Attualità. Messina, all’istituto Verona Trento il seminario nell’ambito del progetto “Le(g)ali si può”

foto 1Le azioni di recupero destinate a giovani inseriti in contesti criminali. E' stato questo il tema del secondo seminario organizzato nell'ambito del progetto Le(g)ali si può attorno al quale, davanti a una platea di oltre un centinaio di studenti universitari e allievi dell'istituto Verona Trento, si sono confrontati i docenti dell'Università di Messina Luigi Chiara e Lina Panella, il presidente dell'Ordine degli Avvocati Vincenzo Ciraolo e Salvatore Rizzo, socio fondatore della cooperativa Ecosmed. L'incontro, moderato dal giornalista Alessio Caspanello, è stato introdotto dall'intervento del presidente dell'Associazione Bios Carmelo Lembo, capofila dell'iniziativa, che si è soffermato in particolare sulle molteplici attività previste dal progetto: dai laboratori di danza, pittura e artigianato che si stanno svolgendo nelle parrocchie e nei Centri socio-educativi per minori e famiglie dei villaggi di Camaro e Gravitelli, al reinserimento socio-lavorativo di minori in esecuzione penale. Dopo i saluti del presidente del Centro Studi Paolo Borsellino Rita Borsellino, in collegamento Skype da Palermo, a dare il via ai lavori con un'analisi del rapporto tra minori e mafie è stato il professor Luigi Chiara “Si parla spesso – ha esordito il docente di Storia Contemporanea – di un cosiddetto “codice d'onore della mafia” che tutela donne e bambini. In realtà si tratta solo di un luogo comune profondamente falso. Donne e minori, spesso, sono parte integrante di contesti criminali che si sviluppano quasi sempre a partire da situazioni di degrado sociale. Per evitare che i minori diventino organici alle associazioni criminali è innanzitutto necessario utilizzare strumenti diversi dal diritto penale che dovrebbe rappresentare l'extrema ratio e non la sola ratio”.

foto 2A illustrare le misure di tutela rivolte a minori inseriti in contesti criminali è stato il presidente dell'Ordine degli Avvocati Vincenzo Ciraolo. “Per contrastare i fenomeni mafiosi non è sufficiente la repressione, ma serve la costruzione di percorsi volti ad allontanare i minori dai contesti criminali che siano basati su lavoro e politiche di riscatto socio-economico. In questo ambito un esempio virtuoso – ha precisato Ciraolo – è il metodo utilizzato dal presidente del Tribunale dei Minori di Reggio Calabria Roberto Di Bella che, in alcuni casi, oltre a sottrarre la potestà genitoriale ai mafiosi, allontana i loro figli dai contesti criminali per fargli sperimentare una chanche di vita diversa”. A focalizzare l'attenzione sull'importanza dell'ambiente in cui il minore cresce e vive è stato soprattutto Salvatore Rizzo di EcoSmed, cooperativa che si occupa di politiche sociali emancipatorie e partner del progetto Le(g)ali si può: “L'esperienza maturata dalla nostra rete con gli internati dell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto – ha detto Rizzo – ci ha insegnato quanto determinati luoghi siano nocivi per l'individuo. Dispositivi di controllo e separazione come Opg o Spdc (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) vanno distrutti a favore di realtà capaci di generare opportunità, umanità e inclusione. Lo stesso vale per i 48 villaggi della nostra città – ha precisato Rizzo – le nostre funzionano esattamente come un opg, dove i minori restano ai margini della società per essere controllati e gestiti, ad esempio, attraverso politiche clientelari. Per allontanare un minore dalla mafia non servono dispositivi di controllo e repressivi, ma sono necessarie politiche molto più attente dal punto di vista sociale”. Dal tema del “diritto disciplinante” si è poi passati al cosiddetto “diritto che non c'è” e che, spesso, rende un minore facile preda della criminalità organizzata. “E' il caso – ha commentato la professoressa di Diritto Internazionale Lina Panella – di circa 1 milione di bambini nati in Italia, ma che non hanno la cittadinanza italiana. Spesso si accostano le ultime ondate migratorie alla legge sullo ius soli, ma – ha spiegato Lina Panella – non c'è niente di più errato perché questa norma, che giace da anni in Senato inondata da migliaia di emendamenti, riguarda solo i bambini nati in Italia da genitori che hanno un permesso di soggiorno da almeno 5 anni. Senza considerare che in Italia è già previsto lo ius soli sportivo, ma un milione di comuni minori, invece, non vivono in uno Stato di diritto”.

I prossimi appuntamenti del ciclo di seminari organizzati nell'ambito del progetto Le(g)ali si può si terranno il 30 ottobre con un convegno su I rapporti tra la Corte di giustizia dell'Unione europea e i giudici nazionali e il 9 novembre con un confronto sul tema Giovani e Mafia: prevenzione, reclutamento e strategie di contrasto.

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