Attualità. Donne e carriera: riappropriamoci della nostra identità e impariamo a fare rete

Partigiani
Partigiane e gappisti a Milano il 25 aprile 1945

Anche se è un luogo comune, anche se dovremmo esserci abituate, fa male. Fa male leggere l'intervista a Vincenzo Barone, il rettore della Normale di Pisa, vale a dire quella che dovrebbe essere una delle culle dell'intellighenzia italiana, e scoprire che persino in quell'ambito le donne continuano a scontare la colpa più grave, quella che non ci è mai stata perdonata, il nostro personalissimo peccato originale: essere donne, appunto. Mettiamo da parte allora figure di scienziate come Maria Gaetana Agnesi, Marie Curie, Margherita Hack, giusto per citarne alcune, senza tralasciare le migliaia di donne che hanno partecipato alla Resistenza e le paladine della lotta politica come la pasionaria Dolores Ibàrruri, Simone Weil e le italiane Nilde Jotti, Tina Anselmi ed Emma Bonino, e limitiamoci di nuovo, dopo oltre un secolo di lotte femministe e di grandi conquiste, a ritornare a essere figure sullo sfondo, semplici comprimarie di un mondo declinato solo al maschile.

Come ammette nell'intervista rilasciata nei giorni scorsi a Guglielmo Vezzosi per il giornale online Quotidiano.net, il rettore Barone ha deciso di bloccare i concorsi fino a quando la commissione che esamina i curricula dei docenti da assumere non potrà operare in clima di serenità. Ogni volta che si propone il nome di una donna, alla Normale si apre una stagione di veleni che colpisce le candidate soprattutto nella loro vita privata. Tradotto: se ottieni il posto non è perché sei brava, preparata, hai tonnellate di pubblicazioni alle spalle e potresti essere un valore aggiunto per una delle università italiane più prestigiose, ma solo perché hai utilizzato la tua personalissima fortuna, quella sulla quale, secondo una famosa maitresse parigina della fine dell'Ottocento, ogni donna è seduta sopra.

A denunciare un sistema che si avvale di lettere anonime, fake news, pettegolezzi a sfondo sessuale e calunnie è stato però un uomo, il rettore Barone. E forse anche questo è un dato sul quale riflettere. Perché se è vero che una percentuale, per fortuna non elevatissima, di donne è andata avanti grazie ai propri talenti nascosti ma sapientemente usati, è anche vero che fino a quando le madri non insegneranno alle proprie figlie a puntare tutto su cultura, istruzione e cervello e a fare rete dissotterrando una sorellanza troppo presto messa da parte, avremo perso in partenza. E a vincere, ancora una volta, saranno i maschi frustrati e calunniatori e le femmine senza scrupoli.

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Elisabetta Raffa

Giornalista professionista dal secolo scorso, si divide equamente tra articoli di economia e politica, la cucina vegana, i propri cani, i libri, la musica, il teatro e le serate con gli amici, non necessariamente in quest’ordine. Allergica ai punti e virgola e all’abuso dei due punti, crede fermamente nel congiuntivo e ripete continuamente che gli unici due ausiliari concessi sono essere e avere. La sua frase preferita è: “Se rinasco voglio essere la moglie dell’ispettore Barnaby”.

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