Cultura. La Sicilia tra minoranze linguistiche ed eredità etniche al parco archeologico di Naxos

Conservare le paroleMESSINA. La Sicilia tra minoranze linguistiche ed eredità etniche è stata al centro dell'incontro organizzato da Naxoslegge e dal parco archeologico di Naxos-Taormina. Pier Franco Bruni, responsabile Progetto Etnie del Mibact, incalzato dalle domande di Fulvia Toscano, direttore artistico del Festival Naxoslegge, e degli studenti del Liceo Caminiti di Giardini Naxos ha parlato dell'importanza della difesa e della tutela del linguistico e in particolare delle lingue minoritarie. “Parlare di minoranze linguistiche – ha spiegato Bruni – significa recuperare la memoria delle comunità e l'identità di un territorio. Conservare le parole, la sintassi o la morfologia di una lingua equivale a tutelare la storia di un popolo e di un territorio che ha creato delle connessioni e delle contaminazioni con i popoli e i territori limitrofi. E in Sicilia non possiamo non fare riferimento alla minoranza italo-albanese e alla storia del popolo arbereshe quando parliamo di eredità ed influenze culturali. Non solo greche, arabe o normanne, in Sicilia le contaminazioni sono arrivate anche dai Balcani”.

Conservare le parole 2

Il sacro degli altri 2Per la sezione Ierofanie, lo spazio di Naxoslegge dedicato al sacro, è stato presentato al parco archeologico di Naxos il catalogo Il sacro degli altri. Culti e pratiche rituali dei migranti in Sicilia di Attilio Russo e Giuseppe Muccio. Partendo dal catalogo della mostra fotografica Ignazio Buttitta e Giole hanno fatto un focus sulle pratiche religiose delle comunità di migranti che ormai da anni si sono innestate nel territorio siciliano. “I diversi culti – ha detto Buttitta – partono da una univoca necessità di tutti gli uomini, indipendentemente dal luogo da cui provengono, di rapportarsi alla trascendenza in forme e in modi che possono sembrare distanti tra loro ma che rivelano istanze”. “Un percorso tra le pratiche rituali dei diversi popoli che sono giunti in Sicilia per mostrare alle comunità autoctone – ha sottolineato Zisa -la vita parallela delle altre realtà religiose soffermandosi sui punti di contatto, senza tralasciare le differenze, tra i culti degli altri e la religione cattolica”.

Il sacro degli altri

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