#Arte. Concretezza, passione e colore, mostra di Vitalin Grimaudo al NebeCoffeeBook di Torre Faro

Vitalin Grimaudo 10 Sicilians
Vitalin Grimaudo

“La politica e la società italiana non danno tanto spazio agli artisti. In ogni caso io non mi tiro indietro. Andrò avanti sempre, perché l'arte aiuta ed è quel qualcosa in più che ti apre la mente e te la modella“. Idee chiare su quello che vuole fare e un futuro tutto da costruire. A parlare è Vitalin Grimaudo, 21 anni, origini ucraine, a Messina da quando ha sei anni. Alcuni giorni fa ha inaugurato al NebeCoffeeBook di la sua prima mostra, che resterà aperta fino al 10 agosto, e con lei parliamo di cosa significhi essere un' artista in questa città.

Partiamo dal principio: come è nata l'esigenza di esprimersi attraverso l'arte? “E una cosa che mi porto dietro sin da quando sono arrivata qui dall'Ucraina. Non parlavo l'italiano e per comunicare con me mia mamma, che è una grande appassionata di arte, mi portava nei musei perché era qualcosa che ci accomunava e diventava un modo per stare insieme. E comunque sono sempre stata molto curiosa. Il mio approccio all'arte è iniziato alle elementari, quando disegnavo i personaggi della Disney, una mia grande passione. Alle medie poi, avendo avuto un ottimo professore di storia dell'arte che in me aveva notato una certa attitudine per questa materia, sono stata stimolata in questo senso. Ricordo che in terza media, invece di comprare un regalo per il compleanno di mia mamma decisi di donarle un quadro realizzato da me e da allora non ho più smesso”.

I suoi genitori, entrambi universitari, come hanno vissuta la sua scelta di essere un'artista? “Mi hanno sempre appoggiata. Anche quando, uscita dal liceo artistico, ho frequentato solo un paio di mesi la facoltà di Economia e poi ho lasciato perdere perché il sistema universitario non mi è piaciuto per niente. Io sono una persona molto concreta, amo fare ciò che mi dà contatto con la materia. Però volevo un approccio poliedrico all'arte e così ho frequentato due corsi di fotografia, uno di design e realizzato 12 lampade nelle diverse sfumature dell'arcobaleno. Io sono una persona molto razionale da sempre, ma l'arte è un qualcosa che ti fa estraniare dalla giornata, ti fa pensare diversamente, ti dà grazia”.

Qual è la forma espressiva che preferisce? “Non tanto la pittura quanto la composizione, perché io amo toccare i materiali, sentirli. Per esempio, la mia opera Charlie del 2015, ispirata alla strage avvenuta nella redazione della rivista francese, che peraltro conoscevo e leggevo sempre, è nata dal fatto che quel giorno, seguendo i notiziari, ho visto tantissime persone che per protesta hanno fatto un'ora di silenzio con una matita colorata in mano. Le matite della mia opera rappresentano proprio loro, mentre le molte matite gialle sono le luci”.

Da cosa trae ispirazione e quali materiali usa? “Dipingo con l'acrilico perché è più opaco e lo preferisco all'olio. Per quanto riguarda l'ispirazione, molti dei quadri nascono attraverso le immagini che vedo. Però, essendo io molto minimalista e razionale, i miei quadri sono un risultato matematico e nulla è lasciato al caso.Mi piace uscire, guardarmi intorno e poi trasferire quello che mi colpisce sulla tela. E poi c'è il confronto con gli altri artisti. Non si può creare stando chiusi in una stanza, il rapporto con gli altri è fondamentale”.

Cosa significa essere giovani artisti in una città come Messina? “C'è molta creatività. Uno di loro, per esempio, dipinge utilizzando china e caffè. Ma essere un artista è sempre più difficile, non c'è fiducia verso il futuro. Viviamo in una società nella quale o sei un professionista affermato o non conti. Lo vedo anche con i miei che studiano all'università. Mi dicono: “Io mi sono ammazzato perché ho studiato tre tomi, tu che hai fatto oggi?” e io rispondo che ho lavorato a un quadro. Dietro le mie opere ci sono mesi e mesi di lavoro e se sbaglio devo ricominciare d'accapo, ma mi guardano come se non facessi nulla. E devo dire che questo atteggiamento riguarda soprattutto i miei coetanei. Mentre gli adulti, che hanno già avuto le proprie conferme in campo lavorativo, sono già affermati, hanno viaggiato e un quadro di un artista anche sconosciuto se lo comprano. Il ragazzo invece non lo prende neanche in considerazione”.

Com'è il rapporto con i coetanei che studiano? “C'è anche invidia, perché io sono molto libera. Mi alzo e lavoro, esco e lavoro. Io non sono una che va a prendere l'aperitivo o cose simili. Io esco per ispirarmi. Nel Rinascimento c'era la bottega e questo significava dimostrare di avere una professione. Ora la bottega non c'è più, non c'è l'atelier. Il ragazzo crea nella propria stanza o nel garage e quindi non si vede il sacrificio che c'è dietro. E comunque noi ancora non guadagniamo con questo lavoro. Magari un amico di famiglia ti chiede un quadro, ma che fai? Lo fai pagare? Ovviamente no e gli regali il quadro con la speranza che nel futuro le cose cambino. Dietro le nostre opere c'è un sacrificio di lavoro, di denaro e di ore impegnate del quale i miei coetanei non si rendono conto, ma non c'è differenza tra noi e i ragazzi che studiano. C'è chi mi dice: “Questo lo so fare anch'io” e la mia risposta è sempre la stessa: “La differenza è che l'idea l'ho avuta io e che tu copieresti”.

Vi tenete in contatto tra voi giovani artisti messinesi? “Noi ci siamo e ci teniamo in contato, ma siamo un po' dormienti perché la società non ci permette di farci vedere. Per esempio, se voglio fare una mostra, magari al Monte di Pietà, non la posso fare perché non sono un'artista conosciuta, affermata. Magari posso inserirmi in una collettiva, ma le pastoie burocratiche sono tante e se non hai qualcuno che ti aiuta non ce la fai. Ecco perché preferiamo i locali o i piccoli spazi. Oppure te ne vai fuori. Un mio amico è andato a Mantova, dove ha esposto e ha avuto persino la cittadinanza onoraria dal sindaco. Qui non succederebbe mai. E poi al Nord è normale andare a una mostra o un evento culturale del genere, mentre qui è ancora un qualcoa di eccezionale che non rientra tra le abitudini del quotidiano”.

Come sarà Vitalin Grimaudo tra 10 anni? “Mah, io vivo per imparare. Amo studiare, leggere, ma per me stessa, non per gli altri. Tra 10 anni sarò una persona che farà corsi e avrà ancora tanto da apprendere. Per quanto riguarda il lavoro, non so quanto sarò realizzata. Sono pessimista perché la società italiana è basata tutta sul guadagno e sul denaro. Non c'è più spazio per l'arte, che è vista come un hobby e nulla di più. I miei coetanei hanno paura del futuro e puntano a fare qualcosa che li faccia guadagnare e rimandano quello che li appassiona a dopo i 50, i 60 anni. E' una società venale e su questo non mi faccio molte illusioni”.

L'ingresso alla mostra è gratuito e si può visitare dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 24. Per maggiori informazioni: @nebecoffeebook

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Elisabetta Raffa

Giornalista professionista dal secolo scorso, si divide equamente tra articoli di economia e politica, la cucina vegana, i propri cani, i libri, la musica, il teatro e le serate con gli amici, non necessariamente in quest’ordine. Allergica ai punti e virgola e all’abuso dei due punti, crede fermamente nel congiuntivo e ripete continuamente che gli unici due ausiliari concessi sono essere e avere. La sua frase preferita è: “Se rinasco voglio essere la moglie dell’ispettore Barnaby”.

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