Eolie, scoperta a 130 metri di profondità nave di 2000 anni fa

Relitto Panarea III 4 photo GUEUn successo le ricognizioni archeologiche subacquee in alto fondale nel mare di Pantelleria e delle Isole Eolie condotte dalla Soprintendenza del Mare in collaborazione con la Global Underwater Explorers, che ha messo a disposizione due mini sommergibili biposto dotati di braccio meccanico e attrezzature di documentazione videofotografiche.

La ricerca ha portato alla scoperta nelle acque di Lipari a 130 metri di profondità di una nave affondata 2000 anni fa e al rinvenimento di un altare con decorazione in rilievo ad onde marine, che dimostra che a bordo delle antiche navi si sacrificava agli dei per propiziare la navigazione.

Le ricerche sui siti indicati dalla Soprintendenza del Mare sono state effettuate con due sommergibili “Triton submersibles” e con l'impiego di subacquei altofondalisti. Le tecnologie utilizzate per la missione sono state fornite dalla GUE e dalla Brownie's Global Logistic, insieme alla nave “Pacific Provider”, di 50 metri, dotata delle più recenti tecnologie dedicate alle immersioni tecniche subacquee e di una camera iperbarica che ha fatto da supporto alle operazioni di ricognizione.

La campagna di esplorazioni archeologiche in alto fondale è stata condotta nelle acque di Pantelleria, Lipari e Panarea. Coordinata per la Soprintendenza del Mare da Sebastiano Tusa e Roberto La Rocca con l'ausilio di Salvo Emma, nell'ambito del progetto “Project Baseline” della GUE.

Entusiasta dei risultati il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa: “Di relitti antichi e moderni nella mia lunga carriera di archeologo ne ho visto e toccato a decine, ma essere riuscito a raggiungere un relitto di una nave naufragata 2000 anni fa che si trova nel buio e nel silenzio di 130 metri di profondità mi ha dato un'emozione indescrivibile che non avevo mai provato.

Relitto Panarea III Sommergibile Titan photo GUEAvere la possibilità, grazie al batiscafo messo a disposizione dalla GUE, di adagiarmi dolcemente sulla distesa di anfore e osservarle una ad una per oltre tre ore, di “toccarle” con il braccio antropomorfo facile da usare come un gioco elettronico da park, è stata una delle esperienze più interessanti della mia vita che mi ha fatto comprendere ulteriolmente quanto la tecnologia possa ormai aiutare la scienza. Il risultato più eclatante è stata la scoperta di un reperto eccezionale: un altare in terracotta su colonnina con decorazione in rilievo ad onde marine”.

L'attività più consistente e di successo si è avuta con il relitto di Panarea III, già identificato nel 2010 in seguito ad una campagna di rilevamenti a mezzo side scan sonar con la collaborazione della Fondazione Aurora Trust.

Si è effettuata la fotogrammetria in 3D dell'intero carico anforaceo e una accurata documentazione fotografica ad alta definizione. Avendo avuto la possibilità di analizzare con sistematicità il carico osservandolo sia per mezzo del batiscafo che tramite le ricognizioni dei subacquei altofondalisti, si sono raccolti interessanti dati sul carico.

In particolare si è notato che la maggior parte delle anfore sono del tipo greco-italico, ma una consistente parte era anche costituita da anfore puniche posizionate su una estremità del carico che si ipotizza essere la parte prodiera.

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