e che la bellicosa città di Messina superar non potevano, diedero le vele al vento per passare alla desolazione di Reggio. Ma ben tosto pagarono il fio di loro empietà, imperciocché appena allontanati dal lido messinese, vennero ingoiati dalle onde per una fiera tempesta, che li fece tutti intieramente sommergere”.

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L'entrata della chiesa di San Giovanni di Malta

I monaci furono torturati a lungo fino alla morte e a San Placido fu anche strappata la lingua. Papa Virgilio decise di canonizzare Placido e i suoi fratelli Eutichio, Vittore e Flavia e sancì la ricostruzione del monastero, totalmente distrutto dall'assalto dei pirati, anche se per vedere il nuovo convento fu necessario aspettare parecchi secoli e i Cavalieri di Malta, che alla fine dell'XI secolo presero possesso dell'area.

Tornando al 1588, durante i lavori di restauro progettati da Jacopo De Duca, si scoprirono quelli che furono ritenuti i corpi di San Placido (compresa la sua lingua trovata in un vasetto), dei suoi fratelli e di altri 33 monaci uccisi mille anni prima. Ed è sempre Gallo, nei suoi Annali, a raccontare che dai resti sgorgò “dolce e copioso fonte d'acqua meravigliosa, per mezzo della quale Dio si compiacque operare infiniti ed ammirevoli guarigioni, anche di disperati ostinatissimi malori”.

Parzialmente danneggiata dai terremoti del 1783 e del 1908, la chiesa fu demolita con la dinamite per fare spazio alla Questura e alla Prefettura. Dell'imponente plesso religioso oggi restano solo la tribuna e l'abside con il sacello. Nel cortile c'è ancora il pozzo, ma dell'acqua miracolosa non c'è più traccia.

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