Placido Rizzotto restituito alla storia dopo 64 anni

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Il sindacalista

Placido Rizzotto fu assassinato il 10 marzo del 1948. Per uno strano gioco del destino, a distanza di 64 anni, il 9 marzo del 2012, arriva la conferma che i resti trovati nel del 2009 in una foiba di Rocca Busambra appartengono proprio a lui, il segretario della Camera del Lavoro di Corleone assassinato dalla mafia locale perché difendeva i contadini che occupavano le terre incolte che i ricchi possidenti della zona si rifiutavano di lasciare libere.

“Dopo 64 anni durante i quali la Cgil non si è mai stancata di chiedere verità e giustizia -dichiarano Dino Paternostro, segretario della Camera del lavoro di Corleone e responsabile del Dipartimento Legalità della Cgil di Palermo e Maurizio Calà, segretario generale della Camera del lavoro di Palermo- lo Stato è riuscito a fare luce sull'orrendo delitto e a creare le condizioni perché il corpo di Rizzotto sia riconsegnato alla sua famiglia e al suo sindacato. Dopo 64 anni Placido Rizzotto potrà avere la sua tomba e i cittadini democratici un luogo dove portare un fiore e versare una lacrima. Ma il ritrovamento del corpo di Rizzotto nella foiba di Rocca Busambra conferma il valore delle indagini condotte nel 1949 dal capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che aveva arrestato alcuni killer, ottenendo la piena confessione del delitto, poi ritrattata al processo, conclusosi con l'assoluzione per insufficienza di prove di tutti gli imputatiSi conferma così quella che era la verità storica sul delitto: Placido Rizzotto fu assassinato da Luciano Liggio e dai suoi picciotti su mandato del capomafia Michele Navarra, perché organizzava i contadini nelle lotte per la terra. La Cgil ringrazia per il brillante risultato la Polizia di Stato e la magistratura, che hanno condotto indagini rigorose, coronate da questo importante successo. Placido Rizzotto è un martire della lotta per la democrazia e per la libertà in Sicilia”.

Nato nel 1914 a Corleone, Placido Rizzotto era il primo di sette figli. Dopo l'arresto del padre, ingiustamente accusato di far parte di una famiglia mafiosa, dovette lasciare la scuola e occuparsi dei fratelli, visto che la madre morì quando era bambino. Durante il secondo conflitto mondiale prestò servizio nell'esercito e dopo l'8 settembre partecipò alla lotta partigiana nelle Brigate Garibaldi.

Terminata la guerra tornò a Corleone e iniziò l'attività politica e sindacale. Fu presidente dei reduci e combattenti dell'Anpi, l'Associazione nazionale partigiani, di Palermo e segretario della Camera del Lavoro di Corleone. La sera del 10 marzo fu rapito da alcuni mafiosi mentre si recava ad una riunione politica. La sua colpa era quella di difendere i diritti dei contadini che rivendicavano la terra. Ma il suo omicidio ebbe un testimone, Giuseppe Letizia, un pastore adolescente, che riuscì a vedere in faccia gli assassini. Avere assistito alla morte di Placido Rizzotto gli costò la vita, perché il mandante del delitto, il medico e boss mafioso Michele Navarra, lo uccise con un'iniezione letale. 

A condurre le indagini il capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che riuscì ad arrestare Pasquale Criscione e Vincenzo Collura. In un primo momento i due ammisero di avere partecipato con il mafioso Luciano Liggio, latitante fino a metà degli anni Sessanta, al rapimento del sindacalista. Poi però ritrattarono e furono assolti per insufficienza di prove.

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