Giovanni Morabito: “I sogni dei tifosi sono i miei”

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Giovanni Morabito con la maglia dell'H. Verona
E' un fiume di emozioni, di forza e di grinta il capitano dell'Acr Messina. Giovanni Morabito, reggino doc. Trasuda orgoglio dalle sue parole, fiero di portare una maglia ed una fascia cariche di significato. Dopo l'ultima esperienza nella “sua” Reggina nel 2007, Morabito è tornato a respirare l'aria dello Stretto e questo sembra averlo rivitalizzato. Ha preso per mano il gruppo imbastito in pochi giorni da Leonardo e Campolo ed ha già messo a segno una rete, dato statistico non indifferente per chi, come lui, non ha mai avuto un grande feeling con il goal. Deciso più che mai a seguire l'esempio del suo allenatore, reggino di nascita e capitano della “nemica” storica della sua squadra d'origine, Morabito evita le frasi di circostanza allontanando la banalità.

Un reggino, bandiera amaranto, che diventa capitano del Messina. Ci sono tutti i presupposti per seguire le orme di mister Campolo.
L'intenzione è proprio questa. Io sono già felicissimo di indossare questa maglia, non posso descrivere l'importanza di portare sul braccio la fascia di capitano. E' la classica ciliegina sulla torta, non è un pezzo di stoffa fine a se stesso. Da reggino, indossare i galloni di capitano del Messina è un enorme orgoglio. La porto a testa alta e vorrei che alla fine tutti pensassero che Giovanni Morabito è il capitano del Messina perché lo merita. Intendo così questa responsabilità, come un onore”.

A 32 anni, dopo aver giocato in serie A, come si raccolgono le motivazioni per fare bene in serie D?
“Con la voglia infinita di giocare. Alla fin fine, se escludiamo la pessima esperienza di Barcellona, sono due anni che sono fermo. La mia voglia è aumentata giorno dopo giorno. Mi allenavo da solo e la mia voglia di giocare cresceva sempre più, fino a quando è arrivata questa occasione che ho preso al volo. Messina è una piazza importantissima a cui posso dare tanto e spero di farlo”.

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Il capitano dell'ACR quando giocava nella Reggina

Lei è il capitano di questo gruppo, assemblato in pochi giorni. Si sente responsabile di fronte ai giovani che stanno crescendo nel Messina?
“Le parlo sinceramente, le responsabilità non mi hanno mai preoccupato. Ho esordito in serie A a 17 anni ed ho fatto presto ad abituarmi alle responsabilità. Spero di essere un modello per loro, voglio fortemente esserlo, magari evitandogli errori che alla loro età sono normali, fisiologici. Se sono già un punto di riferimento per questi ragazzi non lo so, ma di sicuro è uno degli obiettivi che mi pongo. L'esperienza e l'età ti conferiscono lo possibilità di fare da “chioccia” alle nuove generazioni. Io mi sento pronto, mi auguro di essere utile a questi ragazzi”.

La dirigenza parla di serie B in quattro anni. Lo ritiene un obiettivo possibile? Pensa di poterne far parte?
“Una cosa è certa. Il sogno che può avere un normale tifoso del Messina è comune al mio, a quello della squadra ed a quello della società. E' una tristezza infinita vedere il Messina in serie D, lo sarebbe anche se giocassimo in C-2 o in C-1. Ma al momento è questa la categoria. Spero di poter portare in alto i colori giallorossi, per riconsegnare a questa città il ruolo che le compete e di far parte di questo ambizioso progetto. Sarebbe un onore per me, finire la carriera a Messina, diventandone una bandiera”.

Nelle piazze in cui ha giocato, ha sempre lasciato un ottimo ricordo. C'è perfino un gruppo su facebook che la segue, nato proprio per non perderla di vista: “Che fine ha fatto Giovanni Morabito?”.
“Sì, mi era arrivata la voce. Per me è motivo di orgoglio, perchè mi rendo conto di aver fatto bene dovunque sono stato. Io sono un passionale, ho bisogno di emozioni, vivo solo ed esclusivamente di questo. Non ho mai guardato alla categoria ma all'importanza che posso ricoprire in una squadra. Io voglio essere decisivo sempre, vivo per questo. Mi piace credere di essere sempre stato apprezzato proprio per questo modo d'intendere il calcio”.

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